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Da “Love Actually” a “Il Grinch”: i 10 film di Natale con gli incassi più alti di tutti i tempi

Da “Love Actually” a “Il Grinch”: i 10 film di Natale con gli incassi più alti di tutti i tempi

Manuela Santacatterina

Manuela Santacatterina

Editor a JustWatch

Oltre ai regali sotto l'albero addobbato, i giochi in famiglia, i dolci e le lunghe tavolate, durante le Feste natalizie c'è un'altra tradizione considerata da molti irrinunciabile. Quella di andare al cinema a vedere il film di Natale. Un pomeriggio al sapore di popcorn capace di mettere d'accordo tutti grazie a un'offerta che spazia da film d'animazione, commedie romantiche e, perché no, film d'azione rigorosamente sotto il vischio.

Tra gli esempi più popolari degli ultimi anni Last Christmas (2019), Uno Rosso (2024) e Una notte violenta e silenziosa (2022). Ma la lista potrebbe andare a ritroso nel tempo fino a Miracolo nella 34ª strada (1994) e Nightmare Before Christmas (1993). JustWatch ha stilato la classifica dei 10 film di Natale con gli incassi più alti di tutti i tempi.

10. Elf - Un elfo di nome Buddy (2003)

Un classico natalizio contemporaneo. Elf - Un elfo di nome Buddy prende tutta la dolcezza smielata del Natale elevandola e distruggendola al tempo stesso. La storia è quella di Buddy, umano cresciuto al Polo Nord come uno degli elfi di Babbo Natale, che scopre le sue origini e va a New York alla ricerca del padre biologico, cinico editore di libri per bambini. A vestire i panni – decisamente natalizi - del protagonista uno strepitoso Will Ferrell in uno dei suoi ruoli più iconici.

È lui il cuore del film che, con la sua smodata ingenuità, dà vita a sketch spassosi. Una favola urbana da oltre 225 milioni di dollari al botteghino immersa nel caos della Grande Mela. Una pellicola che parla dell'importanza della famiglia mentre intrattiene il pubblico per poco più di un'ora e mezza con una serie di gag diventate dei classici. Da vedere e rivedere, magari mentre si addobba l'albero di Natale. Se ti sei divertito guardando Babbo Bastardo (2003), con Elf - Un elfo di nome Buddy puoi scoprire l'altro volto delle Feste.

9. 58 minuti per morire - Die Harder (1990)

Chi l'ha detto che sotto il vischio di celluloide c'è spazio solo per buoni sentimenti e storie romantiche? 58 minuti per morire - Die Harder, sequel del cult del 1988, riporta in scena il detective della polizia di New York City John McClane. Il carismatico personaggio interpretato da un'indimenticabile Bruce Willis che, proprio alla vigilia di Natale, si ritrova alle prese con un gruppo di terroristi che ha preso il controllo dell'aeroporto di Washington-Dulles.

Due ore di azione, umorismo, adrenalina, suspense e sparatorie che dimostrano come anche gli action movie possano essere perfetti da guardare durante le Feste grazie ai 240 milioni di incasso registrati al box office. Una scelta inconsueta, forse, ma che saprà come rianimarti dopo il cenone. Se ti sei divertito a guardare Speed (1994), 58 minuti per morire - Die Harder non ti deluderà.

8. Love Actually - L’amore davvero (2003)

Se la sequenza di un film diventa così iconica da essere citata, omaggiata e parodiata anche a distanza di oltre 20 anni dalla sua uscita, si può parlare di cult a tutti gli effetti. Ne è un esempio la celebre scena con i cartelli presente in Love Actually - L’amore davvero. La commedia natalizia corale scritta e diretta da Richard Curtis e ambientata nelle settimane immediatamente precedenti il Natale. Una riflessione sugli innumerevoli volti dell'amore messa in scena attraverso 10 storie capaci di far commuovere, battere il cuore e divertire con la stessa intensità.

Un grande cast - da Hugh Grant a Keira Knightley passando per Alan Rickman e Emma Thompson – per una delle migliori commedie di sempre, a prescindere dall'ambientazione natalizia. Oltre due ore e 10 minuti che mettono al centro storie con le quali è facile immedesimarsi perché parlano di emozioni che, prima o poi, abbiamo provato tutti nella vita. Con oltre 245 milioni di dollari in tasca, uno dei film di Natale più remunerativo di sempre. Da recuperare se hai amato L'amore non va in vacanza (2006) e Appuntamento con l'amore (2010).

7. Batman - Il ritorno (1992)

Un Natale alternativo, oscuro e gotico, quello che ci regala Tim Burton in Batman - Il ritorno. Il regista ci immerge in una Gotham City innevata e dark che fa da sfondo alle storie dei suoi tre protagonisti: Batman (Michael Keaton), il Pinguino (Danny DeVito) e Catwoman (Michelle Pfeiffer). Tutti personaggi attanagliati dalla solitudine in un film che parla di ricerca della propria identità più autentica.

Poco più di 120 minuti per uno dei migliori blockbuster degli anni '90 grazie alla sua estetica ricercata e una trama che affonda nella psicologia dei personaggi che ha fatto incassare al film quasi 267 milioni di dollari. Un titolo che ancora oggi tiene testa ai cinecomics di ultima generazione grazie a una visione unica, il suo umorismo nero e le sequenza d'azione ben equilibrate con i suoi rivolti più cupi. Se sei fan di Edward mani di forbice (1990) e de Il corvo - The Crow (1994), non puoi non recuperare questo film.

6. Polar Express (2004) $315.249.768

Primo film d'animazione realizzato in CGI utilizzando la performance capture, Polar Express è uno dei tanti primati che hanno costellato la carriera di un regista votato all'innovazione e alla sperimentazione come Robert Zemeckis. La storia è quella di un bambino che ha perso la fede nel Natale e che, la notte della Vigilia, si ritrova su un treno a vapore che porta al Polo Nord.

Un'avventura animata sul valore della magia e dell'immaginazione oltre che sull'importanza di mantenere viva la luce dentro di noi. Un film per tutta la famiglia che in un'ora e 40 minuti omaggia classici come Forrest Gump (1994) e Ritorno al futuro (1995) mentre ci regala sequenze visivamente suggestive che hanno portato il film a guadagnare oltre 315 milioni di dollari al botteghino. Piccola curiosità: nel film Tom Hanks interpreta molteplici ruoli, tra cui quelli del capotreno e di Babbo Natale. Da recuperare se ti è piaciuta l'animazione de Le avventure di Tintin - Il segreto dell'Unicorno (2011).

5. A Christmas Carol (2009) 325.286.646

Altro film natalizio campione d'incassi al box office da 325 milioni di dollari firmato da Robert Zemeckis. Questa volta il regista si confronta con un classico della letteratura inglese: Il Canto di Natale di Charles Dickens. Una versione in CGI con la tecnica della performance capture che, la notte di Natale, vede il vecchio e avaro Ebenezer Scrooge di Jim Carrey alle prese con tre spiriti con una missione precisa. Quella, cioè, di spingerlo alla redenzione mostrandogli gli errori del passato, la solitudine del presente e la desolazione del suo futuro.

Un adattamento fedele alla fonte, ma arricchito da un'animazione attenta ai più minimi dettagli che, sebbene pensata per tutta la famiglia, non disdegna passaggi cupi, drammatici o spaventosi racchiusi in 96 minuti. Se hai apprezzato Canto di Natale (1999) e Una favola fantastica (1994), non puoi perdere A Christmas Carol.

4. Il Grinch (2000)

Jim Carrey torna protagonista del Natale interpretando il suo più acerrimo nemico, il Grinch, in uno dei film più iconici delle Feste. Diretta da Ron Howard, la pellicola è la prima versione live-action del romanzo del Dr. Seuss che, nel 2000, si portò a casa quasi 346 milioni di dollari. La storia è quella dell'umanoide verde, misantropo e burbero, con un cuore di "due taglie troppo piccolo" che detesta il Natale.

Un'ora e 45 minuti di colori sgargianti e malinconia, umorismo e malizia. Inoltre, il film fa luce anche sul passato del protagonista per dare un quadro più esaustivo del perché detesti così tanto il prossimo. A trainare il film la prova di Jim Carrey, fisica, esagerata e sopra le righe. Perfetta per il tono del film che ha al suo interno anche un messaggio di dolcezza legato al vero significato del Natale. Se ti sono piaciuti Hocus Pocus (1993) e Lemony Snicket - Una serie di sfortunati eventi (2004), non puoi perderti Il Grinch.

3. Mamma ho riperso l’aereo - Mi sono smarrito a New York (1992) 

Sul terzo gradino del podio dei film di Natale con gli incassi più alti di tutti i tempi c'è Mamma ho perso l’aereo 2 - Mi sono smarrito a New York che, nel 1992, incassò poco meno di 360 milioni di dollari. Sequel diMamma, ho perso l’aereo, il film vede replicare la struttura del primo capitolo, ma con un cambio di ambientazione che dalla periferia di Chicago si sposta in una scintillante New York dove il piccolo Kevin McCallister di Macaulay Culkin si ritrova da solo.

Un'avventura lussuosa al Plaza Hotel – con tanto di cameo di Donald Trump – disturbata dal ritorno di Harry e Marv, i due ladri che aveva fatto arrestare nel film originale. Sebbene in molti abbiano criticato il ricorso a una violenza eccessiva e una certa prevedibilità nella trama, è indiscussa l'atmosfera natalizia che pervade la commedia in cui il protagonista impara a non farsi ingannare dalle apparenze. Due ore tonde da recuperare se ti sei divertito a guardare Ho trovato un milione di dollari (1994) e Richie Rich – Il più ricco del mondo (1994).

2. Mamma, ho perso l’aereo (1990)

Non è Natale senza Mamma, ho perso l’aereo. Il film diretto da Chris Columbus e scritto da John Hughes è il film delle Festa per eccellenza. E con quasi 477 milioni di dollari al box office è anche uno dei titoli natalizi di maggiore successo della storia del cinema. La trama ruota attorno al piccolo Kevin, bambino di 8 anni, accidentalmente dimenticato a casa dalla famiglia in procinto di partire per le vacanze natalizie.

Quella libertà improvvisa diventa un incubo quando due ladri, Harry e Marv, provano a entrare in casa. Ma è nello stesso momento che il film prende vita e si trasforma nel cult che abbiamo imparato ad amare, tra momenti di pura commedia slapstick, le trappole architettate da Kevin e un mix di dolcezza e perfidia. Il film perfetto da vedere con tutta la famiglia da non perdere se Piccole canaglie (1990) e Dennis la minaccia di Natale (2007) ti hanno divertito.

1. Il Grinch (2018) 

C'è dell'ironia se ci si sofferma a pensare che tra i 10 film natalizi dal maggiore incasso di sempre ben due siano una trasposizione de Il Grinch. Il racconto di Dr. Seuss sullo scontroso e solitario essere verde che odia il Natale. Dopo il live-action del 2000, ecco che la rivisitazione si trasforma in un film d'animazione da poco meno di 539 milioni di dollari dal box office. Una pellicola che vede il protagonista, doppiato nella versione originale da Benedict Cumberbatch, meno arrabbiato ma ancora più solo.

Pensato per un pubblico più giovane rispetto al film diretto da Ron Howard, Il Grinch rilegge il romanzo in una chiave più calda e accessibile. Un totale di 85 minuti dall'animazione morbida e luminosa che sottolinea come il vero spirito del Natale risieda nella comunità e non nella frenesia vuota del consumismo. Da guardare se ti è piaciuto il classico del 1966, Come il Grinch rubò il Natale.

“Across the Universe” e altri film sui Beatles da vedere prima dei biopic di Sam Mendes

“Across the Universe” e altri film sui Beatles da vedere prima dei biopic di Sam Mendes

Manuela Santacatterina

Manuela Santacatterina

Editor a JustWatch

Fa impressione pensare che quattro adolescenti, John, Paul, George e Ringo, da un locale fumoso della Liverpool degli anni '50 siano riusciti a cambiare la storia della musica. Cresciuti con il mito di Elvis e Little Richard e con un nome, The Beatles, scelto per rendere omaggio a Marlon Brando ne Il selvaggio (1953), i Fab Four continuano a influenzare milioni di persone con la loro musica a distanza di oltre 50 anni dal loro scioglimento.

Ancora così rilevanti nella cultura pop che Sam Mendes si è lanciato in un'impresa titanica. Il 7 aprile 2028 uscirà nei cinema The Beatles – A Four-Film Cinematic Event, quattro film basati sulla vita e la carriera di ciascun membro della band. John Lennon sarà Harris Dickinson, Paul Mescal interpreterà Paul McCartney, Joseph Quinn vestirà i panni di George Harrison mentre Barry Keoghan sarà Ringo Starr.

E mentre nei loro anni di attività hanno anche recitato in 4 film - Tutti per uno (1964), Aiuto! - Help! (1965), Magical Mystery Tour (1967) e Yellow Submarine - Il sottomarino giallo (1969), in cui diventano addirittura dei cartoni animati -, JustWatch ha stilato una guida ai film e documentari essenziali per scoprire la storia dei Beatles.

6. Nowhere Boy (2009)

Chiunque abbia un po' di affinità con i Beatles, conosce bene anche le storie personali dei suoi membri. In particolare l'infanzia di John Lennon, cresciuto dalla zia Mimi per poi incontrare la madre biologica solo da adolescente e alla quale dedicherà due brani, “Julia” e “Mother”. In Nowhere Boy, Sam Taylor-Johnson si concentra proprio sul rapporto con queste due figure femminili fondamentali anche nella sua crescita artistica, tra Mimi che lo scoraggiava dal prendere in mano la chitarra e Julia che, invece, nutriva il suo lato artistico.

Ma, oltre alla rabbia adolescenziale e la folgorazione per la musica, questo film è importante anche per scoprire il periodo pre-Beatles, tra la fondazione del suo primo gruppo, The Quarrymen, e l'incontro con Paul McCartney e George Harrison. Un giovanissimo Aaron Taylor-Johnson presta voce e corpo al musicista e, in un'ora e mezza, ci mostra il seme dal quale sarebbe nato il mito. Da vedere se ti è piaciuto Rocketman (2019).

5. One to One: John & Yoko (2024)

Non si può scindere la storia umana e professionale di John Lennon da quella di Yoko Ono. La musa, compagna e artista alla quale ha legato gli ultimi anni con la band e tutta la sua carriera solista fino alla tragica morte del 1980. Kevin Macdonald e Sam Rice-Edwards in One to One: John & Yoko esplorano la loro relazione negli anni '70 concentrandosi sul concerto di beneficenza che dà il titolo al documentario tenutosi al Madison Square Garden di New York nel 1972. Uno dei pochissimi live di Lennon come solista dopo lo scioglimento dei Fab Four realizzato per raccogliere fondi a favore dei pazienti della Willowbrook State School. 

Un titolo che si concentra sulla loro complicità artistica, ma anche sul loro attivismo sociale e politico che in quegli anni causò molti problemi al cantautore avverso all'amministrazione Nixon e spiato dall'FBI. Un documentario di 100 minuti che guarda anche al contesto storico in cui i due erano immersi, mostrando i bed-in per la pace e che fa accenno al famoso “lost weekend” di Lennon in cui si separò da Yoko per iniziare una relazione con la sua assistente May Pang. Se vuoi avere un quadro più completo su quel periodo puoi recuperare The Lost Weekend: A Love Story (2022).

4. The Beatles: Eight Days A Week - The Touring Years(2016)

Ci sono così tante storie diverse che possono essere portare alla luce quando si parla dei Beatles. Nel 2016 Ron Howard ha deciso di concentrarsi sugli anni dei tour della band di Liverpool. Dai primi concerti iniziati nel 1962 al Cavern Club della loro città natale all'ultimo live registrato al Candlestick Park di San Francisco del 1966 quando decisero di dire basta con le esibizioni dal vivo per concentrarsi sulla musica registrata in studio.

Una fotografia della Beatlemania che in quegli anni travolse ogni angolo del mondo, dalla natia Inghilterra al Giappone. Ricco di immagini e filmati d'archivio, The Beatles: Eight Days A Week - The Touring Years include anche 30 minuti di riprese del celebre concerto allo Shea Stadium di New York. A rendere ancor più emozionante la visione di un'ora e quaranta, la consapevolezza che il suono è stato rimasterizzato da Giles Martin, figlio del leggendario produttore dei Fab Four, George Martin. Una gioia da guardare e ascoltare per chiunque ami il gruppo, ma anche una riflessione sull'altra faccia della popolarità. Se ti sono piaciuti Homecoming: A Film By Beyoncè (2019) e Gaga: Five Foot Two (2017), non puoi perderti il documentario di Ron Howard.

3. Across the Universe (2007)

È vero: Across the Universe non è un film sui Beatles. Ma quello che è riuscita a fare Julie Taymor ha del miracoloso. L'unica regista al mondo, finora, che è stata in grado di prendere la loro musica e catturarne l'essenza. Lo ha fatto in un musical che intreccia citazioni al loro universo musicale con una storia d'amore ambientata tra Inghilterra e Stati Uniti degli anni '60 sullo sfondo della guerra in Vietnam.

Ma non solo: nel film sono presenti ben 30 brani della band riarrangiati e interpretati dai membri del cast che comprende Evan Rachel Wood e Jim Sturgess. Un film emotivamente e visivamente travolgente che trasuda amore per i Beatles e tutto ciò che rappresentano. Un colpo al cuore lungo 133 minuti per ogni fan e un punto di partenza privilegiato per chiunque voglia scoprire il potere senza tempo della loro musica. Se hai amato l'audacia di Io non sono qui (2007), Across the Universe ti conquisterà.

2. The Beatles: Get Back (2021)

Con The Beatles: Get Back, Peter Jackson ha riscritto il finale della storia dei Beatles. Una docu-serie in tre episodi di oltre due ore l'uno realizzate partendo da 60 ore di filmati e 150 di registrazioni audio inedite girate da Michael Lindsay-Hogg nel 1969. Quelli raccolti per immortalare le sessioni di Let it be poi trasformate in Un giorno con i Beatles (1970) e rimasti chiusi sotto chiave per 50 anni. Quattro anni di lavoro per un capolavoro in cui l'intimità si mescola con tensione, gioia, umorismo, noia, frustrazione e invettiva.

Da sempre la sessione di registrazione dell'ultimo disco dei Beatles è stata considerata un momento buio fatto di contrasti e freddezza tra i membri della band. Jackson non tralascia quei passaggi, ma ci mostra molto altro. È come sbirciare dal buco della serratura per osservare quattro amici che ancora si entusiasmano a stare seduti uno davanti all'altro imbracciando i propri strumenti. Emozionante il finale con i filmati dell'ultimo concerto della band sul tetto della sede della Apple a Londra. Se hai apprezzato la dettagliata ricostruzione di Summer of Soul (2021), amerai The Beatles: Get Back.

1. The Beatles Anthology (2025)

Pubblicata originariamente nel 1995 e divisa in otto episodi, The Beatles Anthology è la docu-serie sulla band raccontata dagli stessi Fab Four. La biografia definitiva in cui Paul, George e Ringo ripercorrono la loro storia attraverso una serie di interviste (quelle di John sono basate su filmati d'archivio) che dall'infanzia arrivano fino allo scioglimento. Un tesoro di aneddoti, materiali d'epoca ed esibizioni che tocca qualsiasi tema, dalla follia della Beatlemania alla loro evoluzione musicale nel corso degli anni.

Ben 600 minuti per un totale di 10 ore alle quali nel 2025 si è aggiunto un nono episodio inedito in una versione restaurata con immagini mai viste prima della band durante la creazione della serie originale. Un punto di vista intimo e prezioso per chiunque voglia avvicinarsi ai Fab Four o abbia nostalgia di quei quattro ragazzi che da un pub di Liverpool hanno finito per conquistare il mondo interno con la loro musica.

Dottor Dolittle: tutti i film sul medico che parla con gli animali

Dottor Dolittle: tutti i film sul medico che parla con gli animali

Alessandro Zaghi

Alessandro Zaghi

Editor a JustWatch

Nel cinema ci sono personaggi che cambiano con le epoche, ma restano riconoscibili anche a distanza di anni. Doctor Dolittle è uno di questi. Un medico gentile, un po’ strambo, che invece di curare gli uomini decide di dedicarsi esclusivamente agli animali, addirittura imparando a comunicare coi suoi pazienti a quattro zampe. Da lì in poi, la sua vita (e quella del pubblico) non sarà più la stessa.

Dalla versione musicale degli anni Sessanta alle commedie con Eddie Murphy, fino al reboot fantasy con Robert Downey Jr., la saga ha attraversato stili e decenni, ma ha sempre conservato la sua idea centrale, portando sul grande schermo temi fino ad allora poco toccati, legati alla protezione dell’ambiente e alle questioni animaliste. Questa è una guida per orientarsi tra tutti i film di Doctor Dolittle, in ordine di uscita.

1. Doctor Dolittle (1967)

Tutto inizia con questo primo adattamento cinematografico. Ne Il favoloso dottor Dolittle del 1967, tratto dalle storie per bambini scritte da Hugh Lofting, Rex Harrison interpreta un eccentrico dottore che vive in un villaggio inglese, circondato da animali, libri e mappe antiche. È un medico che rifiuta di curare gli esseri umani, preferendo parlare con pappagalli, cani e cavalli... letteralmente, parlando la loro lingua. Il tono è da fiaba classica: colori accesi, scenografie teatrali, animali esotici e canzoni d’epoca. Un viaggio fantasioso che culmina con una spedizione in mare aperto, alla ricerca di un misterioso animale a due teste… Consigliato a un pubblico di tutte le età, godibilissimo da vedere in famiglia.

2. Il dottor Dolittle (1998)

Negli anni Novanta, il Dolittle cinematografico cambia completamente faccia. Niente più epoca vittoriana, niente musical, niente Inghilterra come nel suo predecessore. Questa volta, in scena entra Eddie Murphy, all’epoca star planetaria della comicità. Questo Il dottor Dolittle è la storia di un medico di successo che vive in una metropoli americana e che, dopo un incidente, scopre improvvisamente di capire la lingua degli animali e di essere capace di comunicare con loro. Il tono è brillante, e il ritmo comico e incalzante. Il film funziona proprio grazie a quell’attore protagonista (con Murphy si vince facile!). Il risultato? Una commedia per famiglie che ha segnato l’immaginario di una generazione, nuovamente consigliata a tutti seppure diversa per toni ed estetica dall'adattamento degli anni Sessanta.

3. Il dottor Dolittle 2 (2001)

Seguito di Il dottor Dolittle del 1998, Il dottor Dolittle 2 riparte esattamente da dove eravamo rimasti. Grazie alle sue straordinarie capacità, il Dolittle di Eddie Murphy è ormai una celebrità mondiale, quand’ecco che viene improvvisamente convocato per una missione: salvare una foresta minacciata dal disboscamento. Anche qui ritroviamo numerose gag comiche, battute frizzanti e animali parlanti, ma le tematiche ambientaliste sono più presenti rispetto al film precedente. Il succo, tuttavia, rimane simile al primo capitolo; questo sequel resta una visione piacevole per chi ha amato il personaggio portato in scena Murphy, che dopo questo film abbandonerà definitivamente il camice da veterinario.

4. Il dottor Dolittle 3 (2006)

Quando Eddie Murphy abbandona il franchise, la saga prende una nuova direzione. Al centro della storia c’è Maya (interpretata da Kyla Pratt), la figlia adolescente del dottore, la quale scopre di avere lo stesso dono del padre. Il dottor Dolittle 3 cambia adesso tono e target, dovuti al cambio del personaggio protagonista: meno gag "splastick", più tematiche legate alla crescita, alla scuola e ai primi amori adolescenziali. Come prevedibile, l’addio di Murphy influì sul successo al botteghino di questo film, ma chi era bambino nel 2006 probabilmente lo ricorda con affetto. Se vi sono piaciuti i precedenti titoli con Murphy protagonista, potrebbe rivelarsi diverso ma comunque godibile seppur non all'altezza.

5. Il dottor Dolittle 4 (2008)

Maya Dolittle continua la sua avventura e, nonostante non sia ancora veterinaria a tutti gli effetti, viene chiamata alla Casa Bianca. Il cane del Presidente si comporta infatti in modo strano, e solo lei può capire cosa sta succedendo. Il dottor Dolittle 4 è costruito attorno a un’idea semplice: un’eroina adolescente che usa il suo talento per aiutare gli altri, animali e non solo. Il ritmo non è mai sopra le righe, i personaggi sono archetipi familiari e rassicuranti e gli animali parlanti sono sempre più al centro della scena. Qui tutto è costruito per essere un perfetto film per famiglie, che piacerà a chi ha apprezzato il precedente.

6. Il dottor Dolittle 5 (2009)

Arrivati all’ultimo capitolo della saga con Maya Dolittle, l’azione si sposta adesso a Hollywood. Ormai famosa quanto il padre ma delusa dal mondo della veterinaria, Maya viene chiamata a lavorare a un reality show per animali. Il dottor Dolittle 5 continua a focalizzarsi su tematiche profonde ma con tono leggero, mescolando temi legati alla crescita con la comicità, un pizzico di satira sul mondo dello spettacolo e messaggi sull’importanza di restare fedeli a sé stessi senza perdersi. È un capitolo conclusivo, senza grandi colpi di scena, ma coerente con la trama inaugurata dopo l’addio di Murphy. 

7. Dolittle (2020)

Dopo dieci anni di silenzio, il dottor Dolittle torna al cinema con un reboot in grande stile. In Dolittle Robert Downey Jr. interpreta una versione più cupa e malinconica del personaggio rispetto alle performance di Harrison e Murphy, che vive isolato dopo un lutto e viene spinto a partire per un lungo viaggio per salvare la regina d’Inghilterra. Il film ha un’estetica spettacolare, animali parlanti realizzati in CGI e un tono più vicino all’avventura fantasy che alla commedia divertente. Il film, pur non avendo avuto il successo sperato, rimane apprezzabile per il tentativo di restituire al personaggio il suo respiro originale, tra esplorazioni misteriose, creature leggendarie e il desiderio di spingersi oltre i confini del mondo umano. Più adulto, ma comunque godibile da tutta la famiglia.

Il Sottosopra di "Stranger Things" e altri 10 migliori Universi Paralleli in film e serie TV

Il Sottosopra di "Stranger Things" e altri 10 migliori Universi Paralleli in film e serie TV

Alessandro Zaghi

Alessandro Zaghi

Editor a JustWatch

L’idea di poter attraversare il tempo e lo spazio, che questo mondo che viviamo potrebbe esistere soltanto in quanto infinita possibilità. Dalle vertigini della fisica quantistica il concetto di multiverso è una delle più affascinanti mai pensate, tanto da contagiare nel suo vortice l’arte.

Dalla letteratura con i primi capolavori fantascientifici, fino a cinema e serie TV, in cui l’idea di un universo parallelo è diventato uno strumento narrativo “classico”, non solo del genere sci-fi.

Idea che, negli ultimi anni, una serie più di altre ha ripreso, portandola al centro della trama, ovvero Stranger Things (2016) con il Sottosopra. Nella serie, arrivata alla sua quinta e ultima stagione, il multiverso è ritratto come uno specchio di Hawkins, la cittadina in cui è ambientata, ma è un riflesso oscuro, dove vivono e crescono le paure e i traumi più profondi dei personaggi che a quel multiverso sono profondamente collegati, come Eleven e Will Byers.

Da qui parte questo viaggio negli altri universi paralleli che il cinema e le serie hanno immaginato negli ultimi anni, tra linee temporali che si intrecciano, sogni condivisi, realtà simulate, mondi alternativi in cui è possibile essere qualcun altro o fare scelte diverse. Alcuni sono cupi e filosofici, altri più pop e spettacolari, altri ancora sembrano favole oscure. Qui ne abbiamo scelti dieci.

Fringe (2008 - 2013)

Fringe è una di quelle serie che all’inizio sembrano l’ennesimo procedurale sci-fi (quelle con i “casi strani” dell’FBI per intenderci), ma dopo poche puntate ti accorgi che sta parlando di tutt’altro, del peso delle scelte, di cosa siamo disposti a fare per chi amiamo, di quanto sia labile il confine tra scienza e fede. Al centro c’è il triangolo Olivia–Walter–Peter, una famiglia spezzata che diventa il laboratorio emotivo in cui testare esperimenti, universi paralleli e sensi di colpa. Il multiverso non è un vezzo narrativo ma la conseguenza di un gesto irrimediabile, un padre che rifiuta il lutto e finisce per compromettere due realtà intere. È una serie ideale per chi è cresciuto con X-Files (1993) e ama le indagini “ai margini”, ma cerca personaggi che cambiano e non restano gli stessi da un episodio all’altro. Rivederla oggi, dopo “l’invasione di multiversi” al cinema e in TV, significa tornare a un racconto che usava questa idea con misura, legandola alla fragilità “umana” dei suoi protagonisti. Cinque stagioni, abbastanza per costruire un mondo complesso ma gestibile per un rewatch completo, perfetta se avete voglia di una fantascienza che non rinuncia al suo volto più emotivo.

Coraline e la porta magica (2009)

In Coraline e la porta magica l’universo parallelo non è un semplice “altrove”, ma diventa metafora del bisogno di scappare dalla noia e da una casa in cui la protagonista si sente ignorata dai genitori. Il film racconta del bisogno di trovare sé stessi in un “altrove”, qui simboleggiato nella porticina magica che permette alla protagonista di entrare nella versione migliore della sua vita, tra una casa da sogno e genitori finalmente affettuosi. Una favola gotica, dai toni oscuri, solo apparentemente “per bambini”, dato che qui il multiverso diventa simbolo di tutte le fughe che sembrano salvifiche e che invece rischiano di inghiottire, del dolore sostituito da una finzione più sopportabile ma altrettanto accecante. È un film perfetto per chi ama l’animazione in stop-motion e le fiabe che riescono a parlare anche agli adulti e per atmosfere e sottotrame ricorda Il labirinto del fauno (2006), un altro titolo in cui la magia e il fantastico sono insieme rifugio e minaccia.

Inception (2010)

Inception è il film in cui Nolan sposta il multiverso dentro la testa dei personaggi, dentro un sogno, che è in un altro sogno, dentro un altro sogno… e via dicendo. Non ci sono universi paralleli “là fuori”, ma un viaggio onirico verso universi alternativi interiori, ognuno con le sue regole, il suo tempo e (soprattutto) i suoi crolli e capovolgimenti. Più che seguire ogni passaggio della trama, qui interessa come il regista usa questo meccanismo per costruire il suo film più stratificato e complesso, a volte tanto da rasentare il manierismo. È un titolo ideale per chi ama i film rompicapo ma non vuole rinunciare all’adrenalina dell’action e all’idea di un grande heist movie travestito da fantascienza. Il legame con Il tredicesimo piano (1999) resta evidente per l’ossessione sulla realtà manipolata, anche se Inception lavora più sul labirinto emotivo che su quello tecnologico. Lo inseriamo in questa lista perché usa un “multiverso” mentale per mettere in crisi la distinzione tra reale e immaginato, e perché a quindici anni di distanza continua a essere uno dei punti più alti di quel cinema spettacolare e allo stesso tempo profondamente personale che associamo al nome di Nolan.

Rick and Morty (2013 - )

Rick and Morty parte da un’idea quasi banale, un nonno scienziato geniale e distruttivo che porta il nipote in giro per il multiverso, per poi farla letteralmente a pezzi in una delle serie animate più radicali e dissacranti di sempre. L’universo parallelo qui non è un singolo mondo alternativo, ma un’infinità di varianti in cui Rick può scappare da tutto: dalle responsabilità, dal senso di colpa, perfino dalla propria famiglia. La serie tiene insieme comicità brutale, fantascienza nerdissima e un nichilismo talmente estremo da diventare comico, che passa da frasi come «nessuno esiste di proposito» per poi gettarle pochi secondi dopo dentro uno humor nerissimo che ricorda un altro capolavoro come BoJack Horseman (2014). Ogni episodio è un esperimento, ognuno tratta temi complessi (anche pesanti), ma lo fa attraverso battute al vetriolo. È una serie da vedere e rivedere più volte, perfetta se vuoi un multiverso che faccia ridere forte, ma ti lasci anche con un pensiero scomodo a fine puntata.

The OA (2016 - 2019)

Una serie a dir poco audace, forse una delle produzioni più coraggiose mai lanciate su Netflix. Una storia di angeli e miracoli, di fede e ricerca di senso, di traumi inesprimibili e un mondo che sembra vivere solo nella testa di chi li racconta. Un titolo che procede ‘lentamente’, o meglio, che procede nella difficoltà estrema della protagonista nel raccontare ciò che le è successo dopo la sua scomparsa, nei dubbi della sua nuova famiglia, nella loro fede in qualcosa di “altro”. The OA è una serie capace di inventarsi un genere, fantascienza “mistica”, lo stesso che verrà ripreso in un altro capolavoro come Sense8 (2015), in cui il multiverso viene raccontato attraverso un legame misterioso, spirituale, che unisce indissolubilmente tra loro persone apparentemente estranee. 

Dark (2017 - 2020)

Dark parte come un giallo “nordico”, ma bastano poche scene per capire che di giallo c’è solo l’impermeabile del protagonista. Un ragazzo scompare, una piccola comunità tedesca va in crisi, quattro famiglie provano a capire cosa sia successo. In realtà, nel giro di poche puntate, ti ritrovi dentro un intreccio inestricabile fatto di viaggi nel tempo, linee temporali che si rincorrono, paradossi metafisici e universi paralleli ma intrecciati. Il villaggio di Winden diventa così un labirinto interdimensionale in cui ogni decisione influisce passato, presente e futuro (contemporaneamente), la trama una riflessione su destino e libero arbitrio, per una delle serie più affascinanti e complesse uscite negli ultimi anni. Questo è un titolo che non cerca (mai) di essere facile, più vicino al romanzo filosofico che al binge-watching, che prende alcune dell’atmosfere di The Leftovers (2014) o Lost (2004), ma le spinge più in là, verso atmosfere prese in prestito da Nietzsche e dal mistero dell’Eterno Ritorno. Una delle serie più ambiziose che potete trovare in streaming, perfetta per chi ama i puzzle narrativi in stile Memento (2000) ma con una sottotrama teorica imponente. Se cercate una serie più "passatempo" meglio andare altrove. 

Spider-Man: Un nuovo Universo (2018)

Tra tutti i supereroi Marvel, Spider-Man è quello che più di tutti rischiava la saturazione. Fumetti, serie animate, tre cicli di film live action in pochi anni, il rischio déjà-vu era altissimo. Un nuovo Universo ribalta il tavolo riportando l’Uomo Ragno nell’animazione, cioè nel luogo dove può davvero permettersi di essere altro. Il multiverso qui non è una scusa per infilare citazioni, ma un pretesto originale per smontare il personaggio con autoironia, ricomporlo, per smontare lo stesso cinecomic e dargli un volto nuovo. La discontinuità dei vari Spider-Man del cinema diventa un pretesto per parlare di identità, qui l’Uomo Ragno è Miles Morales e le sue infinite altre versioni. La forza di questo film, tuttavia, è nello stile in cui è realizzato, un lavoro in cui la Marvel torna alle sue origini comics, in cui ogni dettaglio sembra essere strappato dalle pagine di un fumetto. Un multiverso che è una vera boccata d’aria nell’universo Avengers.

Everything Everywhere All at Once (2022)

Una lavanderia sull’orlo del baratro, un matrimonio al capolinea, un rapporto madre-figlia pressoché inesistente, una vita costellata di rimpianti. Per non parlare della minaccia continua dell’Agenzia dell’Entrate. Insomma, i problemi di “ogni giorno”, ma proprio qui sta il colpo di genio del film vincitore del premio Oscar nel 2023, l’entrata del multiverso gettato dentro la noia quotidiana, dentro quella monotonia che sembra l’unica in grado di poter salvare le infinite versioni “what if” della protagonista. Everything Everywhere All at Once è un film esplosivo, totalmente surreale ed esagerato, dove i generi si fondono tra loro, in bilico tra l’immaginario estetico dei momenti più assurdi e psichedelici in stile Il Grande Lebowski (1998) e l’escamotage narrativo di Se mi lasci ti cancello (2004), dove il rimpianto diventa centro del racconto e chiave per leggerne lo sviluppo. Perfetto per chi cerca un film paradossale, fuori da ogni logica e per questo unico nel suo genere.

Doctor Strange nel Multiverso della Follia (2022)

Doctor Strange nel Multiverso della Follia è il film in cui il multiverso smette di essere un “giocattolo” gettato nell’universo Marvel ma assume finalmente una sua fondazione, diventa un incubo, pieno di lutti non risolti, ossessioni e scelte sbagliate che tornano a chiedere il conto. Sam Raimi prende l’impalcatura del personaggio impersonato da Benedict Cumberbatch e lo spinge verso il suo pieno potenziale, tra inquadrature storte (o po’ “nolaniane” a dire il vero) e momenti più vicino allo slasher più che al cinecomic. In questo titolo il viaggio tra universi non è solo pretesto per i cameo, vizietto tutto Avengers, ma diventa soprattutto il mezzo per esplorare il personaggio di Strange, prima ingiustamente messo in ombra dagli ingombrantissimi comprimari. Il film funziona soprattutto per chi ha seguito WandaVision (2021), perché il dolore di Wanda è il motore emotivo del film, ma anche da solo resta uno degli esperimenti più radicali dell’MCU: recente, sporco, cupo, a tratti davvero disturbante. Perfetto se volete cercato il volto oscuro della Marvel.

  • Anne Rice’s Immortal Universe: guida alle serie Netflix tra vampiri, streghe e segreti

    Anne Rice’s Immortal Universe: guida alle serie Netflix tra vampiri, streghe e segreti

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Dal 1 dicembre, l’Anne Rice’s Immortal Universe è arrivato in Italia su Netflix, portando in streaming le tre serie AMC tratte dai romanzi della scrittrice di New Orleans: Intervista col vampiro (2022-in corso), Mayfair Witches (2022-2025) e Talamasca – L’ordine segreto (2025).

    Per chi ama i vampiri eleganti, le streghe secolari e le società occulte, è l’occasione perfetta per tuffarsi in un universo condiviso che aggiorna in chiave contemporanea le atmosfere gotiche di Anne Rice.

    Questa guida vuole fare proprio questo: spiegare chi è Anne Rice, perché i suoi libri hanno cambiato il modo di raccontare i vampiri, quali adattamenti sono arrivati prima al cinema, e come sono strutturate le nuove serie AMC – di cosa parlano, chi sono i protagonisti, come si collegano tra loro e in che ordine conviene guardarle. L’obiettivo non è stabilire se le serie siano “degne” dei libri (questo lo deciderà ogni spettatore), ma offrire gli strumenti per orientarsi.

    Chi era Anne Rice e perché i suoi vampiri sono diversi da tutti gli altri

    Anne Rice (1941–2021) è stata una delle autrici fondamentali del gotico contemporaneo. Nata e cresciuta a New Orleans, ha costruito la sua mitologia vampirica a partire dal romanzo Interview with the Vampire (1976), primo capitolo della saga Le Cronache dei vampiri – in Italia edito da Longanesi/TEA – incentrata sul carismatico vampiro Lestat de Lioncourt.

    I suoi vampiri sono creature introspettive, malinconiche, tormentate, più vicine ai “perduti” che ai mostri tradizionali. Rice stessa definiva i suoi vampiri una metafora delle anime smarrite e, col tempo, la critica ha sottolineato la forte componente queer e il sottotesto omoerotico dei suoi romanzi, che hanno parlato a generazioni di lettori LGBTQ+ ben prima che la parola “rappresentazione” diventasse di uso comune.

    Le Cronache dei Vampiri hanno venduto decine di milioni di copie nel mondo e trasformato Lestat in una vera icona pop. Parallelamente, Rice ha creato un secondo grande ciclo, Il Ciclo delle Streghe di Mayfair, inaugurato nel 1990 con il romanzo The Witching Hour, in cui una dinastia di streghe di New Orleans è legata a un’entità misteriosa chiamata Lasher.

    Vampiri e streghe, nei libri, condividono lo stesso mondo, anche se le trame si sfiorano solo in alcuni punti – nello specifico, i romanzi Merrick la strega (Merrick, 2000), Il vampiro di Blackwood (Blackwood Farm, 2007) e Blood (Blood Canticle, 2010) mettono in relazione le streghe della famiglia Mayfair con le Cronache dei vampiri – l’idea di un universo unificato era già lì, in filigrana, molto prima che AMC battezzasse ufficialmente l’Immortal Universe.

    Prima della TV: gli adattamenti cinematografici

    Prima delle serie AMC, Anne Rice è arrivata al cinema con due film:

    • Intervista col vampiro (1994) – Diretto da Neil Jordan, con Tom Cruise (Lestat) e Brad Pitt (Louis), è un adattamento piuttosto fedele al romanzo, che enfatizza il lato decadente e romantico dei vampiri. Una delle pellicole che, insieme al Bram Stoker’s Dracula (1992) di Francis Ford Coppola, diede vita alla grande era neo-gotica e romantica del vampiro tanto al cinema quanto come concetto di vita. Il film fu un successo di critica e pubblico, incassando oltre 220 milioni di dollari e contribuendo a fissare nell’immaginario il trio Lestat–Louis–Claudia (una giovanissima Kirsten Dunst).
    • La Regina dei Dannati (2002) – Ispirato in modo molto (ma molto molto) libero all’omonimo libro La Regina dei Dannati e, in parte, a Scelti dalla Tenebre. Qui Lestat (Stuart Townsend) si risveglia nell’era del rock e diventa una rockstar, risvegliando la regina vampira Akasha (Aaliyah). Il film mescola più romanzi e prende molte libertà, diventando un oggetto di culto soprattutto per la colonna sonora e per l’ultima, iconica interpretazione di Aaliyah.

    Questi adattamenti hanno contribuito a consacrare Anne Rice presso il grande pubblico, ma AMC ha scelto una strada diversa: non remake dei film, bensì nuove versioni, seriali e interconnesse, che ripensano personaggi e linee temporali per il pubblico degli anni 2020.

    Che cos’è l’Anne Rice’s Immortal Universe

    L’Immortal Universe è il nome del franchise seriale lanciato da AMC a partire dal 2022. Nasce con Interview with the Vampire, prosegue con Mayfair Witches e si espande con Talamasca: The Secret Order. Tutte le serie condividono lo stesso mondo narrativo e attingono dai romanzi.

    AMC puntava fin dall’inizio a un universo coeso di vampiri, streghe e società segrete, con possibilità di crossover e personaggi che passano da una serie all’altra, un po’ come accade nei cineuniversi supereroistici, ma con un’estetica gotica, sensuale e queer.

    Le serie TV: di cosa parlano e chi le anima

    1. Intervista col vampiro (Interview with the Vampire)

    Punto di partenza dell’Immortal Universe, la serie reimmagina il romanzo del 1976 aggiornandone contesto e tempi. La cornice è ambientata ai giorni nostri: il giornalista Daniel Molloy, ormai anziano e malato, viene richiamato a Dubai dal vampiro Louis de Pointe du Lac per rifare l’intervista che non riuscì a completare negli anni ‘70.

    Attraverso il racconto di Louis, la serie ci porta nella New Orleans degli anni 1910–40, dove Louis (Jacob Anderson) è un imprenditore nero che gestisce bordelli e casinò, diviso tra desiderio, colpa e razzismo; all’incontro con Lestat de Lioncourt (Sam Reid), vampiro francese affascinante e manipolatore che lo trasforma e ne diventa amante; alla creazione di Claudia, adolescente vampira che diventa figlia e detonatore della loro relazione.

    La serie enfatizza in modo esplicito la relazione romantica e sessuale tra Louis e Lestat, rendendo palese quello che nei romanzi e nel film del 1994 restava in parte nel sottotesto.

    Perché guardarla:

    • è il cuore emotivo dell’Immortal Universe, quello che meglio incarna il mix di romanticismo tragico, violenza e riflessione sull’identità;
    • offre un cast molto forte e una messa in scena curata, con una New Orleans lussureggiante, sensuale e decadente;
    • introduce elementi chiave dell’universo, come l’ordine della Talamasca, che studia e sorveglia il soprannaturale.

    2. Le streghe di Mayfair (Anne Rice’s Mayfair Witches)

    Secondo tassello del franchise, Mayfair Witches adatta la trilogia Il Ciclo delle Streghe Mayfair. La protagonista è Rowan Fielding (Alexandra Daddario), brillante neurochirurga che scopre di essere l’erede di una vasta e ricchissima famiglia di streghe di New Orleans, i Mayfair.

    Man mano che Rowan entra in contatto con la famiglia, emergono: un lascito di poteri magici ereditari; la presenza di Lasher (Jack Huston), entità seducente e ambigua legata alla stirpe da secoli; giochi di potere interni al clan, con i Mayfair divisi tra chi vuole controllare Lasher e chi vuole sfruttarne il potere.

    Accanto a Rowan troviamo Ciprien Grieve (Tongayi Chirisa), agente della Talamasca che diventa suo protettore (e interesse amoroso), e il patriarca Cortland Mayfair (Harry Hamlin), vecchia volpe della famiglia.

    Perché guardarla:

    • esplora il lato stregonesco e familiare dell’universo di Anne Rice, con un focus sulle eredità tossiche, sui legami di sangue e sulla tentazione del potere;
    • approfondisce la Talamasca dal punto di vista umano, attraverso Ciprien;
    • è la serie più legata al filone delle saghe familiari, ma con un’estetica gotica e sensuale.

    3. Talamasca – L’ordine segreto (Talamasca: The Secret Order)

    Terza serie dell’Immortal Universe, Talamasca: The Secret Order mette finalmente al centro la misteriosa società che, nei romanzi di Rice, osserva da secoli vampiri, streghe, spiriti e altre creature. La serie segue Guy Anatole (Nicholas Denton), giovane e brillante studente di legge reclutato nella Talamasca e introdotto nei suoi Motherhouse di New York e Londra.

    Qui conosciamo figure come Helen (Elizabeth McGovern), leader della Motherhouse di New York; Jasper (William Fichtner), l’affascinante e carismatico vampiro anziano che dirige la sede di Londra; altri agenti e reclute della Talamasca, impegnati in una sorta di spy thriller soprannaturale, tra dossier segreti, contenimento di minacce occulte e inevitabili compromessi morali.

    La serie amplia la prospettiva: non più solo il punto di vista di vampiri e streghe, ma quello degli umani incaricati di monitorare, archiviare e, quando necessario, intervenire.

    Perché guardarla:

    • è il collante naturale dell’Immortal Universe: la Talamasca è presente in tutte le serie e questo show ne svela i meccanismi interni;
    • il tono è più da thriller cospirazionista che da melodramma gotico;
    • ospita già alcuni crossover, come la partecipazione di Daniel Molloy dopo gli eventi della seconda stagione di Intervista col Vampiro. 

    Come sono collegate le serie tra loro

    L’Immortal Universe è pensato come un mosaico. Ogni serie è autonoma, ma ci sono punti di contatto:

    • La Talamasca – appare in Intervista col vampiro, ha un ruolo chiave in Mayfair Witches tramite Ciprien e diventa protagonista assoluta nella serie dedicata all’ordine; appunto, Talamasca. È l’elemento di world-building più importante.
    • Daniel Molloy – il giornalista dell’intervista a Louis. Nella continuità di AMC la sua storia non si ferma alla sala d’hotel: la sua presenza in Talamasca crea un ponte diretto tra le serie.
    • New Orleans – è la culla di vampiri e streghe, teatro sia delle vicende di Intervista col vampiro che della saga Mayfair. Le strade, le case e persino certe location ricorrenti creano familiarità visiva.

    Nel futuro del franchise, AMC ha già annunciato che la serie Interview with the Vampire cambierà titolo in The Vampire Lestat a partire dalla terza stagione (prevista per la prima metà del 2026), avvicinandosi ai romanzi successivi e a una dimensione più ampia, e ha confermato l’intenzione di continuare a espandere l’universo con altre storie.

    Ordine di visione consigliato

    Visto che su Netflix Italia arrivano insieme, la domanda sorge spontanea: da dove comincio? Ti propongo un ordine che combina uscita originale, chiarezza narrativa e costruzione del mondo:

    • Intervista col vampiro (Stagioni 1–2) – Qui conosci le basi dell’universo vampirico, il rapporto Louis/Lestat e i primi accenni alla Talamasca. È la serie più forte sul piano emotivo e tematico, ideale come porta d’ingresso.
    • Mayfair Witches (Stagioni 1–2) – Sposta il focus sulle streghe e amplia l’orizzonte da New Orleans alle dinastie magiche. Ti permette di vedere la Talamasca dall’altro lato del tavolo e di capire come vampiri e streghe siano parte di uno stesso ecosistema soprannaturale.
    • Talamasca – L’ordine segreto (Stagione 1) – A questo punto conosci già vampiri e streghe: è il momento di guardare chi li sorveglia. Vedrai comparire personaggi che hai già incontrato e coglierai meglio i rimandi alle altre serie.

    Se ti stai avvicinando per la prima volta a questo mondo grazie a Netflix, le serie AMC possono essere la porta d’ingresso perfetta per scoprire, poi, i libri che hanno dato origine a tutto.

  • 10 adattamenti shakespeariani divertenti da vedere prima che “Hamnet” ti spezzi il cuore

    10 adattamenti shakespeariani divertenti da vedere prima che “Hamnet” ti spezzi il cuore

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Con l’arrivo di Hamnet - Nel nome del figlio (2025) – uno dei film più attesi e potenzialmente più devastanti dell’anno – molti spettatori stanno già preparando i fazzoletti. 

    La storia d’amore e perdita dietro la figura di Shakespeare padre, filtrata dalla sensibilità contemporanea di Maggie O’Farrell e portata sullo schermo con Paul Mescal e Jessie Buckley, promette lacrime, struggimento e una malinconia lunga giorni. Prima di precipitare in questo vortice emotivo, però, vale la pena rispolverare il lato più leggero, brillante e giocoso del Bardo: le sue commedie, le storie d’amore assurde, gli scambi di identità, le gelosie buffe, le rivalità che finiscono sempre in risate.

    Abbiamo scelto 10 adattamenti shakespeariani divertenti, freschi, intelligenti e perfetti per entrare nel mood “Shakespeare… ma con il sorriso”. Dalle rom-com anni ‘90 ai musical, passando per fiabe pop e cartoni animati irriverenti, ecco la lista ideale per alleggerirti il cuore prima che Hamnet te lo spezzi in mille pezzi.

    1. 10 Cose che odio di te (1999)

    Uno degli adattamenti shakespeariani più iconici e immediatamente amabili, 10 Cose che odio di te riprende La bisbetica domata e la trasforma in una teen comedy brillante, sarcastica, romanticissima. Heath Ledger e Julia Stiles hanno una chimica esplosiva, e il tono del film oscilla tra ironia intelligente e momenti emozionanti senza mai scadere nel banale. Il liceo diventa un palcoscenico perfetto per rivalità, scontri di personalità e dichiarazioni inaspettate (la scena della serenata sul campo da football resta una delle più amate del cinema anni ’90).

    Se hai voglia di un’altra commedia romantica scolastica altrettanto divertente e con personaggi memorabili, prova anche Easy Girl (2010), che offre lo stesso mix irresistibile di humour, ritmo e una protagonista magnetica.

    2. Molto rumore per nulla (2012)

    Joss Whedon dirige questa versione sorprendentemente moderna di Molto rumore per nulla, girata in bianco e nero nella sua stessa casa, con un cast affiatato e un’atmosfera da party infinito. Il film cattura perfettamente lo spirito della commedia romantica di Shakespeare: battute pungenti, fraintendimenti, giochi di seduzione e un duo centrale – Benedick e Beatrice – che funziona grazie a un’ironia affilata e un calore autentico.

    È un adattamento low-budget ma geniale, che dimostra come Shakespeare possa vivere benissimo in ambientazioni contemporanee senza perdere fascino. Se ti piace questa vibe da commedia sofisticata e casalinga, recupera The Big Sick (2017), un’altra storia brillante dove battute, amore e conflitti familiari si intrecciano con leggerezza e intelligenza.

    3. She’s the Man (2006)

    Ispirato a La Dodicesima Notte, She’s the Man è una delle commedie più scatenate e divertenti degli anni 2000. Amanda Bynes dà il meglio di sé in una storia fatta di travestimenti, equivoci, crush esplosive e dialoghi slapstick. Il film prende una delle dinamiche più amate di Shakespeare – l’identità nascosta – e la mescola al teen movie sportivo, creando un ritmo irresistibile.

    Tra dormitori maschili, partite di calcio e situazioni assurde, questo adattamento riesce a essere leggero, spensierato e sorprendentemente fedele allo spirito del testo originale. Se cerchi un’altra commedia dal ritmo frenetico con identità scambiate e spirito pop, guarda Tootsie (1982): energia simile, humour intelligente e temi portati all’eccesso con eleganza.

    4. Gnomeo & Giulietta (2011)

    Un adattamento di Romeo e Giulietta… con gnomi da giardino. Sembra folle, e in effetti lo è, ma proprio questo lo rende irresistibilmente divertente. Gnomeo & Giulietta è un’esplosione di colori, gioco, ironia e musica pop, che ribalta completamente il tono tragico del testo originale trasformandolo in una commedia vivace e autoironica.

    Il film è ricco di gag visive, riferimenti al mondo di Shakespeare e una colonna sonora di Elton John che aggiunge ulteriore personalità. Perfetto per una serata leggera, soprattutto perché scherza sul mito dell’amore proibito senza svilirlo. Se ami l’idea di rivisitazioni pop, veloci e piene di humour, prova anche Cappuccetto rosso e gli insoliti sospetti (2005), che reinventa Cappuccetto Rosso con lo stesso spirito sfrontato.

    5. La bisbetica domata (1967)

    Elizabeth Taylor e Richard Burton trasformano La bisbetica domata in una commedia sofisticata e seducente, in cui il testo originale convive con un’energia cinematografica travolgente. Il film è un incessante botta e risposta tra due interpreti al massimo della loro potenza, che danno vita a una commedia di carattere, desiderio e rivalità amorosa.

    La regia di Zeffirelli mantiene intatta la teatralità del testo, ma la rende accessibile grazie a un ritmo vivace e un umorismo fisico che ancora oggi funziona alla perfezione. Se adori i duelli verbali e le love story tempestose, recupera Chi ha paura di Virginia Woolf? (1966), dove la coppia Taylor/Burton dà vita a un’altra dinamica esplosiva, più drammatica ma altrettanto magnetica.

    6. Get Over It! (2001)

    Un musical teen libero (molto libero!) ispirato a Sogno di una notte di mezza estate, con un giovane Ben Foster, una Kirsten Dunst in piena ascesa e un Martin Short totalmente fuori controllo. Get Over It! è un delirio gioioso: numeri musicali anni 2000, scuola superiore, amori non corrisposti e caos romantico in stile Shakespeare.

    Il film è volutamente sopra le righe, con un humour camp che oggi sembra quasi anticipare le serie teen più ironiche. L’energia è contagiosa e l’atmosfera da musical improvvisato lo rende perfetto per chi cerca leggerezza pura. Se cerchi un altro musical teen brillante e poco convenzionale, prova Pitch Perfect (2012): ritmo, risate e un gruppo di personaggi altrettanto indimenticabili.

    7. Sogno di una notte di mezza estate (1999)

    Un cast pazzesco (Michelle Pfeiffer, Kevin Kline, Stanley Tucci, Christian Bale) rende questa versione di Sogno di una notte di mezza estate una commedia romantica luminosa, elegante e piena di magia. La regia mantiene intatto lo spirito originale: intrighi amorosi, fate dispettose, metamorfosi comiche e una sensualità giocosa che rende il film irresistibile.

    È uno degli adattamenti classici più accessibili e piacevoli: raffinato ma non pretenzioso, teatrale ma leggero, con scenografie che sembrano uscite da un dipinto dell’Ottocento. Se vuoi ritrovare la stessa “magia estiva”, guarda anche Shakespeare in Love (1998): non è un adattamento, ma è una lettera d’amore brillante, romantica e spiritosa al mondo del Bardo.

    8. Il Re Leone (1994)

    Una reinterpretazione in chiave disneyana di Amleto, ma piena di humour, musica, assurdità e personaggi che sembrano usciti da una sitcom. Il Re Leone è un classico capace di parlare sia ai bambini che agli adulti, con battute geniali, dinamiche familiari irresistibili e una storia che mantiene la tragedia dell’originale… ma la bilancia con momenti di leggerezza indimenticabili.

    Timon e Pumbaa sono una delle coppie comiche migliori di sempre, e ogni scena con loro è un antidoto immediato alla tristezza. Se dopo questo ti va un altro classico d’animazione filosofico ma divertente, prova Kung Fu Panda (2008): ironia, saggezza e un protagonista memorabile.

    9. Pene d’amor perdute (2000)

    Kenneth Branagh trasforma Pene d’amor perdute in un musical anni ’30, con numeri coreografici, costumi scintillanti e una leggerezza assoluta. È uno degli adattamenti più insoliti del Bardo, ma anche uno dei più divertenti: un’esplosione di romanticismo vintage e humour slapstick.

    Il film gioca con la forma, con la musica e con un tono volutamente artificioso che ricorda le screwball comedy hollywoodiane. Perfetto per chi cerca un Shakespeare elegante ma frizzante. Se ami questa combinazione di humour rétro e musical, guarda anche Cantando sotto la pioggia (1952): ritmo, genialità e romanticismo inarrivabile.

    10. Warm Bodies (2013)

    Un adattamento zombie-romance liberamente ispirato a Romeo e Giulietta: Warm Bodies è una delle rom-com più originali degli anni 2010. Racconta l’amore tra una ragazza umana e un morto vivente con un tono ironico, dolcissimo e sorprendentemente profondo, capace di trasformare il cliché del “mostro buono” in una metafora sull’empatia.

    Il film è pieno di humour, musica, monologhi interiori comici e un ritmo che rende impossibile non affezionarsi ai protagonisti. Perfetto come “cura emotiva” prima di prepararsi alla tragedia autentica di Hamnet. Se ami questo mix di horror leggero e romanticismo, prova Lisa Frankenstein (2024): non c’entra con Shakespeare, ma è pur sempre ispirato ad un classico e la dinamica “ragazza umana/zombi”, a suo modo, non manca. 

  • Da “Il Favoloso Mondo di Amélie” a “Inside Out”: 10 film non natalizi perfetti (anche) da vedere per Natale

    Da “Il Favoloso Mondo di Amélie” a “Inside Out”: 10 film non natalizi perfetti (anche) da vedere per Natale

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    C’è chi a Natale vuole solo commedie classiche, e chi invece preferisce usare le vacanze per recuperare film che non hanno nulla a che vedere con renne, fiocchi e lucine… ma che funzionano alla perfezione proprio durante le feste.

    Perché? Perché il Natale è un momento sospeso: hai più tempo, più voglia di emozionarti (o ridere, o piangere), e la magia delle luci crea l’atmosfera ideale per riscoprire titoli speciali, coccolosi, intensi o semplicemente perfetti da guardare in compagnia. Abbiamo selezionato 10 film non natalizi, ma assolutamente perfetti per il periodo: storie calde, piene di emozioni, comfort movies, cult da rivedere con la famiglia o da recuperare finalmente quando fuori fa freddo e il divano chiama.

    Da Wes Anderson ai fantasy da copertina, passando per animazioni poetiche e drammi che stringono il cuore: ecco i film “non di Natale” che renderanno il tuo Natale… migliore.

    1. Il favoloso mondo di Amélie (2001)

    Caldo, sognante, avvolgente: Il favoloso mondo di Amélie è uno dei film più perfetti da vedere durante le feste pur non avendo nulla di natalizio. L’estetica parigina, la musica di Yann Tiersen, il senso di meraviglia costante e la delicatezza della protagonista trasformano ogni scena in una piccola fiaba moderna. A Natale, quando siamo tutti più sentimentali, la storia di Amélie che impara a vivere il mondo e ad aprirsi agli altri acquista ancora più forza emotiva. Ti farà sorridere, coccolare e magari farti venire voglia di fare un piccolo gesto gentile. Se ti piace questa atmosfera poetica e malinconica, guarda anche Big Fish (2003), un’altra fiaba per adulti intrisa di magia.

    2. Il castello errante di Howl (2004)

    Alcuni film dello Studio Ghibli sembrano fatti apposta per essere visti a dicembre, e Il castello errante di Howl è uno di questi. È caldo, pieno di magia, di colori, di cibo confortevole, di stanze da esplorare e personaggi che sembrano abbracciarti. La storia di Sophie e Howl mescola romanticismo, avventura e crescita personale in un’atmosfera che, con la neve fuori, diventa irresistibile. La sensazione è quella di stare dentro una coperta calda che si muove, proprio come il castello. Se cerchi un altro film animato perfetto per le feste, prova Kiki – Consegne a domicilio (1989): un altro comfort movie totale.

    3. Piccole Donne (2019)

    Non è un film natalizio, ma è il film perfetto da guardare a Natale. Le dinamiche familiari, la casa piena di vita, il calore domestico, le sorelle che litighano e si abbracciano: tutto rende Piccole Donne un’esperienza avvolgente che si sposa con l’atmosfera festiva. Greta Gerwig riesce a dare nuova vita ai March con delicatezza, humour e una forte sensibilità contemporanea. Da vedere davanti a una cioccolata calda, possibilmente con chi ami. Se vuoi un'altra storia di sorelle e famiglia con tante emozioni, prova 4 Amiche e un paio di jeans (2005).

    4. The Greatest Showman (2017)

    La scintilla, lo spettacolo, l’esuberanza dei musical: The Greatest Showman è talmente pieno di energia positiva che funziona benissimo come film delle feste. Le canzoni ti entrano in testa, le scene sono un’esplosione di colori, e il messaggio – celebrare le differenze, accettarsi, credere nei sogni – è perfetto per il mood di fine anno. È un film che unisce, solleva l’umore e regala due ore di pura evasione. Se dopo ti viene voglia di un altro musical brillante e trascinante, guarda Mamma Mia! (2008): stesso livello di “buon umore immediato”.

    5. Hugo Cabret (2011)

    Un film che parla di cinema, meraviglia, infanzia e magie inattese. Hugo Cabret è una lettera d’amore alla fantasia e ai pionieri del cinema, ambientata in una stazione ferroviaria che sembra un villaggio innevato. La fotografia calda, la musica dolce, il senso di mistero e l’emozione pura lo rendono un titolo perfetto da vedere durante le feste. È un film per sognatori, curioso e delicato, che fa sentire il mondo più grande e più gentile. Se ami i film che parlano di cinema e magia, prova The Fabelmans (2022).

    6. Il Re Leone (1994)

    Un film che non ha nulla a che vedere con il Natale, ma che diventa perfetto per le feste perché parla di famiglia, destino, legami e crescita personale. Il Re Leone è uno di quei titoli che unisce generazioni, e vederlo durante una pausa festiva può diventare un rito familiare. La musica, l’epicità delle scene, il viaggio emotivo di Simba: tutto risuona ancora più forte quando lo si guarda con calma e cuore aperto. Se ti piacciono i classici animati pieni di sentimento, recupera La Bella e la Bestia (1991).

    7. Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban (2004)

    Sì, è vero: tecnicamente la saga contiene scene natalizie. Ma questo non è un film di Natale – è un film perfetto da Natale. L’atmosfera invernale, Hogwarts avvolta nella neve, il tono più dark e maturo, i legami tra i personaggi e la magia che permea ogni scena rendono Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban il capitolo ideale delle feste. È quel tipo di comfort movie che si guarda sotto una coperta, con un senso di nostalgia e avventura. Se vuoi un’altra storia magica adatta al mood invernale, prova con Stardust (2007).

    8. The Grand Budapest Hotel (2014)

    Wes Anderson è una certezza quando si parla di film “da vedere in inverno”, ma Grand Budapest Hotel lo è in modo particolare: neve, montagne, pasticcerie, misteri, personaggi coloratissimi, humour secco e una malinconia dolce che si sposa perfettamente con il periodo. È un film elegante, geometrico, caldo, capace di emozionare e divertire allo stesso tempo. Perfetto per chi cerca un titolo non natalizio ma visivamente in linea col clima delle feste. Se ami questo stile, ti consigliamo di recuperare Moonrise Kingdom (2012).

    9. Edward Mani di Forbice (1990)

    Pochi film non natalizi riescono a catturare l’atmosfera delle feste come Edward Mani di Forbice. Non racconta il Natale, ma sembra respirarlo: la neve che cade dalle sculture di ghiaccio, i quartieri pastello pieni di decorazioni, il contrasto tra calore domestico e diversità, il bisogno di sentirsi accettati. Tim Burton firma una fiaba gotica dal cuore tenerissimo, che parla di solitudine, gentilezza e amore impossibile con una delicatezza che tocca grandi e piccoli. Visto a dicembre, il film diventa una piccola tradizione emotiva: malinconico ma accogliente, triste ma confortante, perfetto per chi vuole qualcosa di magico senza scivolare nel melenso. E se dopo hai voglia di un’altra favola dark da accoccolarsi sul divano, dai una chance a Coraline (2009): artistica, poetica e inquietante al punto giusto.

    10. Inside Out (2015)

    Inside Out è un film natalizio, ma è uno dei film più perfetti da vedere con la famiglia durante le feste. Tocca emozioni universali – gioia, tristezza, crescita, nostalgia – in un modo che unisce adulti e bambini. È un racconto che parla di transizioni, cambiamenti e di come accettare i momenti difficili della vita: un tema che risuona moltissimo a fine anno, quando inevitabilmente si pensa a ciò che è cambiato. È commovente senza essere pesante, divertente senza essere superficiale: un classico moderno. Se vuoi guardare un altro film Pixar profondamente emotivo, ti consigliamo di vedere Soul (2020).

  • Da ​​“Pluribus" a “Westworld”: 10 serie TV Sci-Fi che ribaltano la realtà

    Da ​​“Pluribus" a “Westworld”: 10 serie TV Sci-Fi che ribaltano la realtà

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Le serie televisive sci-fi hanno sempre avuto il potere di spingere lo spettatore oltre i confini del possibile, ma alcune di esse riescono in qualcosa di ancora più affascinante: riscrivono completamente la realtà, prendendo ciò che conosciamo e trasformandolo in un territorio inesplorato. Alieni, strani robot, virus, umanoidi e ambientazioni distopiche. 

    Elementi alla base di molti show capaci non solo di intrattenere, ma di mettere in discussione le nostre certezze, offrendo uno sguardo diverso sul mondo. Basti pensare alle verità rivelate di X-Files (1993 - 2018), alla distopia di Westworld (2016 - 2022) o alla nuova – e sconvolgente – realtà di Pluribus (2025).

    Partendo proprio dal suggestivo plot della serie diVince Gilligan, JustWatch ha stilato una classifica delle 10 serie TV capaci di ribaltare la realtà per come la conosciamo.

    10. Pluribus (2025)

    Una trama avvincente e inaspettata, dove nulla è come sembra. Vince Gilligan dopo Better Call Saul (2015 - 2022) ritrova Rhea Seehorn per una serie TV che non prevede punti di riferimento. Uno schema da classico e coinvolgente sci-fi, che disegna una realtà in cui l'umanità viene soggiogata da un virus. La popolazione viene infettata e trasformata in un'unica entità, mossa da una mente collettiva. La protagonista, Carol Sturka, è tra le uniche dodici persone al mondo immuni al virus.

    Una stagione da nove episodi dalla durata di un'ora, in cui l'originalità e la suspense giocano un ruolo chiave, catturando l'attenzione del pubblico. Non solo, lo show - visto l’argomento - è tra i primi ad essere stati prodotti sotto l’influenza diretta della pandemia Covid. Un altro grande titolo firmato da uno dei più influenti showrunner americani che parla di identità e ci mette davanti a dei dilemmi che ci riguardano come società e individui. Se sei un fan di Gilligan e hai amato Breaking Bad (2008 - 2013), Pluribus è lo show adatto a te.

    9. The Leftovers (2014 - 2017)

    Tre stagioni, 28 episodi da circa un'ora e uno spunto suggestivo: The Leftovers affronta le conseguenze della scomparsa improvvisa e inspiegabile del 2% della popolazione mondiale. Creata da Damon Lindelof, la serie ribalta la realtà trasformando un mondo identico a quello conosciuto in un luogo dove le vite quotidiane si sfaldano a causa di un trauma inspiegabile e universale.

    Una nuova quotidianità, che segue il protagonista Kevin Garvey (Justin Theroux), capo di polizia di Mapleton, comunità al centro dello show. Attenzione: se cercate facili risposte, la serie le evita accuratamente mostrando, invece, come gli esseri umani si attacchino a credenze, rituali e nuove identità per colmare i vuoti. Un racconto sulla perdita, sulla fede e sulla sopravvivenza interiore. Se hai adorato le atmosfere sci-fi di The OA (2016 - 2019), The Leftlovers è lo show per te.

    8. The Last Man On Earth (2015 - 2018)

    Quasi profetica nella trama, The Last Man On Earth racconta di Phil (Will Forte) che crede di essere l'unico sopravvissuto a una misteriosa pandemia. Ideato dallo stesso Forte, lo show si basa sulla quotidianità stravolta di un gruppo di sopravvissuti: le dinamiche sociali ricominciano da zero, mostrando una società basata su capricci, fragilità e tentativi disperati di ritrovare un barlume di normalità.

    Al centro, la solitudine come spunto tragicomico, offrendo una nuova prospettiva sulla narrativa post-apocalittica: una realtà distopica che non rinuncia a far ridere di gusto. La storia è allungata in quattro stagioni suddivise in 67 episodi da venti minuti. Il tutto in equilibrio tra leggerezza, dramma e malinconia. Da recuperare se hai apprezzato Fallout (2014).

    7. Westworld (2016 - 2022)

    Westworld immagina un futuro in cui convivono uomini e androidi. Al centro delle quattro stagioni, divise in 36 episodi la cui durata varia dai 60 ai 90 minuti, c’è un parco tematico in cui androidi umanoidi vivono in funzione del divertimento dei visitatori, ma presto sviluppano autocoscienza e desiderio di libertà. 

    La serie che mischia western e sci-fi rimodula la realtà attraverso i concetti di memoria e identità: tutto può essere programmato, riscritto o cancellato. Più livelli narrativi, dove anche il concetto di “umano” diventa ambiguo. Narrativamente complessa, ma affascinante per atmosfera e messa in scena. Con una domanda: qual è il confine tra creatore e creatura? Grande cast: da Evan Rachel Wood a Thandie Newton e Jeffrey Wright. Da non perdere se hai adorato i toni oscuri di Dark Matter (2024).

    6. Il problema dei 3 corpi (2024)

    La serie high-budget basata sul romanzo-fenomeno di Liu Cixin affronta il primo contatto con una civiltà aliena proveniente da un sistema solare instabile, dove le leggi fisiche sembrano ribaltare ogni logica umana. Una sola stagione divisa in otto episodi da un'ora circa, in cui viene messa in discussione addirittura la scienza.

    La trama ruota attorno a un universo molto più ostile e imprevedibile di quanto l’umanità possa comprendere, facendo perdere alla realtà i punti di riferimento. Ad ingarbugliare ancora di più la storia, uno strano videogioco che sembra collegato all'invasione aliena. Una serie epica, perfetta per chi ama la fantascienza dura e pura mischiata alla religione e alla filosofia. Tra i protagonisti Jess Hong, Liam Cunningham ed Eiza González. Se sei un fan di Inverso - The Peripheral (2022), Il problema dei 3 corpi è lo show TV per te.

    5. Scissione (2022)

    Da un'idea di Ben Stiller, Scissione inventa un mondo in cui i lavoratori subiscono una procedura che divide completamente la memoria personale da quella lavorativa, creando due identità separate che vivono in reciproca inconsapevolezza. La realtà è ribaltata perché il confine tra lavoro e vita privata non è più un equilibrio da trovare, intanto che i protagonisti diventano prigionieri delle proprie versioni incomplete: un “sé” non conosce il mondo esterno, mentre l’altro non conosce il proprio lavoro.

    Lo show, con protagonista Adam Scott nei panni di Mark Scout, si regge su temi come l'alienazione e la manipolazione mentale. Due stagioni per 19 episodi che non superano mai i 60 minuti. Nel cast anche Zach Cherry e Britt Lower, oltre a Patricia Arquette, John Turturro e Christopher Walken. Se apprezzi le storie inaspettate come Il premio del destino (2023), non devi perdere Scissione.

    4. Silo (2023)

    Una realtà distopica e piramidale, il passato riscritto e un’eco che si lega al nostro drammatico presente: basata sul romanzo di Hugh Howey, Silo è ambientata in un gigantesco bunker sotterraneo dove l’umanità vive convinta che il mondo esterno sia letale. L’universo dello show - efficace e suggestivo - pone molte domande agli spettatori - e ai protagonisti - aprendo una riflessione sul concetto di verità e percezione. 

    Un worldbuilding suggestivo e asfissiante, retto da un cast di grandi nomi: Rebecca Ferguson, Rashida Jones, David Oyelowo e Common. Venti episodi da un'ora, divisi in due stagioni, che ci portano a riflettere sul potere oscuro delle verità imposte. Se sei un fan delle serie filosofiche in stile Extrapolations - Oltre il limite (2023), devi recuperare Silo.

    3. Sense8 (2015 - 2018)

    Appena due stagioni, ma Sense8 è presto divenuto un vero e proprio cult. Protagonisti, otto individui sparsi per il mondo che scoprono di essere mentalmente, emotivamente e sensorialmente connessi, formando una sorta di organismo collettivo. 

    Ventiquattro episodi da un'ora circa (più due episodi speciali da 124 e 151 minuti) in cui la realtà viene stravolta: l'idea dietro lo show, sviluppata da Lana e Lilly Wachowski, mette in discussione il concetto di identità come entità isolata. Sentimenti, relazioni, esperienze: tutto è legato e interconnesso. Uno spunto narrativo efficace e suggestivo. Scena cult: quella in cui i protagonisti cantano What's Up? dei 4 Non Blondes in giro per il mondo. Da non perdere se hai amato Kaos (2024).

    2. Black Mirror (2011)

    Charlie Brooker immagina una realtà completamente stravolta, rifacendosi ai grandi classici della fantascienza, da Philip K. Dick a Ray Bradbury. Black Mirror – serie divenuta fenomeno mondiale – è una raccolta di storie autonome che immaginano futuri alternativi o versioni distorte del presente, costruiti a partire dalle ossessioni tecnologiche.

    Non solo un mondo diverso, forse alternativo, ma amplificatore di quello già esistente, portando a estremi plausibili le dinamiche sociali e digitali che viviamo. Trentaquattro episodi in totale, in cui si rimpalla il controllo tecnologico, la dipendenza dai social, la mercificazione delle emozioni e la fragilità della libertà. Dietro l'approccio pop che punta all'intrattenimento, uno show disturbante, politico e inquietante. Se ti hanno colpito le suggestioni di Maniac (2018), ti colpirà anche Black Mirror.

    1. X-Files (1993 - 2018)

    Dal genio di Chris Carter, la serie simbolo degli anni ’90. Oltre 200 episodi da 44 minuti per ben 11 stagioni: X-Files segue le indagini di due agenti dell’FBI, Mulder e Scully (David Duchovny e Gillian Anderson), divenuti leggende del piccolo schermo. La coppia, mentre affronta fenomeni inspiegabili, creature misteriose e complotti governativi, indaga un mondo in cui tutto è possibile.

    Tra UFO, leggende metropolitane, alieni e intelligenza artificiale, la realtà di X-Files diventa quindi malleabile, inaspettata e inquietante. Ma anche affascinante e suggestiva, perfetta per accendere l'immaginazione. Segreto dopo segreto, la verità resta quasi sempre nascosta. Più che una serie televisiva, un pezzo di storia della televisione. Se hai sognato con Ai confini della realtà (1959), ti innamorerai degli agenti Mulder e Scully.

  • Da “I Simpson” a “BoJack Horseman”: le 10 migliori serie TV animate per adulti

    Da “I Simpson” a “BoJack Horseman”: le 10 migliori serie TV animate per adulti

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Libera, rivoluzionaria, citazionista, sperimentale. L'animazione può tutto e può parlare di tutto. Il privilegio di non dover sottostare a regole o verosimiglianza e di poter giocare con forme, colori, stili, universi narrativi. 

    La forma più audace di racconto grazie alla quale affrontare qualsiasi tipo di tematiche: dalla presa in giro all'american way of life de I Simpson e American Dad! (2005) al racconto familiare di F is for Family (2015-2021) e Bob's Burgers (2011) passando per l'esplorazione dell'adolescenza in Big Mouth (2017-2024), la parodia dello spionaggio in Archer (2009-2023), l'approccio scansafatiche di Beavis & Butt-Head (1993) o le insidie dell'età adulta di Tuca & Bertie (2019-2022). In mezzo una lunga sequenza di titoli per qualsiasi gusto e di qualsiasi genere che fanno dell'animazione per adulti una grande forma di arte e intrattenimento. JustWatch ha stilato una lista delle 10 migliori serie TV animate per adulti!

    I Simpson (1989)

    Homer, Marge, Bart, Lisa e Maggie. La famiglia animata più celebre del piccolo schermo che da oltre 30 anni fa compagnia a generazioni di telespettatori. Il racconto della loro quotidianità a Springfield, tra un divano di pelle, la taverna di Boe e la centrale nucleare. La creatura nata dall'immaginazione di Matt Groening sul finire degli anni '90 rappresenta le fondamenta dell'animazione per adulti facendo da apripista per tutti i titoli successivi. I Simpson sono una parodia della famiglia americana colma di umorismo, di riferimenti alla società e a tematiche universali. Il tutto mentre Homer combina qualche disastro. Un classico senza tempo.

    Daria (1997-2002)

    “La La La La La, La La La La”. Chiunque abbia visto Daria, cult della fine degli anni '90 di MTV, si sarà ritrovato a canticchiare la melodia della sua sigla sulle note di You're Standing On My Neck della band grunge newyorchese Splendora. Nata come spin-off di Beavis and Butt-head (1993), la serie vede protagonista la liceale Daria Morgendorffer. Una sedicenne brillante quando cinica e misantropa con una sorella, Quinn, che rappresenta il suo opposto. Umorismo nero, critica pungente alla tv generalista e alla cultura pop, Daria è stata un punto di riferimento per tutti gli adolescenti che si sono sentiti ai margini e non conformi alla società.

    South Park (1997)

    “Oh mio Dio, hanno ucciso Kenny!”. È una delle battute più ricorrenti e popolari di South Park, la sitcom più corrosiva del mondo. Non c'è argomento che non sia stato bersaglio della sua satira al vetriolo, dalla religione alla politica passando per riscaldamento globale e violenza. La serie segue le vite di quattro ragazzini – Stan, Kyle, Eric e Kenny – mentre frequentano le elementari. Caratterizzata nelle prime stagioni da un'animazione in stop motion poi sostituita dal digitale, la serie ha sempre spinto sul pedale dell'accelerazione finendo spesso al centro di controversie legate ad argomenti trattati o personaggi presi di mira.

    Futurama (1999-2003)

    Creata dagli stessi autori de I Simpson, Futurama è un tenera parodia della letteratura e del cinema di fantascienza che cita a più riprese nel corso dei suoi episodi. Ambientata nella New York del 31º secolo, la serie prende il via quando Fry, fattorino di una pizzeria, finisce per sbaglio in una capsula per il sonno criogenico risvegliandosi 1000 anni dopo, nel futuro. Una commedia spaziale, ricca di personaggi iconici come l'incorreggibile robot Bender, la mutante e capitano dell'astronave Planet Express Leela o il pasticcione dottor Zoidberg che brilla nel costruire mondi lontani unendo l'umorismo con parentesi emotive più profonde.

    I Griffin (1999)

    Se I Simpson parodiano lo stile di vita dell'americano medio, I Griffin lo asfaltano. La serie creata da Seth MacFarlane è un mix tagliente di umorismo surreale, gag e riferimenti alla cultura pop messi in scena con una grossa dose di cinismo e politicamente scorretto. Al pari di South Park, nulla è mai troppo quando si tratta di fare satira, anche sugli argomenti più controversi o delicati. Al centro del racconto la famiglia di Quahog composta da Peter, Lois, Meg, Chris, Stewie e il cane parlante Brian con velleità di scrittore. È tramite la loro quotidianità e quella dei personaggi secondari che gli autori creano episodi surreali, eccessivi e innegabilmente irresistibili.

    Rick and Morty (2013)

    Nata come parodia del cult Ritorno al futuro (1985) di Robert Zemeckis, Rick and Morty è un piccolo gioiello di fantascienza animata, dove black humour e cinismo esistenziale si fondono con trame complesse e viaggi spaziali. La serie segue l'eccentrico scienziato pazzo Rick e il giovane nipote Morty mentre vivono avventure in giro per l'universo, tra pericoli e meraviglie. Una serie che usa l'umorismo e il grottesco per farsi beffa della società moderna e della fantascienza stessa mentre affronta temi complessi come il nichilismo e le relazioni interpersonali, ponendosi domande sul senso dell'esistenza. Il tutto condito da una comicità dissacrante.

    BoJack Horseman (2014-2020)

    Creata da Raphael Bob-Waksberg e disegnata da Lisa Hahawalt, BoJack Horseman è la più bella serie animata per adulti in circolazione. Ambientato a Hollywoo(d), lo show vede l'ex stella del piccolo schermo, il cavallo antropomorfo BoJack, cercare di ritrovare un equilibrio dopo anni di depressione e dipendenze. Un racconto profondo, ironico, sensibile, intelligente sulle fragilità di ognuno di noi. Un'esperienza visiva ed emotiva unica che sottolinea quanto l'animazione non sia seconda a nessun genere in fatto di esplorazione di tematiche profonde. Una grande pagina di televisione anche solo grazie a due episodi, “Free Churro” e “Fish Out of Water”, semplicemente perfetti.

    Undone (2019-2022

    Prima serie tv a utilizzare il rotoscope, la tecnica d’animazione in cui l’immagine filmata è poi disegnata creando un senso di fluidità e realismo, Undone è un'altra rivoluzione animata firmata da Raphael Bob-Waksberg. Anche qui, come in BoJack Horseman, le tematiche spaziano dalla salute mentale al lutto. La protagonista è Alma (Rosa Salazar), una giovane donna bloccata in una vita monotona. Quando si risveglia dal coma provocato da un incidente stradale, scopre di avere una nuova relazione con il tempo che sfrutta per trovare la verità sulla morte del padre (Bob Odenkirk). Un'esperienza emotiva e visiva immersiva che gioca sulla complessità della mente umana grazie alla libertà dettata dall'animazione.

    Strappare lungo i bordi (2021)

    Prima serie TV di Zerocalcare, Strappare lungo i bordi è un'opera pressoché perfetta dove il fumettista parte da un racconto personale per mettere in scena le incertezze e difficoltà della vita adulta. Lo fa con il suo stile inconfondibile in cui l'umorismo si fonde con la malinconia. La trama ruota attorno a un viaggio in treno verso Biella che il protagonista fa con gli amici di sempre, Sarah e Secco. Per cercare di distrarsi da quello che cerca di ricordargli la sua coscienza, l'Armadillo con la voce di Valerio Mastandrea, Zerocalcare racconta episodi della sua vita nei quali è facile riconoscersi. Un'opera matura che ha saputo raggiungere un pubblico internazionale grazie alla sua schiettezza e profondità.

    Invincible (2021)

    Basata sull'omonima serie a fumetti di Robert Kirkman, Invincible è una trasposizione fedele e riuscita delle tavole pubblicate dal 2003 al 2018. Il protagonista è Mark Grayson, adolescente per metà umano e metà viltrumita – suo padre è il supereroe più potente del pianeta, Omni-Man – che poco dopo il suo diciassettesimo compleanno inizia a sviluppare dei poteri. Una serie che sovverte il genere supereroistico mettendo in scena personaggi moralmente ambigui, violenza e una narrazione cruda. Dall'animazione dal taglio vintage, la serie è un mix di azione, relazioni umane, brutalità e parentesi dal forte impatto emotivo.

  • 10 film che puoi guardare gratis direttamente su JustWatch

    10 film che puoi guardare gratis direttamente su JustWatch

    Andrea Ballerini

    Andrea Ballerini

    Editor a JustWatch

    L’inverno è ormai alle porte e con lui arriva il freddo e il brutto tempo. Ci possiamo, però, consolare sapendo che non c’è periodo migliore per fare una scorpacciata di film. Sotto le coperte al calduccio e con una tazza di tè caldo, quasi vorremmo che la stagione invernale non finisse mai.

    Per l’arrivo dell’inverno vi vogliamo coccolare con una selezione di 10 film che potete guardare gratis direttamente su JustWatch. Infatti, il nostro sito è dotato anche del suo canale streaming chiamato JustWatchTV. A questo link trovate i 10 film presenti in questa lista e altre centinaia di titoli che possono essere visti gratuitamente.

    1. Nosferatu il vampiro (1922)

    A più di cento anni dalla sua uscita, Nosferatu il vampiro di F. W. Murnau continua a influenzare il cinema horror. Non a caso, il film è stato oggetto di remake da parte di uno dei registi di punta del genere, ovvero Robert Eggers con l’eccelso Nosferatu (2024). Ma ciò non sarebbe possibile senza il capolavoro del regista danese. Dalla fotografia espressionista ricca di ombre all’atmosfera dark che ti pietrifica, la pellicola è semplicemente una lezione di cinema. Se si aggiunge l’iconica interpretazione di Max Schreck nei panni del vampiro, è sacrosanto lo status di leggenda di Nosferatu il vampiro (1922).

    2. Rebecca - La prima moglie (1940)

    Se Nosferatu il vampiro (1922) è un film leggendario, lo stesso si potrebbe dire di Rebecca - La prima moglie di Alfred Hitchcock. Le similitudini, però, non finiscono qui. Il film del regista inglese vive dell’atmosfera gotica riscontrabile anche in Nosferatu il vampiro (1922). La fotografia non raggiunge i picchi espressionisti di Murnau, ma è comunque efficace nel richiamare il gotico. Infatti, la bellezza di Rebecca - La prima moglie (1940) sta nell’ammaliare lo spettatore con le immagini e farlo inorridire con la trama. Se avete amato Gli invasati (1963) e Crimson Peak (2015), questo è il film che fa per voi.

    3. La notte dei morti viventi (1968)

    Vi giuro che non ho selezionato solo horror, ma La notte dei morti viventi non poteva mancare da questa lista. Qui siamo di fronte a uno di quei film che bisogna vedere almeno una volta nella vita. Il capolavoro d’esordio di George A. Romero mischia horror e critica sociale come pochi film del terrore hanno fatto. Infatti, ne La notte dei morti viventi (1968) i veri mostri non sono gli zombie, bensì gli umani. Come per Nosferatu il vampiro (1922) e Rebecca - La prima moglie (1940), il film di Romero è caratterizzato da una fotografia in bianco e nero che rende la vicenda ancora più cupa, grazie anche agli angoli obliqui di molte inquadrature.

    4. Buio Omega (1979)

    Con Buio Omega cominciano i film a colori della lista. Il cult di Joe D’Amato è anche l’ultimo horror della lista, come vi avevo promesso. Il tocco autoriale di Nosferatu il vampiro (1922) lascia spazio alla cruda mentalità da film di serie B. Non è un caso che Buio Omega (1979) sia consigliato agli stomaci forti. I 90 minuti di durata vi porteranno in un universo splatter contorto e provocatorio. Nonostante il livello estremo della pellicola, D’Amato colpisce nel segno anche con trovate minimaliste, come uno stacco tra una sequenza di sangue e una di un pasto che lascia esterrefatti chiunque. Per fan de Lo squartatore di New York (1982) e Terrifier (2018).

    5. Un uomo qualunque (2007)

    A prima vista, Un uomo qualunque potrebbe sembrare una versione meno riuscita di Un giorno di ordinaria follia (1993). Tuttavia, le impressioni a volte ingannano. Non c’è dubbio che il film con Christian Slater faccia l’occhiolino al cult di Joel Schumacher. Un uomo qualunque (2007), però, abbassa i toni drammatici usando una dose generosa di umorismo nero. In questo modo, la trama incentrata su psicosi e sulla voglia di fare una stage si sgrassa, risultando meno pesante. Menzione d’onore per Christian Slater che regge sulle sue spalle il film e che ci fa dimenticare degli effetti speciali di bassa qualità.

    6. Brooklyn Castle (2012)

    Tra i film da vedere gratis direttamente su JustWatch potete trovare anche documentari che raccontano con un tocco unico una fetta di realtà. Brooklyn Castle è uno dei documentari più belli tra quelli proposti grazie ai temi trattati e al taglio dato dalla regista Katie Dellamaggiore. L’opera narra la vera storia di una scuola superiore statunitense ricca di campioni di scacchi. Questa favola sportiva è bilanciata dalle difficoltà economiche degli studenti. Brooklyn Castle (2012) non si focalizza solamente sugli aspetti negativi della vicenda, ma costruisce un filo del discorso che porta solo gioia e ispirazione nello spettatore. Inoltre, riesce a descrivere con efficacia la magia degli scacchi.

    7. 32 Weeks (2020)

    32 Weeks dimostra, ancora una volta, il potere del cinema indipendente. Il film di Brian Cavallaro è essenziale e solido. La durata di 82 minuti lo rende una visione veloce ma non lasciatevi abbindolare. Nella sua brevità, il film vi lascerà con il fiato sospeso fino a un finale da bocca aperta. 32 Weeks (2020) controbilancia i pochi fondi disponibili per la sua produzione con una trama che cattura lo spettatore. Soprattutto con il colpo di scena centrale, che renderà il film indelebile nella vostra mente. Non lasciatevelo sfuggire se avete apprezzato le atmosfere indie di Primer (2004) e Coherence - Oltre lo spazio tempo (2014).

    8. Effigy: Poison and the City (2020)

    Realtà e finzione si mescolano in Effigy: Poison and the City, thriller storico che ripercorre le vicende della serial killer Gesche Gottfried. Come per 32 Weeks (2020) e Brooklyn Castle (2012), è la trama a fare da forza trainante. Il thriller si sviluppa con grande ritmo e beneficia della sua ambientazione nel XIX secolo. Abituati come siamo a film su serial killer moderni, Effigy: Poison and the City (2020) è una ventata di aria fresca con il suo approccio da pellicola in costume. L’opera d’esordio di Udo Flohr vanta anche una grande performance da parte di Suzan Anbeh nei panni della killer. Da vedere assolutamente se vi è piacuto La vera storia di Jack lo Squartatore - From Hell (2001).

    9. Scarborough (2022)

    Anche se Scarborough non è un documentario, il film di Rich Williamson e Shasha Nakhai vi scalderà il cuore come Brooklyn Castle (2012). Tuttavia, ciò sarà possibile solamente se siete disposti a commuovervi. La forza di questa pellicola sta nell’equilibrio tra momenti estremamente drammatici e istanti di gioia e felicità. Con al centro tre bambini che navigano attraverso innumerevoli difficoltà, l’associazione con Brooklyn Castle (2012) è automatica. Per questo motivo, vi consiglio di vedere i due film in coppia. Se Un sogno chiamato Florida (2017) vi ha segnato nel profondo, Scarborough (2022) è il prossimo film da vedere.

    10. The Stix (2024)

    The Stix è simile a 32 Weeks (2020) e a Scarborough (2022) per il suo carattere spiccatamente indie. Le somiglianze, però, iniziano e finiscono qui. Il film di Jaron Lockridge è un crime dal forte impatto realistico, grazie alle location scelte e alle prove attoriali convincenti. L’effetto del poco budget a disposizione è riscontrabile in alcune scene, ma il ritmo della pellicola vi farà dimenticare queste sbavature. Il mio consiglio è di dare una possibilità a The Stix (2024) se non potete resistere a film come Boyz n the Hood - Strade violente (1991) e Nella giungla di cemento (1993).

  • Sexy ma non troppo: i 10 migliori anime ecchi per principianti del genere

    Sexy ma non troppo: i 10 migliori anime ecchi per principianti del genere

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Cerchi un anime un po’ piccante, ma che non sfoci mai nell’esplicito? Benvenuto nel meraviglioso mondo dell’ecchi, il genere che gioca con la sensualità in modo ironico, leggero e spesso sorprendentemente creativo. 

    L’ecchi non è hentai: niente pornografia, niente contenuti vietati ai minori. Qui si parla di situazioni maliziose, gag sexy, imbarazzi adolescenziali, poteri magici attivati in modi improbabili e personaggi che finiscono regolarmente in scene equivoche… ma sempre con tono comico o avventuroso.

    È un genere perfetto per chi vuole qualcosa di divertente, frizzante e un po’ audace, senza mai superare il limite. Dall’harem romantico allo scolastico più scatenato, passando per fantasy bollenti e commedie assurde, ecco una guida ai 10 migliori anime ecchi da cui partire: ideali per principianti, ma amati anche dagli appassionati più esperti. Preparati a ridere, arrossire e innamorarti di personaggi più goffi che provocanti.

    1. High School DxD (2012–2018)

    Se esiste un biglietto da visita per entrare nel mondo dell’ecchi, è High School DxD. La storia segue Issei, uno studente ossessionato dalle ragazze che viene ucciso… e riportato in vita come demone al servizio di Rias Gremory, una delle protagoniste più iconiche del genere. Il mix funziona perché unisce fanservice sfacciato a una sorprendente quantità di azione, umorismo slapstick e lore soprannaturale.

    Le sue scene piccanti sono sempre trattate con leggerezza ed esagerazione, rendendo la serie un perfetto “manuale” dell’ecchi moderno. E sì, anche se sembra tutto gioco, i personaggi si evolvono davvero. Se vuoi qualcosa di simile ma più romantico e meno spinto, prova Rosario + Vampire (2008–2009).

    2. Golden Boy (1995) 

    Golden Boy è uno dei cult assoluti dell’ecchi, ma è molto più intelligente e sottile di quanto il suo aspetto “spinto” lasci pensare. La serie segue Kintaro Oe, eterno studente e factotum iper-ottimista che cambia lavoro a ogni episodio: programmatore, commesso, assistente di uno studio legale, rider… ogni volta finisce in situazioni assurde, sensuali e imbarazzanti, spesso accanto a donne carismatiche che lo sottovalutano — finché il suo impegno maniacale e la sua bontà d’animo non conquistano tutti.

    Il fanservice è esagerato e dichiaratamente comico, ma ciò che rende Golden Boy davvero speciale è la satira sul desiderio maschile, l’ingenuità del protagonista e il contrasto tra la sua goffaggine e la sua genialità latente. È un anime irriverente, esilarante e sorprendentemente progressista per l’epoca, capace di far ridere senza mai cadere nel volgare gratuito. Se vuoi un'altra commedia “over the top” piena di gag assurde e ritmo forsennato, recupera Excel Saga (1999–2000): stesso livello di anarchia, ma ancora più meta.

    3. Food Wars! (2015–2020)

    L’unico anime al mondo in cui un piatto di ramen può letteralmente far “esplodere i vestiti” ai personaggi… metaforicamente, si intende! Food Wars! trasforma le competizioni culinarie in duelli epici a metà tra reality show, parodia ed ecchi puro. Le “foodgasms” sono uno dei gimmick più famosi dell’animazione moderna, e rappresentano perfettamente lo spirito del genere: sexy, esagerato, ma sempre ironico.

    Il bello è che l’ecchi non è mai gratuito: tutto nasce dal gusto, dall’eccesso sensoriale, dal ritmo narrativo. La serie è anche una delle più curate a livello di ricette e tecniche culinarie. Se vuoi qualcosa di altrettanto creativo, prova Ben-To (2011): combattimenti per accaparrarsi i pasti scontati nei supermercati.

    4. To LOVE-Ru (2008–2015)

    Considerato uno dei pilastri dell’ecchi harem, To LOVE-Ru è caos puro: alieni, romanticismo, malintesi, trasformazioni improbabili e una valanga di situazioni assurde che finiscono immancabilmente in fanservice. Il protagonista Rito si ritrova circondato da ragazze – alcune umane, altre no – che portano la sua vita scolastica a un livello di follia totale.

    La serie è perfetta per chi vuole leggerezza assoluta, con gag sexy che fanno parte integrante del suo linguaggio comico. Ma sotto questo strato di confusione c’è un cuore romantico che ha conquistato milioni di fan. Se vuoi restare sul genere harem piccante ma con un tono più dolce, prova Nisekoi (2014–2015).

    5. Prison School (2015)

    Prison School è l’ecchi più estremo… senza diventare mai davvero proibito. È satirico, intelligente, crudele e completamente fuori di testa. Cinque studenti maschi finiscono nella sezione femminile di una scuola rigidissima e vengono puniti con metodi grotteschi da un consiglio studentesco sadico.

    Il risultato? Una serie che alterna umorismo fisico, critica sociale e scene volutamente eccessive, pensate per esagerare ogni cliché del genere. Il bello è che, sotto il fanservice aggressivo, c’è una costruzione narrativa sorprendentemente solida e un cast assurdo ma memorabile. Se ami l’ironia spinta e il caos, prova Grand Blue (2018): niente ecchi, ma un livello di assurdità simile.

    6. Sankarea (2012)

    Un ecchi gotico? Esiste, ed è sorprendentemente romantico. Sankarea racconta la storia di Chihiro, un ragazzo ossessionato dagli zombie, e Rea, una ragazza che – per sfuggire alla sua vita opprimente – finisce davvero per diventarlo.

    La serie è un mix unico di tenerezza, sensualità sottile e temi dark, con un fanservice molto più misurato rispetto agli altri titoli del genere. L’atmosfera malinconica, i toni horror e la crescita dei protagonisti lo rendono un ecchi “diverso”: sexy sì, ma più emotivo e delicato. Se ti piace il romantico soprannaturale con un tocco dark, prova anche Dusk Maiden of Amnesia (2012).

    7. The Testament of Sister New Devil (2015–2018)

    Demoni, incantesimi, contratto di servitù magico e fanservice al massimo: The Testament of Sister New Devil è uno dei fantasy ecchi più famosi. Lo stile è spinto, ma sempre dentro i limiti del genere; è un action piccante che mischia poteri proibiti, combattimenti spettacolari e dinamiche sensuali tra i protagonisti. Ha un world-building sorprendentemente ricco e personaggi che crescono, pur all’interno di una cornice volutamente assurda. Se ti piace questo equilibrio tra magia e sensualità, prova Highschool of the Dead (2010): azione, horror e fanservice in egual misura.

    8. B Gata H Kei (2010)

    Un ecchi dal punto di vista femminile – rarissimo! B Gata H Kei segue Yamada, una ragazza che vuole fare “esperienza” con 100 ragazzi, ma finisce per innamorarsi del più timido della scuola.

    Il tono è leggero, divertente e sorprendentemente sincero: invece del solito harem, qui c’è un racconto erotico adolescenziale molto più realistico e ironico, che gioca con tabù e insicurezze senza mai esagerare. Se cerchi un’altra commedia romantica frizzante e onesta, prova Wotakoi: Love is Hard for Otaku (2018).

    9. Aesthetica of a Rogue Hero (2012)

    Aesthetica of a Rogue Hero è un isekai ecchi pieno di muscoli, magie e intrighi scolastici. Il protagonista Akatsuki è un eroe di ritorno da un altro mondo che porta con sé la figlia del Re dei Demoni… spacciandola per sua sorella.

    Il mix è quello perfetto del genere: poteri magici, scuola speciale, vestiti che si strappano nei combattimenti e un tono volutamente esagerato. Il fanservice è continuo, ma sempre giocato sul registro dell’action. Se vuoi un altro isekai leggero e autoironico, vai su Konosuba (2016–in corso).

    10. Heaven’s Lost Property (2009–2010)

    Heaven’s Lost Property è uno degli ecchi più amati grazie al suo equilibrio tra comicità, romanticismo e sci-fi stramba. Protagonista: Tomoki, un ragazzo ossessionato dalla “tranquilla vita quotidiana”, che invece si ritrova circondato da angeloidi dai poteri assurdi.

    La serie passa da gag sexy a momenti emotivi con una naturalezza sorprendente, creando un tono affettuoso e caotico allo stesso tempo. Se ami i fantasy con personaggi adorabili e situazioni improbabili, recupera Oh, mia Dea! (2005–2006).

  • La verità dietro lo schermo: 8 film che parlano del cinema senza filtri

    La verità dietro lo schermo: 8 film che parlano del cinema senza filtri

    Andrea Ballerini

    Andrea Ballerini

    Editor a JustWatch

    Con l’uscita di New Wave (2025) di Richard Linklater, abbiamo assistito a un film che non ha paura di raccontare la verità riguardo al cinema. Se si parla di Nouvelle Vague e Jean-Luc Godard, ci aspettiamo un set controllato dove ogni meccanismo è oliato e rasenta la perfezione. Invece, il film di Linklater mostra tutte le difficoltà di creare una pellicola.

    Dalla pressione dei produttori ai conflitti con gli attori, senza dimenticare la cocciutaggine dei registi stessi. New Wave (2025) è solo uno dei tanti film che hanno voluto mostrare la faccia veritiera del cinema, anche a costo di mettere in mostra il lato oscuro o inaspettato dell’industria. Per questo motivo, vi proponiamo questa lista che passa in rassegna otto film senza filtri che, come New Wave (2025), non si sono tirati indietro quando si tratta di raccontare in forma veritiera la settima arte. Qui sotto, li trovate in ordine di uscita.

    1. Viale del tramonto (1950)

    Viale del tramonto è il primo titolo che compare nella mente quando si tratta di mostrare il cinema senza filtri. Forse perché il capolavoro noir di Billy Wilder è stato uno dei primi in ordine di tempo. Il film si prende molte licenze creative, esagerando il carattere torbido della vicenda. Tuttavia, è esemplare nel mostrare quello che succede quando un attore o un’attrice non sono più nel culmine delle loro carriere. L’industria ti permette una vita agiata da artista, tra fama e ricchezze, ma quando il tuo tempo è finito, non resta che il dimenticatoio. Viale del tramonto (1950) ci ricorda che a ogni salita corrisponde anche una discesa.

    2. I protagonisti (1992)

    I protagonisti e Viale del tramonto (1950) sono simili nell’utilizzare atmosfere noir per raccontare il cinema senza filtri. Il film di Robert Altman, però, si discosta dal classico in bianco e nero per i suoi tratti da black comedy. Il cinema è sicuramente un’arte collaborativa, dove molte teste convergono per creare qualcosa. Tuttavia, I protagonisti (1992) è perfetto nel far luce sull’altra faccia della medaglia, ovvero la competizione sfrenata tra addetti al lavoro. Inoltre, non ha problemi a portare sullo schermo quello che pochi film osano mostrare: il cinema come business, dove il denaro regna sovrano e l’arte passa in secondo piano.

    3. Boogie Nights - L’altra Hollywood (1997)

    Il cinema a luci rosse è pur sempre cinema, nonostante sia ancora considerato un paria. Per questo, il capolavoro di Paul Thomas Anderson Boogie Nights - L'altra Hollywood (1997) non poteva mancare. Il film non fa alcun mistero sull’enorme quantità di droga consumata sui set pornografici negli anni ‘70 e ‘80. Possiamo essere certi che lo stesso accadesse nella Hollywood che conta. Se non bastasse e seppur l’accostamento sembri improbabile, Boogie Nights (1997) si avvicina a Viale del tramonto (1950). Entrambi, infatti, mettono in mostra la parabola discendente di una star. Se vi sono piaciuti i set movimentati di Boogie Nights (1997), aspettate di vedere Babylon.

    4. L.A. Confidential (1997)

    Come per I protagonisti (1992) e Viale del tramonto (1950) il noir rimane uno dei veicoli migliori per mostrare la verità su Hollywood. L.A. Confidential, il classico di Curtis Hanson con Guy Pearce, Kevin Spacey e Russell Crowe, non fa prigionieri quando si tratta di far trapelare il lato falso dell’industria. La percezione che abbiamo delle star hollywoodiane è veicolata dalla manipolazione dei media, che le costruisce con una particolare immagine per scopi di lucro. C’è l’attrice ribelle, l’attore dai modi innocenti, o l’opposto. In ogni caso, la vita pubblica di una star viene costruita a tavolino per mantenere la fama e espanderla ancora di più.

    5. L'ultima parola - La vera storia di Dalton Trumbo (2015)

    L'ultima parola - La vera storia di Dalton Trumbo dice tutto già dal titolo. Qui non si tratta di un film allegorico che cerca di fare luce su qualcosa di veritiero. Con il film di Jay Roach ci troviamo di fronte a fatti realmente accaduti che mostrano una delle verità più scomode, la censura e l’ostracismo. Dalton Trumbo è uno degli sceneggiatori più apprezzati a Hollywood, ma le sue simpatie comuniste lo mettono sotto il riflettore e lo fanno entrare nella lista nera dell’industria. La vera storia di Dalton Trumbo (2015) picchia duro e non si fa problemi nel raccontare senza filtri una delle vicende più buie del cinema.

    6. C'era una volta a… Hollywood (2019)

    C'era una volta a… Hollywood può offrire una visione molto romanzata del tragico destino di Sharon Tate. Tuttavia, fa luce sul problema che attanaglia molte star: il declino della loro carriera e la paura del futuro. Per questo motivo, la visione del film di Quentin Tarantino è consigliata in tandem con Boogie Nights (1997) e Viale del tramonto (1950), per i temi attigui. Al contrario del film di Anderson, però, C'era una volta a… Hollywood (2019) mostra una valida possibilità per attori e attrici sul viale del tramonto: accettare lavori fuori dalla loro industria di riferimento e continuare la cavalcata.

    7. Seberg - Nel mirino (2019)

    Se cercate un film complementare a L'ultima parola - La vera storia di Dalton Trumbo, lo troverete in Seberg - Nel mirino. Ironicamente, al centro del film c’è Jean Seberg, icona della Nouvelle Vague e protagonista di Fino all'ultimo respiro (1960), la cui realizzazione è trattata in New Wave (2025). Ancora una volta parliamo di una storia vera. Ancora una volta parliamo degli intrecci tra cinema e politica. La pellicola di Benedict Andrews dà la possibilità allo spettatore di calarsi nei panni dell’attrice perseguitata dall’FBI a causa delle sue posizioni in favore delle Pantere Nere. Da vedere anche per l’interpretazione magistrale di Kristen Stewart nel ruolo principale.

    8. Babylon (2022)

    Babylon è una miscela esplosiva che combina l’analisi sulla parabola ascendente-discendente di C'era una volta a… Hollywood (2019) con i set imprevedibili di Boogie Nights (1997). Il film è eccessivo in ogni suo aspetto, mostrando il saliscendi di emozioni che si chiama cinema. Un giorno sei invitato a tutti i party più esclusivi, le tue scene colpiscono mezzo mondo e la tua striscia di successi sembra infinita. Il giorno dopo l’ispirazione è sparita, il cinema si svuota e nessuno ti chiama più per nuove parti. Babylon (2022) è cinema con la “C” maiuscola perché offre una visione diretta e impulsiva della settima arte.

  • Da “Super 8” a “The Innkeepers”: 10 film + uno special che sembrano usciti da un libro di Stephen King

    Da “Super 8” a “The Innkeepers”: 10 film + uno special che sembrano usciti da un libro di Stephen King

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Stephen King non è solo uno scrittore: è un immaginario. Il New England battuto dal vento, le piccole città piene di segreti, i ragazzini in bicicletta che inciampano nell’orrore, il soprannaturale che scivola nella quotidianità, il trauma che diventa mostro. 

    È uno stile di racconto così forte da aver generato decine di imitatori e una quantità di film e serie che sembrano usciti direttamente dalla sua macchina da scrivere, pur non avendo alcun legame con lui.

    In un momento in cui l’universo kinghiano sta vivendo una nuova giovinezza – tra Welcome to Derry (2025), Salem’s Lot (2024), The Life of Chuck (2025) e gli adattamenti in arrivo come The Long Walk (2026) – vale la pena riscoprire quei titoli che, pur non basandosi su un romanzo di King, sembrano dannatamente kinghiani.

    Abbiamo raccolto 10 film perfetti per chi ama l’atmosfera di King e un titolo speciale: Midnight Mass (2021), probabilmente la serie TV più “Stephen King senza Stephen King” mai realizzata. Preparati a cittadine inquietanti, infanzie perdute, paure ancestrali e orrori che nascono dai sentimenti umani più cupi.

    1. Super 8 (2011)

    Super 8 è probabilmente il film non kinghiano più kinghiano degli ultimi vent’anni. J.J. Abrams, affiancato da Steven Spielberg, costruisce un racconto incentrato su un gruppo di ragazzini che filma un cortometraggio amatoriale quando, durante la notte, un incidente ferroviario libera qualcosa di misterioso nella loro cittadina dell’Ohio. Il cuore del film è la prospettiva dei bambini: amicizia, lutto, crescita, curiosità e paura si fondono in un’avventura dove l’orrore è sempre un passo dietro il quotidiano. Le dinamiche di gruppo ricordano subito Stand by Me (memorabile il film del 1986) e It (e qui si può scegliere tra il film tv con Tim Curry del 1990 o il più recente adattamento di Muschietti del 2017), mentre il senso di comunità in crisi richiama molti romanzi del periodo d’oro di King. Anche senza citare esplicitamente l’autore, Super 8 utilizza la sua grammatica emotiva: il mondo adulto è imperfetto, distratto, incapace di vedere ciò che i ragazzi percepiscono con lucidità. È una storia di mostri e di adolescenti, ma soprattutto un racconto sul bisogno di ricordare.

    2. Midnight Special (2016)

    Midnight Special è un'intensa fuga on the road che ruota attorno a un bambino dotato di poteri paranormali e al padre che tenta disperatamente di proteggerlo da un culto religioso e da un governo ossessivo. Jeff Nichols dirige un film carico di tensione emotiva, dove il soprannaturale non è un effetto speciale, ma un catalizzatore di paura, amore e sacrificio. Il tono quieto, l'ambientazione rurale e il focus sulla famiglia riecheggiano moltissime opere di King, in particolare quelle dove i “poteri” non sono un dono, ma una maledizione che isola e distrugge. La lotta tra bene e male è intima, mai spettacolare: le relazioni vengono prima dell’azione. È un film che vive di silenzi e sguardi, di padri che tremano e figli che brillano. L’atmosfera sospesa e il mistero costante lo rendono un perfetto “King che non è King”.

    3. The Black Phone (2021)

    Basato su un racconto di Joe Hill – figlio di King, buon sangue non mente – The Black Phone sembra davvero un film uscito dalle pagine del padre. La storia segue Finney, un ragazzino rapito da un serial killer mascherato e rinchiuso in un seminterrato dove un vecchio telefono disconnesso inizia a squillare. A rispondere sono le vittime precedenti dell’assassino, che cercano di guidarlo verso la fuga. È un horror suburbano, sporco, crudele nel modo giusto, immerso in un’America anni ’70 fatta di biciclette, zaini e violenza domestica. Il villain, “The Grabber”, è uno dei più kinghiani: inquietante, teatrale, imprevedibile. Ma il film brilla soprattutto per il rapporto tra Finney e la sorella Gwen, che ha visioni sovrannaturali — una dinamica che richiama romanzi come Shining (ricordiamo il film di Kubrick del 1980) o Firestarter (che vanta due trasposizioni, una del 1984 con una giovanissime Drew Barrymore e una più recente del 2022). Imperdibile per chi ama l’orrore emotivo e radicato nei personaggi.

    4. The Autopsy of Jane Doe (2016)

    Ambientato quasi interamente in un obitorio sotterraneo, The Autopsy of Jane Doe segue un medico legale e suo figlio mentre tentano di scoprire le cause della morte di una giovane donna senza identità. Più l’autopsia procede, più il cadavere rivela segreti impossibili e inquietanti. La forza del film sta nel modo in cui trasforma un luogo quotidiano in un teatro dell’orrore, come spesso fa King nei suoi racconti. Il ritmo è claustrofobico, la tensione cresce lentamente e il soprannaturale entra in scena come qualcosa di antico, legato a maledizioni e ferite del passato. È un horror “piccolo”, ma di enorme atmosfera, che combina mistero, folklore e dinamiche familiari. Perfetto per chi ama le storie in cui l’orrore non esplode: si insinua.

    5. It Follows (2015)

    Pur essendo un horror fortemente allegorico, It Follows possiede diverse caratteristiche kinghiane: una periferia americana grigia e malinconica, adolescenti lasciati soli dagli adulti, un’entità sovrannaturale che rappresenta paure invisibili. Il film segue Jay, una ragazza perseguitata da una creatura che cambia forma e può essere trasmessa sessualmente. L’idea dello “stalker paranormale” sembra una short story di King: semplice, geniale, spaventosa. Ma ciò che lo avvicina ancora di più al suo stile è il modo in cui affronta il trauma e l’ansia adolescenziale. I personaggi non sono cliché da teen horror: sono ragazzi veri, fragili, poco ascoltati. La creatura è solo il sintomo di un disagio più grande, e la regia di David Robert Mitchell costruisce un’atmosfera sottilmente inquietante che ricorda i racconti ambientati nei quartieri di periferia degli anni ’80.

    6. The Empty Man (2020)

    The Empty Man è un film che molti hanno scoperto solo dopo la sua uscita in streaming, ma che oggi è considerato una delle opere horror più affascinanti e sottovalutate degli ultimi anni. La storia parte come un teen horror su una leggenda urbana e si trasforma lentamente in un'indagine sovrannaturale ambientata in una cittadina isolata, per poi evolvere in qualcosa di molto più cosmico e disturbante. L’atmosfera di provincia, i segreti sussurrati, le comunità chiuse, la paranoia crescente: è King al 100%. Il protagonista, un ex poliziotto tormentato, sembra uscito da uno dei suoi thrillers più cupi. Il film ha poi un modo tutto suo di affrontare il concetto di “setta” e di entità invisibili, ricordando i racconti lovecraftiani che King ha spesso imitato. Imperdibile per chi ama le atmosfere cupe e stratificate.

    7. Summer of ’84 (2018)

    Un gruppo di adolescenti sospetta che il loro vicino di casa, un poliziotto dall’apparenza irreprensibile, sia in realtà un serial killer. Il film parte come un’avventura alla Stand by Me e si incupisce progressivamente, fino a un finale durissimo che sembra davvero uscito dalle pagine di King. L’ambientazione suburbana, le biciclette, le walkie-talkie vibes, i pomeriggi d’estate che diventano scoperta del male: tutto parla il linguaggio kinghiano degli anni ’80. La forza di Summer of ’84 è nel modo in cui mostra l’ingenuità dell’adolescenza scontrarsi con l’orrore adulto, senza mai diventare nostalgico o parodico. È un film che cresce nella memoria e che lascia addosso quella sensazione inquieta tipica dei racconti di fine estate di King.

    8. Frailty (2002)

    Diretto e interpretato da Bill Paxton, Frailty è un thriller-horror familiare che sembra il fratello oscuro di Il miglio verde. Racconta di un padre convinto che Dio gli abbia ordinato di eliminare esseri demoniaci nascosti tra le persone comuni — e dei suoi due figli trascinati in questo delirio. Fanatismo religioso, dinamiche familiari tossiche, un narratore inaffidabile, un’America profonda carica di paranoia: è un film che avrebbe potuto tranquillamente essere firmato da King. La tensione nasce dai rapporti, non dagli effetti speciali, e il mistero cresce fino a un epilogo inquietante che ribalta completamente la prospettiva. Frailty è uno dei film più sottovalutati degli anni 2000 e merita davvero una riscoperta.

    9. The Hole in the Ground (2019)

    Una madre e il suo bambino si trasferiscono in una zona rurale piena di foreste. Una notte, il piccolo scompare brevemente nel bosco, e quando torna sembra… diverso. The Hole in the Ground è uno dei migliori horror sugli scambi di identità infantili, costruito su silenzi, paranoia e un’intera comunità che osserva e giudica. Elementi perfettamente kinghiani: la provincia come luogo che accoglie ma allo stesso tempo intrappola, il bosco come spazio di metamorfosi, il dubbio materno come motore del terrore. Il film alterna realismo psicologico e folklore europeo, creando un’atmosfera che ricorda La metà oscura e La bambina che amava Tom Gordon. È un piccolo gioiello spesso trascurato nei circuiti mainstream.

    10. The Innkeepers (2011)

    Ti West costruisce in The Innkeepers una ghost story dal sapore tipicamente kinghiano: un vecchio hotel del New England, due dipendenti annoiati durante l’ultimo weekend di apertura, e una presenza che non ha alcuna intenzione di salutare. Il film è lento, atmosferico, impregnato di folklore locale e di quella malinconia tipica dei luoghi che stanno per essere dimenticati. La dinamica tra i due protagonisti — disillusi, ironici, con una vita sospesa — ricorda lo stile di King nel costruire personaggi che potrebbero essere tuoi vicini di casa. Quando l’orrore arriva, non lo fa mai in modo spettacolare: si insinua, si manifesta negli spazi vuoti, nei rumori di notte, nelle storie che si raccontano per riempire il silenzio. Una gemma per chi ama il ghost horror d’atmosfera.

    11. Midnight Mass (2021)

    Midnight Mass è, senza mezzi termini, la serie più “Stephen King senza Stephen King” mai realizzata. Mike Flanagan costruisce un racconto ambientato su un’isola sperduta, abitata da una piccola comunità che porta addosso ferite, segreti, dipendenze, rancori e speranze represse. Quando arriva un giovane sacerdote carismatico, la vita degli abitanti cambia radicalmente: miracoli, guarigioni e fenomeni inspiegabili si intrecciano a un orrore antico e devastante. È King allo stato puro: la provincia americana, il fanatismo religioso, l’alcolismo come fantasma personale, il male che si traveste da speranza. Ma è anche profondamente Flanagan, soprattutto nel modo in cui riflette su fede, colpa e redenzione. Se Salem’s Lot è la storia del Mostro che si insinua e contamina, Midnight Mass è la storia del Mostro che ti promette la salvezza. Imperdibile.

  • Tutti i film di Cynthia Erivo: la nostra classifica dei 10 titoli

    Tutti i film di Cynthia Erivo: la nostra classifica dei 10 titoli

    Andrea Ballerini

    Andrea Ballerini

    Editor a JustWatch

    Cynthia Erivo è apparsa nel suo primo film per il cinema solamente nel 2018, ma la sua traiettoria nella settima arte ha continuato a seguire un percorso ascendente. Una delle vette della sua carriera, non di sicuro l’ultima, è stata interpretare Elphaba Thropp nel musical Wicked - Parte I, affiancata da Ariana Grande nei panni di Glinda Upland.

    Da poco è anche uscito il sequel del film di Jon M. Chu, Wicked: For Good, ed è per questo che ci sembra una grande occasione per ripercorrere la carriera di Cynthia Erivo. Qui sotto trovate tutte le pellicole della sua filmografia, ordinate secondo la nostra classifica. Ho tenuto conto non solo della performance dell’attrice e cantante, ma anche dei film nel loro complesso.     

    10. Chaos Walking (2021)

    Chaos Walking di Doug Liman e con Tom Holland dice tutto già dal titolo. Questo tentativo di blockbuster sci-fi è un piccolo caos ambulante. La sceneggiatura non colpisce nel profondo e contiene personaggi poco sviluppati. Non si salva neanche l’aspetto visivo con una fotografia slavata e poco incisiva. Cynthia Erivo si unisce al cast in una parte minore, quella di Hildy. L’attrice veste i panni del personaggio senza errori, ma non basta per evitare a Chaos Walking (2021) l’ultima posizione in classifica. Onestamente, è uno di quei ruoli di cui nessuno si ricorderà, proprio come il film in cui è contenuto.

    9. Pinocchio (2022)

    Proprio come Chaos Walking (2021), Pinocchio è destinato a posizionarsi nel dimenticatoio, oltre che al nono posto in classifica. Il film di Robert Zemeckis, ahimè, impallidisce a confronto del suo collega Pinocchio di Guillermo del Toro (2022). Se il secondo è pieno di ispirazione e creatività, Pinocchio (2022) è ricco di forma ma privo di sostanza. Se poi si considera che di film di Pinocchio ce ne sono già abbastanza, la versione di Zemeckis risulta ingiustificata. Erivo può tirare un respiro di sollievo perché la sua performance nei panni della Fata Turchina è pregevole. In più, le dà la possibilità di sfoggiare l’altro suo talento: il canto.

    8. Needle in a Timestack (2021)

    Needle in a Timestack mescola romanticismo, fantascienza e thriller e, a prima vista, sembra invitante come visione. Soprattutto per un cast stellare con Freida Pinto, Leslie Odom Jr. e Orlando Bloom. Tuttavia, la pellicola di John Ridley non riesce a mantenere le aspettative. Si posiziona all’ottavo posto per il ritmo troppo blando e una sceneggiatura a tratti confusa. Erivo ha già fatto esperienza con parti da protagonista a questo punto della sua carriera. Per questo motivo, il ruolo principale di Janine in Needle in a Timestack (2021) la vede in buona forma. Anche se, come per Pinocchio (2022), non basta per salvare la pellicola dalla parte bassa della classifica.

    7. Luther: Verso l'Inferno (2023)

    Dopo la fortunata serie cult Luther (2010), Netflix ha portato il personaggio di idris Elba nella dimensione cinematografica con Luther: Verso l'Inferno. Anche se il balzo in avanti sembra più un passo falso. Per chi ha amato le atmosfere slow burning e crime della serie, si troverà leggermente spiazzato vedendo il film. Infatti, Luther: Verso l'Inferno (2023) è molto più simile a un action che a un poliziesco. Nonostante la settima posizione, il ruolo di Odette Raine trova Cynthia Erivo in grande forma. L’attrice riesce a confrontarsi ad armi pari recitando in opposizione a Elba, con una performance vibrante e ricca di carattere.

    6. Drift (2024)

    Drift è un passo avanti ulteriore nella carriera di Erivo, perché l’attrice inglese di origini nigeriane è anche co-produttrice di questo dramma romantico. Se in Chaos Walking (2021) le dimensioni sono grandiose come di regola per un blockbuster sci-fi, Drift porta tutto su un piano più intimo e ristretto. Inoltre, connette dramma, amore, storia e politica con intelligenza e senza risultare oltremodo forzato. La posta in gioco è alta per Erivo visto il duplice ruolo di attrice protagonista e co-produttrice. Il sesto posto è un buon risultato ed è dovuto in particolare alla sua recitazione, estremamente convincente sia nei momenti drammatici che in quelli più leggeri.

    5. Wicked: For Good (2025)

    Dopo l’enorme successo con il capitolo precedente, Wicked: For Good (2025) ritrova Erivo nel suo ruolo più iconico, ovvero quello di Elphaba Thropp. La posizione cinque calza a pennello. Da un lato, il tono più “oscuro” dà una verve in più a questo sequel. Lo stesso si potrebbe dire per i numeri musicali e le prove senza pecche delle due protagoniste. Dall’altro, il film pecca per una sceneggiatura non sempre al top e un leggero sentimento di noia. Per fortuna che c’è Cynthia Erivo. Anche con il secondo capitolo dimostra di essere stata la scelta perfetta per il personaggio di Thropp. Wicked: For Good (2025) rimane una visione consigliata per chi è rimasto colpito da Aladdin (2019) e La bella e la bestia (2017).

    4. Wicked - Parte I (2024)

    Wicked - Parte I (2024) passerà alla storia non solo per essere uno dei musical più belli di sempre, ma anche per la prova indimenticabile di Cynthia Erivo. Il film centra tutti i suoi obiettivi, dalla musica sontuosa allo stile visivo d’impatto. Intrattiene, fa ridere, fa piangere e, se non bastasse, fa anche riflettere. Erivo è l’unica che può interpretare Elphaba Thropp con tanta maestria e versatilità. L’attrice riesce a padroneggiare sia i momenti di estrema sicurezza del personaggio, sia quelli dove la fragilità e la debolezza sono predominanti. Si ferma a un passo dal podio solamente per un piccolo neo: la durata di 160 minuti è leggermente eccessiva.

    3. 7 sconosciuti a El Royale (2018)

    7 sconosciuti a El Royale è un film super intrattenente e ben costruito che doveva raggiungere il podio. Dalla fotografia ricca di colori che richiama l’ambientazione anni ‘70 all’intricata storia che si sviluppa di fronte ai nostri occhi, il film è perfetto per essere visto e rivisto. Si tratta solamente della seconda prova come attrice per Erivo e già deve vedersela con attori del calibro di Jeff Bridges, Jon Hamm e Chris Hemsworth. Ancora una volta, Erivo riesce a brillare mettendo in uso sia il suo talento come attrice che come cantante. La scena del suo monologo riecheggerà nelle vostre menti dopo averla vista per la prima volta.

    2. Harriet (2019)

    Harriet è una delle prove più convincenti nella carriera di Cynthia Erivo. L’attrice è impeccabile nei panni di Harriet Tubman, abolizionista afroamericana che aiutò a far scappare 70 persone schiavizzate. Il film nel suo complesso, forse, non è al livello di 7 sconosciuti a El Royale (2018) ma ho voluto premiarlo con il secondo posto proprio per la performance di Erivo. La profondità con cui affronta un personaggio simile e il tour de force di emozioni, interpretate con grande forza, non potevano passare inosservati. Harriet (2019) colpirà chi non è rimasto indifferente a film impegnati come 12 anni schiavo (2013) e Malcolm X (1992).

    1. Widows - Eredità criminale (2018)

    In 7 sconosciuti a El Royale (2018), Erivo si è confrontata con un cast d’eccezione al suo secondo film in assoluto. Pensate quanto talento ci voglia a recitare con Viola Davis, Michelle Rodriguez ed Elizabeth Debicki all’esordio. Per di più diretta da un maestro come Steve McQueen. Tutto ciò lo trovate in Widows - Eredità criminale, uno dei crime più sottovalutati degli ultimi tempi. Si tratta di un’altra pellicola dal cast corale ed Eviro ha meno possibilità di brillare rispetto a un ruolo da protagonista assoluta come in Harriet (2019). Basta assistere all’introduzione del suo personaggio e allo scambio di battute con quello di Viola Davis per capire che Eviro è fatta per stare di fronte alla cinepresa. Primo posto garantito per questo film magnifico.

  • Le maggiori ship del cinema e della TV: le 10 coppie più amate (o desiderate) dai fan

    Le maggiori ship del cinema e della TV: le 10 coppie più amate (o desiderate) dai fan

    Alessandro Zaghi

    Alessandro Zaghi

    Editor a JustWatch

    Tifare per una coppia sullo schermo è un istinto condiviso, quasi una lingua universale, perché ci piacciono i film, ma immedesimarsi in una storia d’amore ancora di più. Ogni spettatore ha almeno una ship da perderci la testa, anche a costo di aspettare sei film o quattro stagioni, anche quando gli sceneggiatori sembrano divertirsi a rimandare l’inevitabile.

    L’eterna friendzone “paranormale” tra Mulder e Scully in X-Files (1993), oppure Cam e Mitch, gli zii che tutti vorremmo di Modern Family (2009). E ancora, Elio e Oliver di Call Me By Your Name (2017), Elizabeth Bennet e il suo Mr. Darcy di Orgoglio e Pregiudizio (2005), la love story da hit parade tra Ally Campana e Jackson Maine in A Star Is Born (2018), i coniugi “del diavolo” di The Conjuring (2013) Ed e Lorraine Warren.

    Navigare in questo oceano di amore in pellicola non è affar semplice, bisogna fare delle scelte, ed è per questo che abbiamo selezionato alcune tra le coppie più amate del cinema, quelle che forse più di altre sono entrate nel cuore dei fan, quelle diventate leggenda, quelle che hanno scatenato blog e fanzine, quelle che a distanza di anni continuano a conquistare e a meritarsi un rewatch.

    Han Solo e Leia Organa (“Star Wars”)

    Può una storia d’amore riuscire a prendersi la scena in mezzo a Spade Laser, viaggi intergalattici e un rapporto padre-figlio a dir poco complicato? Per George Lucas nulla era impossibile, neanche unire il romanticismo alla fantascienza. Un contrabbandiere e una principessa, un amore partito che più in salita non si può, con tanto di incesto scampato per un soffio. Han Solo e Leia sono la coppia letteralmente più spaziale di sempre, Harrison Ford e Carrie Fisher la ship che ogni seguace di Star Wars (1977) avrebbe voluto vedere realizzarsi anche al di fuori del Millennium Falcon. L’universo Jedi fece sognare ad occhi aperti milioni di spettatori, un classico di tutti i tempi che non smette mai di stupire, rivederlo oggi significa tornare a scoprire un titolo leggendario che ha fatto e continua a fare la storia del cinema.

    Jessica e Ivano (“Viaggi di Nozze”)

    “O’ famo strano”, serve aggiungere altro? Jessica e Ivano sono LA coppia della commedia italiana, e chi dice il contrario mente sapendo di mentire. Battute diventate iconiche (“Nun riesco a individua' 'o stadio…”), musica glam rock a palla, chewing gum mozzicato, e acconciature che più tamarre non si può. In Viaggi di Nozze (1995) Claudia Gerini e Carlo Verdone portarono sul grande schermo personaggi entrati nel cuore di tutti i fan, tanto da sperare in una coppia anche nella vita reale. I due sono ottimi amici e in Grande, grosso e… Verdone (2008) interpretarono un’altra coppia altrettanto cafona, composta da Moreno Vecchiarutti e Enza Sessa, genitori del piccolo Steven. Come tutta la filmografia di Verdone, anche Viaggi di Nozze è una commedia che ancora oggi non smette di far ridere, con il suo umorismo immediatamente riconoscibile e inarrivabile, un film che insieme a Un sacco bello (1980) e Bianco rosso e Verdone (1981) forma il trio in cui ritrovare alcuni dei personaggi “verdoniani” più amati, da Furio a Mimmo, da Enzo a Ruggero. Imprescindibili.

    Ross e Rachel (“Friends”)

    Qui siamo davanti alla ship portabandiera della televisione degli anni ‘90, Ross e Rachel sono una coppia talmente perfetta da essere diventati un simbolo di quell’amore da sitcom: romantico, delicato, quasi ingenuo. Ma in questo caso anche pieno di risate. Il loro rapporto è sempre stato più di una semplice amicizia, fin dalla prima puntata di Friends (1994), quando la viziatissima Rachel entra in scena per la prima volta, indossando ancora il vestito da sposa e in fuga dal suo matrimonio. Lo sguardo di Ross  aveva già detto tutto il resto. Un serie indimenticabile, tra le più celebri e celebrate della televisione, forse una delle prime ad avere una fanbase talmente affezionata da sperare che, post Pitt, Jennifer Aniston avrebbe finalmente trovato il vero grande amore in David Schwimmer. Rivedere Friends oggi è una boccata di ossigeno, una serie leggera, sempre divertente, un tuffo nostalgico negli anni d’oro della tv.

    Jack e Rose (“Titanic”)

    La storia più strappalacrime nella storia del cinema, una frase scolpita nella pietra, “Ti fidi di me?”. Una coppia nata tra le cabine e la pancia del Titanic, tra ritratti alla francese e una colonna sonora indimenticabile, e se non fosse stato per quella maledetta porta… Jack e Rose rappresentano l’amore romantico come poche altre coppie viste sul grande schermo, un amore che sfida ostacoli insormontabili, iceberg compreso. Leonardo DiCaprio e Kate Winslet riuscirono a dar vita ai loro personaggi, a viverne e ritrarne le emozioni più profonde, e non è un caso che negli anni ‘90 fossero in tanti a sperare in una coppia anche fuori dal set, Jack e Rose avevano conquistato il mondo. Titanic (1997) è il film con cui James Cameron ha ridefinito il colossal, un titolo che a quasi trent’anni di distanza dalla sua uscita continua a lasciare a bocca aperta e a commuovere come pochi altri lavori hanno saputo fare. Da vedere e rivedere, 3 ore di cinema allo stato puro, preparate i fazzoletti per l’ultima scena, l’entrata nella sala da ballo in fondo all’oceano è da pelle d’oca.

    Hermione Granger e Ron Weasley (“Harry Potter”)

    Un amore nato tra i banchi di scuola, tra l’ora di Pozioni e quella di Difesa contro le arti oscure. Ron Weasley e Hermione Granger sono quella coppia che all’inizio sembrava impossibile ma che, riguardando la saga oggi, era già scritta fin dal primo treno per Hogwarts. Lui insicuro, goffo, il caos fatto a maghetto; lei determinata, brillante, un tantino puntigliosa. Apparentemente agli opposti, ma si sa che gli opposti… completate voi il resto della frase, se esiste un modo di dire c’è sempre un motivo. Un bacio che arriva soltanto nella parte seconda di Harry Potter e i Doni della Morte (2011), ma che già aveva mandato in tilt i fan dei best seller scritti da J.K. Rowling, tra chi amava la coppia e chi proprio non li poteva vedere, tra chi sperava che Emma Watson e Rupert Grint si mettessero insieme anche fuori dalla saga, e chi alla coppia avrebbe lanciato un Avada Kedavra. Con il primo capitolo uscito nel 2001, Harry Potter è uno dei franchise più amati da generazioni di spettatori, che ancora oggi incanta come la prima volta, tanto che il re-watch annuale è per molti una tradizione, perfetta per il periodo delle feste.

    Ennis e Jack (“Brokeback Mountain”)

    Storie più tormentate, più "impossibili", più infuocate di questa ce ne sono davvero poche. Con Brokeback Mountain (2005) l’amore proibito entra nel mondo dei cowboy, con un film che di western ha pochissimo, ma che fu tra i primi a portare a questi livelli di profondità tematiche mai trattate prima, almeno non così. Due personaggi consumati dal senso di colpa per essere se stessi, per la passione che gli brucia dentro in un mondo cieco e incapace di accettarli. La storia di Ennis e Jack provocò clamore, l’Oscar alla regia pure, gli stessi Heath Ledger e Jake Gyllenhaal rimasero profondamente segnati dai loro personaggi, la loro scena di sesso rimane una delle più realistiche mai viste. Vedere questa ship nel mondo reale sarebbe stato forse impossibile, ma il modo in cui i due attori interpretarono la parte ha un significato che va oltre quello che poi è effettivamente stato. Brokeback Mountain è un film crudo, non per tutti, ma consigliato a chi cerca una storia intensa, capace di parlare (eccome) anche alla società in cui viviamo oggi.

    Chuck e Blair (“Gossip Girl”)

    Dylan e Brenda di Beverly Hills, 90210 (1990), Joey e Pacey di Dawson’s Creek (1998), Ryan e Marissa di The O.C. (2003), fino ad arrivare ai giorni nostri con Noah e NicK di È colpa mia? (2023). Di ship simbolo dei teen drama ce ne sono parecchie, tutte memorabili ognuna a suo modo, ma se dovessimo sceglierne una a rappresentare tutto il genere… beh non ci sarebbero dubbi. Cattivissimi, firmatissimi, invidiatissimi, i belli e maledetti dell’Upper East Side di Manhattan, tra festini esclusivi e sfilate di moda. Una storia tormentata, fatta di continui tira e molla, Chuck e Blair sono la coppia che incarna in pieno lo spirito di Gossip Girl (2007), la storia d’amore che a un certo punto diventò più importante della trama stessa. Un amore partito quasi inaspettato, in segreto, cresciuto insieme ai suoi personaggi, fino all’apice finale. A volte eccessivo, altre ancora di più, ma da questa serie non bisognava aspettarsi altro. Perfetta se siete alla ricerca di guilty pleasure con cui trascorrere le serate invernali, un tuffo nella nostalgia dei primi anni ‘2000 e in una New York fatta di sfarzo, MET Gala e vendette servite dentro un martini ghiacciato. 

    Tony Stark e Pepper Potts (“Iron Man”)

    Un CEO e la sua assistente, ma qui non c’è nessun concerto dei Coldplay e nessun video virale, e chissà che polverone dato che sul palco cantava l’ex marito di Gwyneth Paltrow, l’attrice che interpreta Pepper Potts, che insieme a Tony Stark forma la coppia più amata dell’universo Marvel. Un amore che nasce in Iron Man (2008) per poi crescere  fino all’apice del capitolo finale uscito nel 2019, The Avengers Endgame (no spoiler!). Una coppia brillante, carismatica, elegantissima, se Gwyneth Paltrow e Robert Downey Jr. si fossero messi insieme anche fuori dallo schermo avrebbero potuto far impallidire anche i Brangelina dei tempi migliori. La loro storia nasce con il film che inaugurò l’ascesa Marvel nella cultura pop contemporanea, e rivederlo oggi è interessante per riscoprire il capitolo da cui tutto è partito, il titolo che ha ridefinito per sempre il supereroe al cinema.

    Adele e Emma (“La vita di Adele”)

    Anche qui un film che fece scandalo, ma questa volta non per la storia d’amore tra le due protagoniste, ma per il realismo con cui quell’amore viene raccontato. La vita di Adele (2013) è uno dei rari casi in cui la traduzione italiana del titolo, seppur storpiata rispetto all’ originale Blue is the Warmest Color, riesce a dire tanto del film. Adele è ritratta così com’è, una ragazza come tante, sospesa tra insicurezze e alla ricerca della propria identità, e che in Emma trova un amore incerto, idealizzato, passionale e disperato. Una storia raccontata senza filtri, con inquadrature a volte eccessive e iper-realiste, “figlie” dell’eredità di un certo cinema francese. Il film fece (ovviamente) discutere, e non poco, le stesse Léa Seydoux e Adèle Exarchopoulos presero le distanze dal regista Abdellatif Kechiche, scoprire certe dinamiche sul set distrusse il sogno di una ship vera e propria, sperata da tanti spettatori. La vita di Adele è un film crudo ma tenero allo stesso tempo, tuttavia può essere una visione non adatta a tutti, proprio per lo stile con cui è raccontata la storia della sua protagonista.

    Rue e Jules (“Euphoria”)

    Schiacciare Euphoria (2019) all’interno del genere teen sarebbe riduttivo, e non soltanto perché questa è la serie che ha consacrato alcuni tra gli attori e attrici attualmente più ricercati a Hollywood, da Zendaya a Jacob Elordi, da Sydney Sweeney a Hunter Schafer. Questa serie riprende i toni di Skins (2007), ma li porta su un altro piano, ancora più realistico, ancora più amaro. Nonostante il target di questo titolo sia principalmente il pubblico giovane, la storia tra Rue e Jules non si limita a raccontare l’amore di due adolescenti, ma diventa una lente attraverso cui guardare la depressione della protagonista, raccontata lentamente, nei suoi gesti più nascosti e per questo drammatici. Certo, dispiace per Tom Holland, ma alzi la mano chi non avrebbe voluto vedere concretizzarsi la ship tra Schafer e Zendaya anche al di là della serie. In attesa dell’arrivo della terza stagione, programmata per il 2026, riguardare Euphoria significa osservare un ritratto delle nuove generazioni, senza filtri, un racconto importante perché tra i più efficaci per comprendere temi delicati di cui è importante continuare a parlare, anche attraverso lo schermo.

  • “Mamma ho perso l’aereo” e altri 9 film che non ci stancheremo mai di guardare a Natale

    “Mamma ho perso l’aereo” e altri 9 film che non ci stancheremo mai di guardare a Natale

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Sì, sono titoli che conosciamo a memoria. Recitiamo le battute, sempre uguali eppure sempre capaci di commuoverci o divertirci. Film che abbiamo visto e rivisto, ogni volta come se fosse la prima volta. Appena le temperature calano, riecco l'irrefrenabile voglia di film di Natale. Perché diciamolo: le Feste non sarebbero le stesse senza quelle pellicole che, anno dopo anno, tornano puntuali a farci ridere ed emozionare.

    Film diventati dei veri e propri rituali: prima da noleggiare in VHS, e ora da (ri)trovare sulle varie piattaforme. La lista è ovviamente lunga: da classici come Il Grinch a titoli alternativi come Batman – Il ritorno. Senza dimenticare l'animazione per tutta la famiglia: da Gli eroi del Natale (2017) a Polar Express (2004) e Klaus – I Segreti del Natale (2019).

    Se addobbate l'albero già a ottobre e la Xmas Playlist è già in loop, JustWatch ha stilato una classifica dei 10 film che non ci stancheremo mai di guardare a Natale.

    10. L'amore non va in vacanza (2006)

    La neve, i biscotti allo zenzero e un film capace di accendere il nostro lato più romantico. L'amore non va in vacanza racconta in 130 minuti la storia di due donne – una americana e l'altra britannica - che, stanche delle loro vite, decidono di scambiarsi casa per le festività. Quello che trovano è la possibilità di ricominciare.

    Protagonista, un poker di grandissimi: Cameron Diaz, Kate Winslet, Jude Law e Jack Black. Anno dopo anno, il film di Nancy Meyers ci regala la stessa sensazione: anche nei momenti più complicati, il Natale può aprire porte gigantesche. Se per te non è festa senza Natale all’improvviso (2015), allora devi vedere L'amore non va in vacanza.

    9. Miracolo nella 34ª strada (1994)

    Un classico che attraversa generazioni su generazioni, anche per merito dei passaggi televisivi. La storia della bambina che vuole credere nell’esistenza di Babbo Natale e dell’uomo che potrebbe davvero esserlo. Una favola senza tempo in bilico tra fede, speranza e fiducia. Sullo sfondo, una Manhattan addobbata a festa.

    Miracolo nella 34ª strada di Les Mayfield non ha bisogno di effetti speciali per scaldare, puntando tutto sulla delicatezza, sull'emotività e sulla bravura dei protagonisti, Richard Attenborough e Elizabeth Perkins. Il film di Natale perfetto da vedere con tutta la famiglia. Se ti sei emozionato con i buoni sentimenti de La vita è meravigliosa (1946), allora ti commuoverai con Miracolo nella 34ª strada.

    8. Nightmare Before Christmas (1993)

    Un cult che sfida generi e categorie, in appena 76 minuti. Con una domanda: ma Nightmare Before Christmas è un film di Halloween o di Natale? Scegliete voi. Da un'idea di Tim Burton, Henry Selick ci regala un mondo gotico e affascinante dove Jack Skeletron, stanco della cupezza di Halloween Town, decide di “prendersi il Natale”. Come? Rapendo Santa Claus!

    Atmosfere uniche, canzoni memorabili e l'alternanza tra luce e ombra ne fanno un titolo che non smette di incantare. Ideale per chi ama il Natale che inizia già a ottobre. Se La sposa cadavere (2005) ti fa battere il cuore, l'animazione in stop-motion di Nightmare Before Christmas fa al caso tuo.

    7. Batman Returns (1989)

    Batman e il Natale, grande accoppiata. Se il fumetto Batman: Noël del 2011 immaginava l’Uomo Pipistrello in versione Scrooge, Tim Burton apre Batman – Il ritorno con una sequenza magistrale: Oswald Cobblepot, il futuro Pinguino di Danny De Vito, nato deforme e malvagio, viene abbandonato nelle acque dell'Hudson durante la notte della Vigilia.

    E non finisce qui: nelle due ore di durata c'è un'altra grande scena, ovvero l'illuminazione dell'albero addobbato in una Gotham City mai così dark. Un film senza tempo per un Christmas movie alternativo. Se hai apprezzato i toni più colorati di Batman Forever (1995), apprezzerai anche quelli più oscuri di Batman – Il ritorno. Due facce della stessa medaglia. 

    6. Trappola di cristallo (1988)

    “Yippee ki yay”! Una frase divenuta leggenda, tanto quanto il ritornello di Jingle Bells. Non c'è dubbio, Trappola di cristallo, oltre ad aver riscritto il senso degli action movie, è tra le pellicole di Natale da non perdere.

    Tensione, adrenalina, battute fulminanti e un'iconica canottiera bianca: in 132 minuti l'icona dura e pura di John McClane affronta un gruppo di terroristi durante la festa aziendale della Vigilia, tra decorazioni e canzoni natalizie. Per molti fan, il Natale non è Natale senza rivedere Bruce Willis in azione. Se gli action movie in stile Impatto imminente (1993) ti elettrizzano, non puoi non rivedere un cult come Trappola di cristallo.

    5. Elf (2003)

    Il talento comico di Will Ferrell per un altro grande irrinunciabile classico natalizio. Senza dubbio, il titolo più allegro della nostra lista. L'attore interpreta Buddy, un uomo cresciuto come un elfo al Polo Nord, che decide di andare a New York alla ricerca delle sue origini. Elf di Jon Favreau in 97 minuti miscela zucchero, ottimismo e umorismo.

    La forza del film? Non si prende mai troppo sul serio riuscendo però a trasmettere un messaggio potente: crescere non significa perdere l'immaginazione. Tutt'ora, uno dei titoli natalizi più amati e citati. Se hai adorato ridere con Noelle (2019), allora amerai Elf.

    4. Il Grinch (2000)

    Siete allergici alle Feste? La comicità di Jim Carrey prova a farvi cambiare idea in un classico di inizio Millennio. Diretto da Ron Howard e ispirato al libro di Dr. Seuss, l'essere verde e brontolone più famoso del cinema ritrova il suo momento di gloria ogni dicembre.

    Dietro a Il Grinch c'è una storia dalla durata di 105 minuti, che miscela umorismo, scenografie spettacolari e un messaggio mai banale: non importa quanto tu voglia sottrarti allo spirito natalizio, prima o poi troverà un modo per scaldarti (facendoti sorridere). Se ti sei divertito con la versione animata del 2018, amerai il film con Jim Carrey.

    3. Una poltrona per due (1983)

    Per molti italiani, non è Vigilia di Natale senza Eddie Murphy e Dan Aykroyd, che si scambiano il ruolo come se fossero Il principe e il povero. Una commedia degli equivoci che mescola critica sociale e comicità irresistibile, diventata un inspiegabile rituale televisivo.

    Ma attenzione: Una poltrona per due di John Landis non è solo una commedia simbolo degli anni Ottanta ma anche una interessante e alternativa disamina sul Capitalismo americano. Due ore di durata per la visione obbligatoria che accompagna ogni cena di Natale. Se The Blues Brothers (1980) è il tuo film preferito, non puoi non rivedere Una poltrona per due.

    2. Mamma ho perso l’aereo (1990)

    Forse, il titolo natalizio per eccellenza. Merito del passaparola, merito degli anni Novanta, merito delle VHS noleggiate al Blockbuster sotto casa. La storia di Kevin McCallister (Macaulay Culkin), lasciato accidentalmente a casa dalla sua famiglia in partenza per le vacanze, è diventata un mito per diverse generazioni.

    Tra trappole ingegnose, ladri improbabili e una colonna sonora di John Williams, Mamma, ho perso l’aereo di Chris Columbus incarna perfettamente lo spirito dei film delle Feste: avventura, risate e un pizzico di amarissima malinconia. Tutto concentrato in 100 minuti. Una certezza che resiste al tempo. Se ti è piaciuta la versione del 2021 Home Sweet Home Alone - Mamma, ho perso l'aereo, amerai la pellicola del 1990.

    1. Love Actually (2003)

    Dalla geniale penna di Richard Curtis un mosaico di storie intrecciate che parlano d’amore in tutte le sue forme: romantico, familiare, tradito, buffo, imperfetto. Love Actually è diventato un appuntamento fisso perché in due ore riesce a catturare l’essenza del Natale come momento in cui facciamo i conti con i nostri sentimenti.

    Impreziosito da un cast all-star – Hugh Grant e Emma Thompson, Alan Rickman e Colin Firth – il film è tra le migliori commedie mai realizzate. Le scene cult – dalla dichiarazione con i cartelli al discorso del Primo Ministro Britannico – hanno riscritto l'immaginario collettivo. Un'opera che scalda il cuore come fosse una tazza di cioccolata calda. Se le rom-com in stile Last Christmas (2019) sono il tuo genere preferito, allora non perdere l’opera del regista inglese.

  • “Zootropolis 2” e altri 10 film con animali parlanti che anche gli adulti ameranno (senza vergognarsi!)

    “Zootropolis 2” e altri 10 film con animali parlanti che anche gli adulti ameranno (senza vergognarsi!)

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Con Zootropolis 2 (2025) nelle sale, è tornata fortissima una verità che spesso facciamo finta di ignorare: gli adulti adorano i film di animazione con animali parlanti. E non si deve nemmeno più fingere che siano solo “per bambini”.

    Il successo del primo Zootropolis (2016) ha dimostrato che dietro un’estetica colorata possono nascondersi temi serissimi: discriminazione, pregiudizi, politica, libertà individuale. Insomma, tutto ciò che amiamo nel cinema “per grandi”, ma con più battute intelligenti, world-building fantastico e personaggi memorabili.

    Per questo motivo abbiamo raccolto 10 film con animali parlanti pensati sì per tutti, ma costruiti anche per conquistare un pubblico adulto, con humour sofisticato, sottotesti profondi e una cura visiva che ripaga ogni spettatore. Niente imbarazzo: questi titoli sono perfetti per una serata cinema piena di emozioni, risate e storie universali. E ora… pronti a scoprire i film che hanno molto più da dire di quanto sembri?

    1. Sing (2016)

    Sing è uno di quei film che parte come semplice divertimento musicale e finisce per colpire dritto al cuore di qualsiasi adulto. La storia del koala Buster Moon, deciso a salvare il suo teatro con un grande talent show, è in realtà una riflessione sull’ambizione, il fallimento, il lavoro creativo e la resilienza. Ogni animale-personaggio rappresenta una diversa insicurezza adulta: la madre sovraccarica che perde sé stessa tra famiglia e sogni, l’adolescente timida con talento soffocato dall’ansia, il criminale che desidera una seconda possibilità. L’animazione illumina le loro emozioni senza infantilizzarle, mentre la colonna sonora è uno dei maggiori punti di forza: reinterpretazioni di brani pop che trascinano chiunque. Sing funziona perché parla del coraggio di tentare, dell’amore per l’arte e della paura di non essere abbastanza, concetti che risuonano assai più negli adulti che nei bambini.

    2. Boxtrolls – Le Scatole Magiche (2014)

    Con la sua stop-motion inconfondibile e il suo humour corrosivo, Boxtrolls è una delizia per chi ama film d’animazione che non trattano lo spettatore come un bambino. La storia ruota attorno a una comunità di creaturine gentili che vivono sotto terra, perseguitate da un villain ossessionato dallo status sociale e dai cappelli – sì, proprio così. Dietro l’aspetto eccentrico, il film racconta in maniera acuta temi come l’emarginazione, la propaganda, la manipolazione della paura e l’ansia di apparire “rispettabili” a ogni costo. Adulti e cinefili troveranno nella regia della Laika un’estetica ricca, artigianale e volutamente imperfetta, molto più sofisticata della CGI standard. È un film ironico, socialmente pungente e visivamente straordinario: perfetto per chi ama l’animazione intelligente e politicamente affilata, con creature adorabili che parlano meno degli umani… ma dicono molto di più.

    3. L’isola dei cani (2018)

    Wes Anderson firma L’isola dei cani, un film che sembra una fiaba moderna, ma con uno humour surreale e malinconico che parla direttamente agli adulti. Ambientato in un futuro distopico dove i cani sono stati esiliati su un’isola-discarica a causa di una finta pandemia, il film segue un ragazzino alla ricerca del suo amato cane. Ogni animale ha una personalità sfaccettata, una voce memorabile (il cast vocale è impressionante: Bryan Cranston, Jeff Goldblum, Scarlett Johansson, Tilda Swinton) e un ruolo nella critica sociale che Anderson costruisce: politica corrotta, fake news, propaganda, disuguaglianze. Visivamente è un’opera d’arte in stop-motion, con dettagli maniacali che invogliano a riguardarlo mille volte. È uno di quei film che un adulto può rivedere da solo, senza alcun pretesto “family”, e che anzi colpisce più profondamente proprio chi conosce le asperità del mondo reale.

    4. Madagascar 3: Ricercati in Europa (2012)

    Tra tutti i capitoli della saga, Madagascar 3 è il film che più parla agli adulti. È una storia di fuga, identità e seconde possibilità, travestita da commedia colorata. Gli animali del Central Park Zoo finiscono in un circo itinerante e, mentre tentano di tornare a casa, si scontrano con scelte di vita, desideri repressi e paure personali. Il film è incredibilmente maturo nel modo in cui riflette sul bisogno di appartenenza e sull’idea di reinventarsi. L’estetica circense poi è folle, psichedelica, quasi da musical sperimentale, con numeri visivi che ricordano Broadway più che un cartone. A questo si aggiunge un villain straordinario, la spietata Chantel DuBois, che offre alcune delle scene più esilaranti dell’intero franchise. È uno dei film DreamWorks più adulti e sorprendenti.

    5. Fantastic Mr. Fox (2009)

    Ancora Wes Anderson, ancora stop-motion, ancora animali parlanti che incarnano nevrosi profondamente umane. Fantastic Mr. Fox è una gemma: elegante, ironico, malinconico, con dialoghi rapidi e intelligenti che sembrano scritti per un pubblico adulto con un debole per l’assurdo. La storia segue Mr. Fox, un ex ladro che tenta di vivere una vita “normale” per la sua famiglia, salvo ricadere nella tentazione dell’avventura. È un film che parla di crisi di mezza età, responsabilità, dominio dell’ego, compromessi matrimoniali – tutti temi irresistibili per un pubblico adulto. L’animazione artigianale, volutamente ruvida, dà un fascino unico alla narrazione. È un film che diverte i bambini, ma che conquista davvero gli adulti con la sua intelligenza e la sua profondità emotiva.

    6. La Collina dei Conigli – Watership Down (1978)

    Basato sul romanzo di Richard Adams, La collina dei conigli – Watership Down è probabilmente il film di animazione più adulto mai realizzato con protagonisti animali parlanti. Dimentica le atmosfere morbide dei film per famiglie: qui trovi violenza, politica, ecologia, spiritualità e una delle rappresentazioni più dure della sopravvivenza. I conigli non sono “carini”: sono esseri senzienti che affrontano guerre territoriali, profezie e la minaccia dell’estinzione. L’animazione anni ’70, con le sue tinte acquerellate e le scene crudissime, amplifica la sensazione di assistere a qualcosa di epico e tragico. È un film che colpisce profondamente proprio gli adulti, perché parla di comunità, sacrificio e perdita con una serietà rara nell’animazione. Chi lo guarda da grande lo capisce davvero.

    7. Robin Hood (1973)

    Uno dei classici Disney più amati dagli adulti, anche più che dai bambini. Robin Hood trasforma la celebre leggenda inglese in una fiaba elegante abitata da animali antropomorfi, ma non alleggerisce i temi: tasse oppressive, ingiustizie sociali, ribellione contro un governo corrotto. La scelta degli animali-personaggio – volpi astute, leoni tirannici, lupi burocratici – ricorda la tradizione delle satire politiche. L’umorismo è intelligente, la musica memorabile, le dinamiche romantiche sincere. È un film che molti riscoprono da adulti rendendosi conto di quanto sia sottilmente politico, e quanto abbia influenzato generazioni di narratori. Perfetto per chi vuole una fiaba con un’anima ribelle.

    8. Galline in fuga (2000)

    Il primo Galline in fuga è una fuga carceraria travestita da film per famiglie. Uno dei capolavori della Aardman, racconta una colonia di galline che tenta la fuga da una fattoria-lager gestita da una proprietaria crudissima. L’umorismo è brillante, il ritmo eccellente e le citazioni al cinema carcerario e a La grande fuga renderanno la visione irresistibile per gli adulti. Dietro il tono leggero, però, si nasconde una vera riflessione sulla libertà, l’oppressione e il coraggio collettivo. I personaggi – dalle galline combattive al gallo fanfarone – sono scritti con una profondità sorprendente. È un film che si apprezza sempre di più con l’età.

    9. La fattoria degli animali (1954)

    Uno dei film animati più maturi e politicamente taglienti mai realizzati, La fattoria degli animali porta in scena l’allegoria di George Orwell con sorprendente forza visiva. Gli animali della fattoria parlano, complottano, si organizzano e lottano contro l’oppressione umana… per poi replicare esattamente le stesse dinamiche di potere, manipolazione e ingiustizia.

    La scelta dell’animazione, tutt’altro che “infantile”, amplifica la potenza del racconto: il film diventa una parabola universale su come le rivoluzioni possono degenerare e su come il potere corrompa chiunque lo detenga. Gli adulti coglieranno ogni sfumatura politica, dai riferimenti al totalitarismo alle derive propagandistiche, mentre i più giovani resteranno affascinati dall’atmosfera cupa e insolita.

    La fattoria degli animali è essenziale per chi ama l’animazione che non ha paura di essere scomoda, ambiziosa e profondamente umana – pur avendo protagonisti animali.

    10. Pom Poko (1994)

    Unico, poetico e profondamente adulto: Pom Poko dello Studio Ghibli è una metafora ambientalista travestita da epopea di tanuki parlanti. Il film racconta la lotta di un gruppo di creature del bosco che tenta di salvare il proprio habitat dalla distruzione urbanistica. Pur popolato da animali buffi e metamorfici, Pom Poko parla di colonialismo, perdita culturale, estinzione e resistenza contro un sistema moderno che divora tutto. I toni oscillano dal comico al tragico, come in molte grandi opere di Ghibli, e il risultato è un film che emoziona più gli adulti per la sua malinconia e profondità politica. È uno dei film più maturi in assoluto con animali parlanti, e uno dei più importanti da riscoprire oggi.

  • Merry Creepmas! I 10 migliori film horror a tema natalizio

    Merry Creepmas! I 10 migliori film horror a tema natalizio

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Benvenuti nel meraviglioso, inquietante mondo del Creepmas: quella tradizione alternativa che mescola il clima festivo del Natale con l’oscurità dell’horror. Nata come risposta ironica all’eccesso di zucchero e buonismo natalizio, la cultura Creepmas celebra tutto ciò che è macabro, grottesco e spaventosamente divertente… ma con fiocchi di neve, lucine colorate e renne che forse non sono solo renne.

    Dai mostri sotto l’albero ai serial killer travestiti da Babbo Natale, fino alle leggende del folklore invernale che mettono i brividi più di un vento artico, il Creepmas rappresenta il lato oscuro delle feste – quello che ci ricorda che, sotto la superficie brillante, il Natale è anche un rituale antico, carico di miti, paure e figure spaventose.

    In un periodo dell’anno in cui abbondano commedie romantiche e film per famiglie, gli horror natalizi diventano un antidoto perfetto per chi cerca qualcosa di diverso: cattivo, irriverente, liberatorio. Ecco dunque i 10 migliori film horror a tema natalizio, dalle gemme di culto ai successi moderni. Preparati: sotto questo albero non c’è nessun regalo innocuo!

    1. Krampus (2015)

    Krampus è il re indiscusso del Creepmas moderno. Diretto da Michael Dougherty, il film trasforma la tradizione mitologica del Krampus – la creatura demoniaca che punisce i bambini cattivi – in una farsa horror sorprendentemente intelligente. Ambientato in una tipica famiglia americana che trascorre un Natale disfunzionale, il film parte come una dark comedy e prosegue verso un incubo sempre più fantasioso, pieno di pupazzi animati, giocattoli posseduti e demoni natalizi. Il merito di Krampus è la capacità di unire humour e orrore senza mai perdere il cuore emotivo: è un film sulla frustrazione, sulla perdita dello spirito natalizio e su ciò che succede quando la speranza scompare. Visivamente spettacolare, ricco di creature meravigliose, è ormai un classico delle feste per gli amanti del genere.

    2. Silent Night, Deadly Night (1984)

    Se hai sempre sospettato che ci fosse qualcosa di inquietante nel sorriso di Babbo Natale, Silent Night, Deadly Night confermerà ogni tuo timore. Il film segue Billy, un ragazzo traumatizzato da un’aggressione subita da bambino, che da adulto si ritrova a lavorare in un negozio di giocattoli… e a vestire i panni di Santa Claus. Peccato che quella divisa scateni in lui un’ondata di violenza. Contestato all’uscita, accusato di “distruggere il Natale”, oggi è un cult fondamentale dell’horror slasher. È grezzo, nevrotico, viscerale, e rappresenta una delle letture più feroci della figura di Babbo Natale. Al di là dello shock, il film funziona perché racconta una spirale psicologica credibile, fatta di traumi infantili e di un’America che non sa cosa farsene dei suoi emarginati.

    3. Black Christmas (1974)

    Precedente alle glorie di Halloween (1978) e Venerdì 13 (1980), Black Christmas è uno dei veri padri fondatori del moderno slasher. La storia è ambientata in una confraternita universitaria durante le vacanze di Natale, dove un misterioso killer si intrufola nella casa e inizia a perseguitare le ragazze con telefonate disturbanti. La forza del film sta nella sua capacità di creare tensione quasi esclusivamente attraverso l’atmosfera: luci soffuse, interni domestici, la sensazione che il pericolo sia già dentro casa. Margot Kidder e Olivia Hussey guidano un cast solido e la regia di Bob Clark costruisce un senso di inquietudine crescente che resiste perfettamente dopo cinquant’anni. Black Christmas non è solo un classico dell’horror natalizio, ma è uno dei migliori slasher mai realizzati.

    4. Better Watch Out (2017)

    Better Watch Out parte come un tipico film natalizio con babysitter e casa addobbata… e poi spiazza totalmente lo spettatore con un twist brutale che trasforma la storia in un home invasion disturbante e psicologicamente feroce. Uno dei grandi punti di forza del film è il modo in cui ribalta i tropi: niente è come sembra, nessuno è veramente innocente. Le dinamiche tra i personaggi sono scritte con precisione chirurgica, e l’ambientazione natalizia diventa ironicamente il palcoscenico di una violenza quasi teatrale. 

    Pur ricevendo molte recensioni positive, Better Watch Out è rimasto sottovalutato e poco visto dal grande pubblico. Meriterebbe invece un posto accanto ai migliori film di tensione degli anni 2010, soprattutto per il suo villain giovane e terribilmente realistico.

    5. Trasporto eccezionale (2010)

    Se vuoi un film natalizio davvero originale, Trasporto eccezionale – proveniente direttamente dalla Finlandia – è la scelta perfetta. Ambientato nelle foreste ghiacciate della Lapponia, il film immagina che Babbo Natale non sia un vecchio gentile, ma un’entità ancestrale e terrificante imprigionata da secoli sotto una montagna. Quando un gruppo di ricercatori la libera accidentalmente, l’incubo comincia. Il film mescola folklore locale, humour nero e creature da fiaba oscura, creando un horror natalizio unico. È anche una storia di formazione, con un protagonista bambino che deve confrontarsi con un orrore più grande di lui. Trasporto eccezionale ha una costruzione visiva straordinaria e un tono che oscilla tra il dark fantasy e l’horror puro. È diventato un cult per chi cerca qualcosa di diverso dai soliti cliché.

    6. The Lodge (2019)

    The Lodge non è un horror natalizio “tradizionale”, ma è impossibile non considerarlo un titolo Creepmas: atmosfera glaciale, isolamento, senso di colpa e una casa nel bosco addobbata per le feste dove nulla è ciò che sembra. Il film delle sorelle Severin segue una donna che cerca di creare un rapporto con i due figli del compagno durante un soggiorno natalizio in un rifugio innevato. Bloccati da una tempesta, iniziano a verificarsi eventi inquietanti che mettono in dubbio la sanità mentale di tutti. Claustrofobico, disturbante, costruito come un lento avvelenamento psicologico, The Lodge è un horror da brividi interiori più che esterni. Perfetto per chi ama il lato più cupo del Natale: quello in cui le lucine non servono a dissipare il buio, ma a renderlo più evidente.

    7. Anna and the Apocalypse (2018)

    Un musical natalizio… con gli zombie. Anna and the Apocalypse è un risultato sorprendente: una commedia horror energica, brillante, piena di numeri musicali orecchiabili e sangue a secchiate. La storia segue un gruppo di studenti che, durante le feste, deve affrontare un’epidemia improvvisa. Il film riesce a essere divertente, commovente e a suo modo persino poetico: tra un assolo pop e una mazzata in testa agli zombie, si parla di crescita, perdita e amicizia. 

    È un titolo unico nel panorama horror, capace di catturare l’atmosfera natalizia senza per questo rinunciare alla violenza e al caos. Nonostante la sua qualità e originalità, è rimasto un piccolo cult ancora da scoprire. Perfetto per chi vuole un Creepmas energico e fuori dagli schemi.

    8. Christmas Evil (1980)

    Considerato da molti registi (tra cui John Waters) come uno dei migliori horror natalizi mai realizzati, Christmas Evil è un film sorprendentemente psicologico per il periodo. Racconta di un uomo ossessionato dallo spirito del Natale che, dopo una serie di delusioni e frustrazioni personali, scivola lentamente nella follia e decide di “punire” chi non rispetta la magia natalizia. Il film è inquietante proprio perché non punta sull’orrido visivo, ma sulla discesa mentale del protagonista: una sorta di Taxi Driver (1976) natalizio, dove la città illuminata diventa un carosello di ipocrisie e solitudine. L’atmosfera è malinconica, i personaggi complessi, il ritmo volutamente lento. Non è uno slasher tradizionale, ma un ritratto psicologico degno di nota e un perfetto esempio di Creepmas “tragico”.

    9. A Christmas Horror Story (2015)

    Antologia horror perfetta per chi ama ricevere più regali (spaventosi) alla volta. A Christmas Horror Story intreccia diverse storyline: una presenza maligna in una scuola, una famiglia alle prese con un Krampus furioso, una leggenda oscura che torna a perseguitare i membri di una cittadina innevata e persino un Santa Claus che affronta un’orda di elfi zombie. Il film mescola ironia e terrore con abilità, creando un mood natalizio distorto e piacevolmente macabro. Non tutte le storie sono allo stesso livello, ma l’insieme funziona e cattura pienamente l’essenza del Creepmas: il contrasto tra lucine, neve e incubi. Una chicca per chi cerca varietà e una playlist di paure natalizie da gustare in una sola notte.

    10. Dead End - Quella strada nel bosco (2003)

    Ambientato durante un viaggio natalizio in auto, Dead End - Quella strada nel bosco è un horror psicologico minimalista che sfrutta al massimo l’isolamento e la ripetizione. Una famiglia in viaggio verso il cenone prende una scorciatoia in mezzo al bosco… e da lì inizia un loop di incontri inquietanti, apparizioni misteriose e morti inspiegabili. Il film ha un’atmosfera quasi da racconto del terrore alla Ai confini della realtà (1959 - 1963), con un uso magistrale della notte e della strada deserta. 

    Non è un titolo ad alto budget, ma proprio la sua semplicità lo rende memorabile: è un incubo da automobile, una storia di famiglia disfunzionale che si sfalda sotto la pressione del sovrannaturale. Perfetto per una notte di Creepmas in stile “strada buia e niente via di fuga”.

  • Frenesia da Black Friday? Guarda questi 10 film contro il consumismo!

    Frenesia da Black Friday? Guarda questi 10 film contro il consumismo!

    Alessandro Zaghi

    Alessandro Zaghi

    Editor a JustWatch

    Il Black Friday è ormai diventato un appuntamento fisso anche in Italia. Ogni anno, quando arriva la fine di novembre (nel 2025 cadrà il 28 novembre) iniziano le code online, le wishlist, le notifiche “solo per oggi”. È una giornata che racconta molto del nostro tempo, l’idea che lo shopping sia una festa, che l’acquisto sia un momento di gratificazione, quasi un rito collettivo.

     Per alcuni è un gioco, per altri un’occasione per risparmiare, ma a un certo punto una domanda sorge spontanea: cosa rappresenta davvero tutto questo nella nostra cultura?

    Per rispondere, il cinema è un osservatorio privilegiato. Non perché “condanni”, ma perché osserva, analizza, amplifica ciò che già esiste. I film che abbiamo raccolto in questa lista non parlano solo di soldi, sconti o vetrine, ma di come il consumo influenzi i rapporti, la percezione di sé, l’idea di successo e perfino di felicità. Alcuni lo fanno con ironia, altri con distopia, altri ancora con toni intimi e familiari. Sono storie che non tolgono il gusto di un buon affare o di un regalo, ma aiutano a guardare il tema da un’altra prospettiva. E forse, prima di riempire il carrello, ricordarci che la parte interessante non è ciò che compriamo, ma ciò che ci porta a farlo.

    Zombi (1978)

    Un classico dell’horror, ma con tanta, tantissima, satira e critica sociale. In Zombi Romero ambienta l’apocalisse dentro un centro commerciale, quasi fosse un preambolo degli anni ‘80 alle porte, il decennio in cui il consumismo contemporaneo ha preso definitivamente forma. Gli zombie vagano senza coscienza, ma quello che inquieta davvero è la loro abitudine a muoversi verso le vetrine, come se il loro ultimo istinto umano fosse lo shopping. Se amate le storie in cui l’horror non serve a spaventare ma a far sentire a disagio per quello che siamo diventati, qui c’è un capolavoro che anticipa tutto: la società delle merci, l’identità costruita sugli acquisti, l’illusione che circondarsi di oggetti equivalga a essere al sicuro. La satira che fa paura, uno specchio disturbante che ricorda Essi Vivono (1988) o La Cosa (1982), un film in cui gli zombie diventano l’autoritratto della società.

    Una poltrona per due (1983)

    Una poltrona per due sembra una commedia natalizia leggera, ma sotto la superficie c’è uno dei commenti più feroci sul consumismo. Basta spostare un uomo privilegiato ai margini della società e un uomo ai margini dentro il privilegio per mostrare quanto l’identità sociale, in un sistema economico come il nostro, non abbia nulla a che fare con chi siamo davvero. Quando Louis perde soldi perde anche rispetto, amicizie, credibilità. Quando Billy Ray diventa ricco diventa immediatamente “meritevole”, non perché sia cambiato ma perché ora possiede ciò che gli altri riconoscono come valore. È lo stesso meccanismo che anni dopo vedremo in The Wolf of Wall Street (2013), dove l’adorazione di un individuo coincide con la sua capacità di produrre ricchezza. In entrambi i casi le persone non vengono giudicate per carattere, etica o umanità, ma per patrimonio e status. La risata resta, ma a fine film ci si accorge che è una risata amara. Non si ride della cattiveria dei singoli, si ride dell’assurdità di un intero sistema.

    Brazil (2985)

    In Brazil il consumismo non è mostrato nei centri commerciali, ma nella burocrazia. Terry Gilliam immagina un futuro in cui non si obbedisce per paura, ma per comodità: il sistema funziona finché ciascuno accetta di compilare moduli, firmare autorizzazioni e vivere dentro un ordine che ha preso il posto della libertà. Il consumo non riguarda gli oggetti, ma le vite, rese più gestibili quando sono standardizzate, intercambiabili, prevedibili. Sam Lowry prova a fuggire attraverso i sogni, ma anche lì viene raggiunto dallo stesso meccanismo che governa la realtà, perché l’obbedienza non viene imposta, viene interiorizzata. È una distopia grottesca, a tratti comica, che osserva come la società occidentale sia capace di trasformare la rinuncia alla libertà in un servizio confortevole. Un film perfetto per chi ama le critiche sociali sottili alla Orwell 1984 (1984), ma restituite con i toni della commedia surreale, in stile Il Dottor Stranamore (1964) in cui il vero orrore non è la violenza, ma l’idea di accettarla purché tutto continui a “funzionare”.

    The Truman Show (1998)

    Prima ancora di parlare di reality show, The Truman Show parla di una vita costruita per vendere. Truman nasce dentro una pubblicità infinita, ogni relazione è un product placement, ogni giornata è pianificata per essere consumata dal pubblico. Il film porta in scena la società dei consumi, in particolare degli anni ‘90, dove la barriera tra schermo e spettatore si assottiglia sempre di più come a dire “siamo noi a guardare o è la televisione a guardare noi?”. Una storia per certi versi “comica”, perfetta la scelta di Jim Carrey, ma in cui il disagio avanza scena dopo scena, nel film come in chi lo guarda, trascinato suo malgrado dentro la trama. Un po’ Scissione (2022), un po’ Black Mirror (2011), questo film fu uno dei primi a trattare la spettacolarizzazione continua in cui viviamo, ma con toni leggeri, e per questo ancora più subdoli. «Buongiorno! E, casomai non vi rivedessi, buon pomeriggio, buonasera e buonanotte!».

    Matrix (1999)

    Una delle metafore più potenti mai costruite sul consumismo, Matrix è il film che ha trasformato la fantascienza in un’allegoria sulla schiavitù del consumismo. Le sorelle Wachowski immaginano un’umanità che vive dentro una realtà simulata, prodotta per tenerci buoni mentre il nostro corpo viene sfruttato come batteria. È spettacolare, rivoluzionario, disturbante nella sua verità: se tutto ciò che vediamo e desideriamo è costruito da un sistema che decide cosa è reale, quanto siamo davvero liberi? Un film che riprende le tematiche profonde della fantascienza più filosofica, da Asimov a Gibson, passando per titoli come Blade Runner (1982) o Ghost In The Shell (1995), storie in cui l’individuo scopre che la libertà era solo un’illusione ben disegnata. Un film perfetto per chi ama i toni più profondi ed etici del genere sci-fi.

    Fight Club (1999)

    In Fight Club il  consumismo è raccontato nella sua ineluttabilità, non come un nemico (impossibile da combattere) ma come anestetico, qualcosa che promette identità e senso di appartenenza, ma è una promessa che non potrà mai compiersi. Il protagonista non crolla perché compra troppo, crolla perché tutto quello che compra non gli restituisce niente. Ed è in questo senso che bisogna leggere il personaggio di Tyler Durden e la violenza che si porta dietro, come un grido d’aiuto, come una fuga disperata dall’apatia quotidiana. Un film potente, crudo, una domanda che suona ancora inquietante: “cosa resta della nostra identità oltre agli oggetti che compriamo?”. 

    American Psycho (2000)

    American Psycho  è la versione più lucida e brutale del consumismo come malattia dell’identità. Patrick Bateman non è un serial killer “nonostante” la sua ossessione per il lusso, lo è proprio a causa di quell’ossessione. Il mondo che lo circonda gli insegna che il valore umano coincide con il prezzo di un completo o la prenotazione nel ristorante giusto, in cui la violenza assume la forma di un decadentismo spietato, via d’uscita dalla noia. Un racconto brutale, in cui Christian Bale porta in scena la rappresentazione dell’individualismo estremo, un carnefice assetato di possesso ad ogni costo, ma dove il vero “mostro” è la società che lo ha creato nell'indifferenza totale.

    Wall-E (2008)

    Può sembrare una favola, un film per bambini, ma dentro il racconto di Wall-E c’è molto di più. Un pianeta ridotto a discarica, l’umanità intera “esiliata” su astronavi/centri commerciali, assorbita dentro spot infiniti, sospesa tra un prodotto e l’altro. Dietro la dolcezza del piccolo robot protagonista c'è la critica al mondo in cui viviamo, al consumismo sfrenato della nostra società, disposta a sacrificare tutto, l’ambiente in primis. È un film perfetto per una visione in famiglia, parla ai più piccoli ma anche agli adulti, sempre con toni morbidi e delicati, gli stessi che verranno poi ripresi anche in Lorax (2012), un altro titolo che tocca temi simili. Una storia di ecologia, di amicizia, un protagonista adorabile, la speranza finale di un mondo migliore. Consigliatissimo.

    Un affare di famiglia (2018)

    Un affare di famiglia parla di consumismo senza mostrarne il lato scintillante, ma quello invisibile, la storia di una famiglia costretta a rubare per sopravvivere. Piccoli oggetti, cibo, schiacciati da un mondo che misura il valore umano dal conto in banca, Shoplifters si chiede che cosa succede a chi resta fuori dal gioco. Non c’è vittimismo, né retorica, in primo piano rimane l’affetto e i piccoli gesti d’amore quotidiano con cui Kore-eda descrive i protagonisti, con la consueta eleganza che contraddistingue i lavori del regista giapponese. Un film delicato, che sussurra senza mai alzare la voce, di cui vi innamorerete se vi è piaciuto Perfect Days (2023). 

    Parasite (2019)

    In Parasite la storia di due famiglie diventa metafora sulla società del consumo, raccontata dal film premio Oscar in maniera spietata, come una distanza tra caste impossibile da colmare. Una casa luminosa, silenziosa, perfetta. Un seminterrato umido, stretto, invisibile. In mezzo c’è la scala, che Bong Joon-ho trasforma nell’immagine definitiva della distanza sociale, un po’ come aveva usato il treno in Snowpiercer (2013). È una satira, ma senza caricature. È un thriller, ma non cerca mai la spettacolarità, i toni sono iper realisti, asfissianti, quasi da romanzo russo. Il film parte con leggerezza, cambia tono lentamente, poi si incupisce senza sensazionalismi, in cui ogni passaggio serve a mettere a nudo un sistema più che i singoli personaggi. Non c’è morale da imparare, né un messaggio motivazionale. Rimane l’impressione di un confine sociale che tutti fingiamo di non vedere finché non si rompe.

  • “Sharknado”: la nostra classifica di tutti i film, dal peggiore al migliore

    “Sharknado”: la nostra classifica di tutti i film, dal peggiore al migliore

    Andrea Ballerini

    Andrea Ballerini

    Editor a JustWatch

    Dopo anni dall’ultimo film della saga, Sharknado Origins (2026) è pronto a riportare sullo schermo il mix improbabile che ha reso unico questo famigerato franchise: gli squali e i tornado. Sospendere ogni possibile concezione della realtà è fondamentale per lasciarsi trasportare nel mondo trash della creatura di Anthony C. Ferrante. Una volta fatto, però, i film di Sharknado saranno pane per i vostri denti se vi piace l’intrattenimento demenziale.

    In occasione dell’uscita del nuovo capitolo della saga, qui a JustWatch abbiamo redatto la nostra classifica di tutti i film di Sharknado. Li trovate qui sotto elencati dal peggiore al migliore in base alla creatività della trama, al fattore trash e al livello di ilarità. Forse non stiamo parlando di cinema d’autore, ma il franchise di Sharknado rimane qualcosa di imperdibile.

    6. L'ultimo Sharknado - Era ora! (2018)

    L'ultimo Sharknado - Era ora! doveva essere il tassello finale della saga, come si deduce già dal titolo. Come sappiamo, però, la magia folle dei tornado pieni zeppi di squali non poteva finire così. La pellicola del 2018 non conserva più l’originalità dei primi capitoli, essendo la sesta in sei anni consecutivi. Cercando di alzare ancora una volta l’asticella, L'ultimo Sharknado - Era ora! (2018) aggiunge il tema del viaggio nel tempo, sprecando però un’occasione. In 90 minuti i personaggi attraversano più di sette epoche, rendendo oltremodo caotica la trama. Speriamo che questi anni di pausa abbiano ricaricato la batteria creativa di Ferrante & co..

    5. Sharknado 4 (2016)

    Se non fosse per quel mezzo mappazzone di L'ultimo Sharknado - Era ora!, Sharknado 4 si ritroverebbe a essere il fanalino di coda. Anche se possiamo apprezzare il tentativo di trovare nuovi orizzonti per il concetto di “sharknado”, ovvero tornado di squali, il livello di assurdità che raggiunge il quarto capitolo è forse eccessivo. Anche per un film di Sharknado. Infatti, attacchi di squali iniziano a comparire ovunque nei modi più insensati, come tempeste di sabbia che portano con sé pescecani o squali nucleari. Sharknado 4 (2016) si ferma al quinto posto perché è comunque più divertente di molteplici viaggi temporali con squali all’attacco.

    4. Sharknado 5: Global Swarming (2017)

    In Sharknado 5: Global Swarming, i pericolosi tornado di squali escono dai territori nazionali e invadono il globo terrestre. Come per L'ultimo Sharknado - Era ora! (2018), siamo di fronte a un tour de force, con molteplici sequenze in diverse località del mondo nei classici 90 minuti. Tuttavia, essendo ambientato in un solo spazio temporale, Sharknado 5: Global Swarming (2017) appare più coeso a livello di trama. Se la computer grafica rimane, volutamente, di secondo livello, il film risulta superiore ai precedenti a livello tecnico. Forse perché è il capitolo più costoso della saga. La posizione quattro è più che meritata.

    3. Sharknado 2 - A volte ripiovono (2014)

    Dopo la sorpresa del glorioso primo film, l’anno seguente esce Sharknado 2 - A volte ripiovono. Ancora non sapevamo che l’Asylum ci avrebbe deliziato con un film all’anno per altri quattro anni. Il sequel di Sharknado porta il caos a ogni angolo di New York e quasi ci convince di essere di fronte a un “bel” film. È ovvio che non c’è scampo per immagini CGI scadenti e una recitazione non sempre al top. Tuttavia, la trama è solida abbastanza per farci apprezzare anche questi aspetti. Sharknado 2 - A volte ripiovono (2014) non poteva mancare dal podio soprattutto per la scena cult nella quale l’eroe della saga, Ian Ziering nei panni di Fin Shepard, trancia a metà uno squalo con una motosega. Il tutto in slow motion.

    2. Sharknado 3: Attacco alla Casa bianca (2015)

    I film sugli attacchi alla Casa Bianca sono un classico del genere action. Attacco al potere - Olympus Has Fallen (2013) e Sotto assedio - White House down (2013), due dei titoli più famosi, mostrano la casa del Presidente minacciata da terroristi pronti a tutto. Mai era stata in pericolo a causa di tornado di squali. Almeno fino a Sharknado 3: Attacco alla Casa bianca ed è per questo che lo trovate alla posizione numero due. Ciliegina sulla torta e piccolo spoiler, Frankie Muniz appare in un ruolo secondario che lo vede protagonista di una delle morti più divertenti della saga.

    1. Sharknado (2013)

    Sharknado (2013) è stata la rivelazione demenziale del 2013. Il primo capitolo del franchise ci ha deliziato per la prima volta con il suo spettacolo trash, mettendo le basi per i film a venire. La posizione numero uno non gliela toglie nessuno. La cosa che sorprende più di tutte è la mancanza di autoironia che troveremo negli altri capitoli successivi. Sharknado (2013) è ricco di pennellate comiche ma cerca di mantenere anche un certo livello di serietà. Ciò non solo fa aumentare ancora di più il livello comico ma, a mio avviso, è la cosa più Sharknado che ci sia.

  • “Mrs Playmen” e altre 9 interpretazioni memorabili di Carolina Crescentini

    “Mrs Playmen” e altre 9 interpretazioni memorabili di Carolina Crescentini

    Giovanni Berruti

    Giovanni Berruti

    Editor a JustWatch

    Carolina Crescentini diventa protagonista. Succede con Mrs Playmen (2025), la nuova serie Netflix, in cui indossa i panni di Adelina Tattilo. Una donna modernissima per gli anni Settanta, la prima editrice di una rivista erotica in Italia, la cui vita viene ricostruita nel corso dei sette episodi.

    Classe 1980, romana, la Crescentini si diploma al Centro Sperimentale e comincia a recitare in piccoli ruoli teatrali e televisivi. L’esordio al cinema arriva con H2Odio (2006) di Alex Infascelli, Fausto Brizzi la sceglie come co-protagonista di Notte prima degli esami – Oggi (2007), in cui interpreta Azzurra. Di lì si comincia ad alternare tra grande e piccolo schermo, con serie tv come Boris (2007), I Bastardi di Pizzofalcone (2017) e Mare Fuori (2020), spaziando fino ad oggi tra i personaggi e i generi più differenti. Ecco, secondo noi, le sue migliori interpretazioni.

    Mrs Playmen (2025)

    Abbandonata dal marito e ricoperta di debiti, Adelina Tattilo si ritrova a guidare Playmen, la rivista erotica italiana, salvando l’azienda e dando vita a una rivoluzione culturale. Mrs. Playmen (2025) è la serie che rende la Crescentini una protagonista a tutto tondo, che racconta la storia vera di una persona che cade e si rialza di fronte alle difficoltà della vita, e soprattutto di un’imprenditrice in prima linea a opporsi a una Roma conservatrice e bigotta. Sette episodi da non perdere per chi ama le serie incentrate su personaggi femminili forti e sulle loro battaglie e soprattutto per gli appassionati di period drama, interessati a scoprire un capitolo non troppo lontano del nostro passato. 

    Boris (2007)

    È l’attrice che getta in perenne disperazione il regista René Ferretti (Francesco Pannofino), è la raccomandata, imposta da un misterioso protettore, è priva di talento, ma è solo bella. È Corinna Negri, soprannominata “la cagna maledetta”, tra i personaggi più amati della serie Boris (2007). Per il “non ruolo d’eccellenza”, come da lei definito nel corso di un’intervista, la Crescentini ha anche ottenuto un Nastro d’Argento (nello specifico per la versione cinematografica, Boris – Il film (2011). Una serie che è diventata con gli anni un cult, quattro stagioni che hanno raccontato con ironia e precisione il fittizio (ma neanche troppo) dietro le quinte del set di una fiction immaginaria per la televisione generalista fino ad arrivare ai giorni nostri. Spassossima, e se non l’avete ancora vista correte ai ripari per capire delle battute che ormai sono entrate nell’immaginario collettivo.

    Notte prima degli esami – Oggi (2007)

    Tra i film più celebri dell’attrice, Notte prima degli esami – Oggi (2007) abbandona gli anni Ottanta per spostare il racconto ai tempi odierni. Non è un vero e proprio sequel di Notte prima degli esami (2006), nonostante ritroviamo Luca Molinari (Nicolas Vaporidis). La Crescentini interpreta il suo nuovo amore, Azzurra, una biologa marina poco più grande del protagonista. Un personaggio del tutto anticonvenzionale, che stravolgerà la sua vita, portandolo a compiere un giro sulle montagne russe dei sentimenti alle porte degli esami della maturità. La pellicola di Fausto Brizzi è consigliata a chi ha amato il film precedente, e soprattutto a chi è alla ricerca di una serata di leggerezza e divertimento, rivivendo il primo decennio degli anni duemila.

    Mare Fuori (2020)

    Interpreta Paola Vinci in una delle serie più amate di sempre nel nostro paese. In Mare Fuori (2020) la Crescentini è infatti la direttrice dell’Istituto di detenzione minorile di Napoli al centro delle vicende raccontate, e vede la struttura come una seconda possibilità per i ragazzi, finiti lì per i motivi più disparati. Le regole e la disciplina per lei sono comunque indispensabili, ma da donna dura e rigida si farà vedere decisamente più empatica. Un personaggio che si ritrova contemporaneamente alle prese con una disabilità, che affronta a testa alta. Dopo tre stagioni, l’attrice abbandona il ruolo, suscitando un tumulto generale soprattutto nei fan, con tanto di petizione per riaverla in una nuova stagione.

    I bastardi di Pizzofalcone (2017)

    È il pm Laura Piras nella fiction con Alessandro Gassman, tratta dall’omonima saga letteraria di Maurizio De Giovanni. Una grande lavoratrice, determinata, dal carattere forte, che intraprende una relazione segreta con l’ispettore Lojacono (Gassman), che finisce per interrompersi quando lei ottiene il trasferimento a Roma. Ma la parola fine è difficile. Quattro stagioni, I bastardi di Pizzofalcone (2017) è una serie molto amata dal grande pubblico, imperdibile per gli amanti dei polizieschi. Poi c’è la sua ambientazione, Napoli, capace di offrire costantemente paesaggi suggestivi e tanta umanità, come anche testimoniato da altre serie contemporanee.

    Cemento armato (2007)

    Un altro esordio alla regia, quello di Marco Martani, sceneggiatore con Fausto Brizzi anche di Notte prima degli esami – Oggi (2007). Nicolas Vaporidis, Giorgio Faletti e Carolina Crescentini sono protagonisti di Cemento armato (2007), noir metropolitano, dove una bravata innesca una serie di eventi che degenereranno in una storia torbida di vendetta, dove è fondamentale la legge del più forte. La Crescentini è Asia, la fidanzata del protagonista, che subirà una violenta ripercussione, che non potrà che scatenare in Diego (Vaporidis) la necessità di farsi giustizia da solo. Se volete ritrovare il cast di Notte prima degli esami, ma in un contesto spietatamente drammatico, è il film che fa per voi.

    Parlami d’amore (2008)

    Esordio alla regia di Silvio Muccino, che parte dal suo omonimo romanzo. In Parlami d’amore (2008) la Crescentini indossa i panni di Benedetta, ragazza romana ricca, che trascorre un’esistenza dedita ai vizi e da sempre desiderata dal protagonista, Sasha, interpretato dallo stesso Muccino. È il ruolo con cui l’attrice riesce ad aggiudicarsi la sua prima nomination ai David di Donatello per miglior attrice non protagonista. È un film consigliato a chi ha voglia di guardare una storia d’amore forte, travagliata, dove tutto è continuamente messo in discussione. Soprattutto l’attrice sembra calarsi perfettamente nella parte della “dark lady”.

    L’industriale (2011)

    Protagonista al fianco di Pierfrancesco Favino, la Crescentini viene diretta nuovamente da Giuliano Montaldo nel suo ultimo lavoro cinematografico. L’industriale (2011) è la storia di Nicola (Favino), proprietario di un’azienda sull’orlo del fallimento. Alla crisi economica si aggiunge anche quella coniugale con la moglie Laura (Crescentini). Consigliato a chi è interessato a un film d’autore con la capacità di offrire uno spaccato dell’attualità di allora, con una storia di difficoltà finanziaria dal punto di vista di un imprenditore, e di come essa possa impattare sui rapporti umani. Tra dramma sociale e componente emotiva, che si avvale di un’ottima regia e di grandi interpreti, è un bel film di denuncia di cui essere fieri.

    A casa tutti bene (2018)

    Film corale di Gabriele Muccino, da cui ha tratto successivamente anche una serie, A casa tutti bene (2018) è la storia di una famiglia allargata – nonché luogo di conflitti. La Crescentini interpreta Ginevra, sposata in seconde nozze con Carlo (Pierfrancesco Favino), che nel frattempo si ritrova ad avere a che fare ancora con la sua ex, nonostante siano passati molti anni. Un triangolo burrascoso, che tirerà fuori i lati ossessivi e paranoici di Ginevra. La pellicola di Muccino ha ottenuto il David dello Spettatore, premio per celebrare il film più visto dal pubblico, che ripropone molti temi già affrontati dal regista ed è consigliato soprattutto a chi apprezza le commedie corali.

    Sconnessi (2018)

    Una famiglia senza social. È la premessa di Sconnessi (2018), commedia di Christian Marazziti, che segue una riunione familiare in uno chalet di montagna in occasione del compleanno del patriarca, Ettore (Fabrizio Bentivoglio), in cui i componenti si ritrovano senza connessione internet. E se molti di loro sono dipendenti dai social, la situazione non può che degenerare. Un cast corale, da Bentivoglio a Fresi, da Memphis alla stessa Crescentini, giovane moglie col pancione del protagonista. Una donna di estrazione popolare che incarna un pensiero mai così attuale: “In tempi così social per ritrovare il rapporto con l'altro e in generale i rapporti umani c'è bisogno di isolamento”. Se avete amato Perfetti Sconosciuti (2016), non potete non provare a guardare questo film - non solo per le affinità tematiche.

  • Pennywise chi? Guarda questi 10 film e serie TV con clown molto più inquietanti (se hai il coraggio)

    Pennywise chi? Guarda questi 10 film e serie TV con clown molto più inquietanti (se hai il coraggio)

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Con l’arrivo di IT: Welcome to Derry (2025), la nuova serie ambientata nell’universo di Stephen King, Pennywise è tornato a infestare la cultura pop. Il pagliaccio danzante ci guarda nuovamente da un tombino, pronto a ricordarci che pochi personaggi hanno trasformato un costume da clown in un incubo collettivo tanto quanto lui. 

    Eppure, per quanto Pennywise sia iconico, non è necessariamente il clown più inquietante mai apparso sullo schermo. Il cinema e la televisione hanno infatti regalato figure ancora più disturbanti, sadiche, grottesche o profondamente umane da risultare molto più spaventose del Re dell’Incubo di King.

    Dai clown muti e sanguinari ai mostri demoniaci, dagli psicopatici dei parchi horror alle maschere fisse che si limitano a sorridere mentre il mondo intorno a loro brucia, questi personaggi hanno segnato generazioni di spettatori. In questa lista troverai 10 film e serie TV che, se visti di notte, potrebbero farti rimpiangere la relativa “tenerezza” di Pennywise. Preparati a un viaggio nel lato più oscuro (e truccato) dell’horror.

    1. Art the Clown – Terrifier (2018)

    Art the Clown non è semplicemente più inquietante di Pennywise: è un incubo puro, una figura che cancella ogni possibile sicurezza nello spettatore. Nel film Terrifier (2018), e ancor più nei suoi sequel, Art si muove in silenzio, con un sorriso fisso e una crudeltà che sembra non avere limiti umani. Non parla mai, non mostra emozioni, eppure comunica più terrore di qualsiasi clown dotato di parole. Il suo trucco bianco e nero, la camminata da mimo e le improvvise esplosioni di violenza rendono ogni scena imprevedibile.

    Il film stesso abbraccia un’estetica sporca, brutale, quasi grindhouse, che amplifica la sensazione di essere intrappolati in un sogno febbricitante senza via d’uscita. Art è un clown che rappresenta l’assenza totale di empatia: una figura che si diverte a distruggere la vita delle sue vittime con creatività sadica. Se Pennywise ha un suo ordine cosmico, Art è puro caos.

    2. Twisty – American Horror Story: Freak Show (2014)

    Twisty è uno dei clown più iconici mai apparsi in TV, un personaggio tragico e terrificante allo stesso tempo. American Horror Story: Freak Show (2014) gli dedica un’introduzione da brividi: maschera fissa, sorriso deformato, silenzio agghiacciante. Ma ciò che rende Twisty così disturbante è l’umanità ferita sotto il trucco. Un clown fallito, ossessionato dall’idea di “proteggere” i bambini, ma ormai incapace di separare la compassione dalla violenza.

    Il suo design – semplice ma potentissimo – crea immediatamente un impatto visivo che mette a disagio. La maschera che nasconde la bocca distrutta, il costume sporco, le movenze lente: Twisty è inquietante anche quando non fa nulla. La serie gli regala inoltre un retroscena devastante che amplifica il senso di tragedia. È proprio questa combinazione di compassione e orrore che lo rende più disturbante di Pennywise: Twisty sembra reale, possibile, umano. Ed è questo che spaventa davvero.

    3. Kent / Il Demone-Clown – Clown (2014)

    In Clown (2014), Eli Roth e Jon Watts trasformano un costume da clown in un vero incubo corporeo. Kent è un padre amorevole che indossa un vestito trovato in soffitta… salvo scoprire che si tratta di una pelle demoniaca che inizia lentamente a fondergli addosso. Il film è un body-horror spietato, dove la metamorfosi procede in modo fisicamente nauseante e psicologicamente devastante.

    La lenta trasformazione di Kent in una creatura affamata di bambini è una delle idee più disturbanti mai applicate al mito del clown. Non c’è ironia, non c’è gioco: c’è solo l’inevitabilità della corruzione, del decadimento, dell’identità che si dissolve sotto un trucco che diventa carne. Clown non punta sulle jump scare, ma su un horror viscerale che si attacca allo stomaco. Pennywise è un mostro eterno; Kent è un uomo che diventa mostro. Ed è infinitamente peggiore.

    4. Il Clown della cameretta – Poltergeist (1982)

    La scena del clown in Poltergeist (1982) è una delle sequenze horror più celebri e traumatiche della storia del cinema. Nonostante compaia poche volte, il pupazzo-clown è diventato simbolo di un terrore “domestico”, infantile e archetipico: quello delle cose che dovrebbero rassicurare e che invece osservano, aspettano, respirano quando la stanza è buia.

    Il pupazzo è inquietante proprio perché è un oggetto inanimato – o almeno così dovrebbe essere. Il film gioca magistralmente sulla paura della camera da letto come luogo vulnerabile: il clown è sempre lì, immobile, finché non decide di muoversi. L’attacco improvviso è un’esplosione di puro panico, perfetta esecuzione del concetto “il tuo peggiore incubo d’infanzia prende vita”. Pennywise parla, ride, si trasforma; il clown di Poltergeist invece non ha bisogno di nulla. Sta fermo. Ti guarda. E aspetta.

    5. Doom-Head – 31 (2016)

    Miguel Lobo interpreta Doom-Head in 31 (2016), probabilmente il personaggio più inquietante mai creato da Rob Zombie. Non è un clown sovrannaturale né un mostro ultraterreno: è un assassino perfettamente umano, metodico, intelligente e completamente privo di empatia. La pittura facciale lo rende ancora più sinistro, una maschera di morte che contrasta con la lucidità psicologica delle sue parole.

    Doom-Head è disturbante perché sceglie la violenza, la teatralizza, la trasforma in performance. Le sue sequenze di apertura e chiusura sono monologhi da brividi, recitati con una calma glaciale che lo rende infinitamente più reale di molti villan horror. Rob Zombie costruisce un mondo di clown assassini, ma Doom-Head è quello che non dimentichi: un clown senza risate, un killer che usa il trucco come arma psicologica. È l’orrore umano nella sua forma più pura, e dunque la più difficile da affrontare.

    6. The Laughing Clown — Amusement (2008)

    Amusement (2008) è un antologico sottovalutato, ma il segmento del Laughing Clown è talmente inquietante da essere diventato cult a sé. Il clown, con il suo costume rigido e la risata fissata sulla maschera, è un personaggio che sembra uscito da un incubo carpenteriano. Non parla, si limita a muoversi lentamente, invadendo la casa della protagonista con una calma glaciale.

    La forza del clown di Amusement sta proprio nella messa in scena minimalista: pochi suoni, poche parole, niente spiegazioni. Solo un antagonista che incarna l’idea di “predatore silenzioso”, un boogeyman che ha scelto il trucco da clown per amplificare la sensazione di estraneità. Il segmento è un piccolo capolavoro di tensione: slow burn, ma micidiale. Non è il più famoso della lista, ma è uno dei più efficaci. Pennywise è spettacolare; il Laughing Clown è spaventosamente plausibile.

    7. Killer Klowns — Killer Klowns from Outer Space (1988)

    Per quanto possa sembrare assurdo, Killer Klowns from Outer Space (1988) contiene alcuni dei clown più disturbanti di sempre. Certo, il tono è camp e volutamente esagerato, ma proprio questo contrasto rende i clown alieni incredibilmente inquietanti. Le loro maschere enormi, gli occhi vitrei, le movenze innaturali e soprattutto gli strumenti di morte travestiti da giocattoli creano un’estetica da incubo surreale.

    I clown di questo film sono creature predatrici che imitano la comicità umana solo per manipolare e uccidere. Ti fanno ridere un secondo e rabbrividire quello dopo. La loro crudeltà “gioiosa” rende tutto ancora più disturbante: non hanno motivazioni, non hanno emozioni, non hanno limiti. Sono pura caricatura del male.

    È uno di quei casi in cui l’ironia non attenua l’horror, ma lo amplifica. Pennywise è terrificante, sì, ma almeno è coerente: questi sono alieni travestiti da clown. E qualcosa dentro di noi sa che è ancora peggio.

    8. Stitches — Stitches (2012)

    In Stitches (2012), il clown interpretato da Ross Noble è il binario perfetto tra commedia nera, vendetta soprannaturale e gore creativo. Stitches è un clown fallito, maldestro e detestato dai bambini che intrattiene. Dopo una morte assurda durante una festa, ritorna dall’aldilà per vendicarsi degli ormai adolescenti responsabili della sua fine.

    Il film mescola humour britannico e violenza grafica con una disinvoltura sorprendente, ma ciò che rende Stitches inquietante è la sua imprevedibilità. È un clown che crede sinceramente nel proprio ruolo comico, e proprio per questo la sua crudeltà appare ancora più fuori luogo, quasi infantile. Le sue uccisioni, ispirate agli attrezzi tradizionali dei clown, hanno un sapore grottesco che scava nello spettatore un misto di disgusto e risata nervosa. Stitches non è elegante come Pennywise, non è mutevole come Art: è uno zombie-clown rancoroso e completamente fuori controllo. Terribile — e indimenticabile.

    9. Clown Porcellana — The Houses October Built (2014)

    Nel found footage The Houses October Built (2014), il clown porcellana è uno dei volti più inquietanti dell’horror moderno. Non parla, non corre, non grida: osserva. La sua maschera rigida, bianca, dall’espressione infantile e vuota, è un potente richiamo alle paure ataviche del teatro mascherato.

    La storia segue un gruppo di amici in cerca delle attrazioni horror più estreme; ben presto si rendono conto che alcune di queste attrazioni non sono “gioco”, ma vere reti criminali. Il clown porcellana diventa simbolo di questo confine invisibile tra spettacolo e pericolo reale. La sua presenza è talmente inquietante da apparire quasi rituale: un segno, una minaccia, un presagio.

    Pennywise ti parla, ti seduce, ti attira con la sua teatralità. Il clown porcellana, invece, non dice niente. Non deve. È l’assenza di spiegazione che lo rende devastante.

    10. Smiling Half-Mask Clown — Haunt (2019)

    Haunt (2019) è uno dei migliori horror degli ultimi anni ambientati durante Halloween, e il clown dalla mezza maschera sorridente è uno dei villain più spaventosi del film. La maschera rigida, mezza sorriso e mezza neutralità, è già di per sé disturbante, ma il vero colpo di scena è ciò che c’è sotto: un viso deformato e inquietante che rende il costume quasi rassicurante in confronto.

    Il clown di Haunt non è sovrannaturale, ma umano — il che lo rende ancora più pericoloso. Si muove con calma, precisione, come se ogni gesto fosse parte di un rituale. Il film gioca magistralmente sulla tensione crescente, sulla violenza fisica e sulla sensazione che ogni regola del “parco dell’orrore” sia stata spezzata.

    Se Pennywise è teatro, questo clown è realtà: un assassino che usa la maschera non per nascondersi, ma per farti abbassare la guardia.

  • “The Mighty Nein”: una guida per principianti all'ultima serie animata di Critical Role

    “The Mighty Nein”: una guida per principianti all'ultima serie animata di Critical Role

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    The Mighty Nein (2025) è appena arrivata su Prime Video ed è il nuovo grande tassello dell’universo animato di Critical Role. Se il titolo ti dice poco ma hai visto The Legend of Vox Machina (2022 - in corso) o ti incuriosisce l’idea di una serie fantasy adulta “nata” da una campagna di Dungeons & Dragons, questa guida è per te: niente gergo da super-fan, solo quello che ti serve per capire se far partire play.

    Al momento la prima stagione è in corso: tre episodi sono già disponibili, il quarto arriva proprio il 26 novembre 2025 e i restanti seguiranno ogni mercoledì fino al 22 dicembre, sempre su Prime Video.

    Chi sono i Critical Role?

    Critical Role nasce come show web in cui un gruppo di doppiatori professionisti gioca a Dungeons & Dragons in streaming, trasformando una normale campagna da tavolo in una saga fantasy corale lunga centinaia di ore. Dal 2015 in poi, intorno al Dungeon Master Matthew Mercer e al suo cast (Laura Bailey, Liam O’Brien, Sam Riegel, Marisha Ray, Ashley Johnson, Taliesin Jaffe, Travis Willingham) si è costruita una community globale di fan, i “Critters”.

    Il successo è stato tale da portare alla nascita di un vero studio (Critical Role Productions / Metapigeon) e a un accordo con Amazon: da lì è arrivata prima The Legend of Vox Machina, che adattava la campagna 1, e ora The Mighty Nein, che porta in animazione la campagna 2, ambientata una ventina d’anni dopo gli eventi della serie precedente.

    La cosa importante, se parti da zero: non serve aver visto centinaia di ore di actual play per seguire la serie. The Mighty Nein è pensata come porta d’ingresso autonoma nel mondo di Exandria.

    Di cosa parla "The Mighty Nein"?

    La serie è un fantasy adulto ambientato sul continente di Wildemount, nel mondo di Exandria, in un momento di tensione altissima: l’Impero Dwendalian e la Dinastia Kryn sono a un passo dalla guerra.

    L’evento scatenante è il furto di un artefatto potentissimo, il Luxon Beacon, un reliquiario in grado di manipolare le anime e la stessa struttura della realtà. Quando il Beacon finisce nelle mani sbagliate, il continente rischia di precipitare nel caos.

    In mezzo a questo scenario politico e magico enorme c’è un gruppo di sbandati: criminali, disadattati, persone con segreti molto poco eroici alle spalle. Sono loro i Mighty Nein, costretti – quasi per caso – a diventare la variabile impazzita del conflitto. Non sono i “prescelti” perfetti da high fantasy classico: sono gente con traumi, colpe, dipendenze, che si ritrova a fare la cosa giusta spesso per puro istinto… o per salvare la propria pelle.

    Se ti piace l’idea di un party più vicino a un heist movie che al Il Signore degli Anelli (2001), sei nel posto giusto.

    Chi sono i Mighty Nein?

    La serie introduce gradualmente il cast, scegliendo un approccio più “mirato” rispetto alla campagna originale: nelle prime puntate l’attenzione è concentrata su Caleb Widogast, Nott the Brave e Beauregard, con gli altri che entrano in scena man mano.

    • Caleb Widogast – mago umano tormentato, con una magia di fuoco spettacolare e un passato traumatico che lo lega ai Volstrucker, la rete segreta di assassini maghi al servizio dell’Impero. Nella versione originale è doppiato da Liam O’Brien, in italiano da Emiliano Coltorti.
    • Nott the Brave – goblin ladra, ma anche alcolizzata cronica, capace di alternare comicità slapstick a momenti di dolore molto crudo: uno dei personaggi che più mettono in chiaro il tono adulto della serie. In originale è Sam Riegel, in italiano David Chevalier. 
    • Beauregard “Beau” Lionett – monaca investigatrice della Cobalt Soul, ruvida, sarcastica, perfetta per chi ama le protagoniste bisbetiche con un cuore più morbido di quanto vogliano ammettere. Interpretata in lingua originale da Marisha Ray, mentre in italiano da Rossa Caputo, adattatrice e direttrice del doppiaggio della serie. 
    • Fjord Stone – mezzo orco warlock con un patto misterioso legato a una creatura marina: incarna tutto il gusto di Critical Role per i patron occulti e i debiti di potere. La voce originale è di Travis Willingham, mentre in italiano Fabrizio De Flaviis. 
    • Mollymauk “Molly” Tealeaf – tiefling blood hunter e performer da circo, flamboyant fino all’eccesso, tra tarocchi, mantelli e frasi da rockstar del fantasy (“I am your god! Long may I reign!”). Nella serie animata è il classico personaggio che entra in scena a rubare la camera: coloratissimo, sfacciato, ma con segreti profondi che ne fanno uno dei filoni emotivi più interessanti. Doppiato in lingua originale da Taliesin Jaffe, mentre in italiano da Stefano Crescentini. 
    • Jester Lavorre – chierica tiefling devota a un dio più caotico che santo (il Traveler): sembra la comic relief del gruppo, con disegni, scherzi e dolci, ma la sua fede distorta e il rapporto col suo patron diventano presto uno dei fili narrativi più intriganti. È il personaggio di Laura Bailey, mentre in italiano la ritroviamo con la voce di Letizia Scifoni.
    • Yasha Nydoorin – guerriera taciturna e apparentemente inaccessibile, segnata da un lutto profondo: quando entra in azione è una forza della natura, ma la serie punta anche a scrostare piano piano la sua maschera da “bruta silenziosa”. Nel doppiaggio originale a darle vita è Ashley Johnson, mentre in italiano da Guendalina Ward. 

    Accanto al party vero e proprio c’è poi Essek Thelyss, mago drow della Dinastia Kryn. Un personaggio ambiguo, immerso nelle macchinazioni politiche tra Impero e Dinastia, ma mosso anche da motivazioni molto intime legate alla malattia della madre. L’adattamento animato ne amplia da subito il ruolo, facendone una delle chiavi di lettura del conflitto più “alto” della serie e un possibile ponte tra fan storici e nuovi spettatori. A doppiarlo troviamo lo stesso Dungeon Master Matthew Mercer, mentre in italiano è segnato dai toni caldi di Flavio Aquilone.

    Uno dei punti di forza dell’adattamento è proprio questo: invece di ricreare pedissequamente la campagna, la serie adatta il materiale, scegliendo cosa tenere, cosa spostare e cosa riscrivere per costruire un arco emotivo più compatto, soprattutto sui legami tra i personaggi e sulle figure chiave come Essek.

    Che tono ha la serie? Più dark di "Vox Machina", ma sempre divertente

    Se hai già visto The Legend of Vox Machina, preparati a cambiare leggermente registro. The Mighty Nein è ancora un fantasy avventuroso pieno di combattimenti, magia spettacolare e battute, ma sceglie un approccio più cupo e introspettivo: episodi di circa 45 minuti, ritmo meno frenetico e molto più spazio per i flashback e per i traumi dei personaggi.

    Dal punto di vista visivo, resta il marchio di fabbrica Titmouse: animazione dinamica, combattimenti leggibili, un’estetica fantasy che flirta apertamente con l’anime. Ma il mood è più “adult drama” che “cartone sboccato”: niente paura, le parolacce e il sangue ci sono, ma sono al servizio di una storia che punta a lungo termine, non solo al meme del momento.

    Devo aver visto "The Legend of Vox Machina" o giocato a "D&D"?

    In breve: no, ma aiuta.

    The Mighty Nein è ambientata nello stesso mondo di Vox Machina, ma su un altro continente e 20 anni dopo. I riferimenti alla serie precedente e al lore di Exandria ci sono, ma funzionano come bonus per chi li coglie, non come prerequisito per capire cosa sta succedendo.

    Stesso discorso per Dungeons & Dragons: le classi, gli incantesimi, i concetti di “patron” o di “religione fantasy” arrivano dalla 5a edizione del gioco, ma nella serie vengono integrati nel racconto in modo abbastanza intuitivo. Se hai familiarità con l’RPG riconoscerai certi momenti (“questo è chiaramente un tiro fallito”), altrimenti li vivrai semplicemente come scelte di messa in scena.

    Più che sulle regole del gioco, la serie punta sul fascino dei personaggi e su un’impostazione narrativa che ricorda una campagna lunga: archi emotivi, trame politiche che si stratificano, piccoli indizi seminati per payoff futuri.

    È la serie giusta per me?

    Guardala se…

    • ti piacciono i fantasy seri ma non seriosissimi, con un equilibrio tra dramma, politica, magia e umorismo;
    • hai amato Vox Machina e vuoi qualcosa di più ambizioso e character-driven nello stesso mondo;
    • sei incuriosito da Critical Role ma l’idea di recuperare ore e ore di actual play ti spaventa: questa è una porta d’accesso molto più gestibile;
    • cerchi una serie animata adulta che non sia solo supereroi (tipo Invincible) o dark fantasy iper-cinico, ma un racconto corale su traumi, seconde possibilità e famiglia trovata.

    Forse non fa per te se…

    • preferisci storie autoconclusive e non hai voglia di seguire una trama a lungo raggio;
    • cerchi solo comicità esplosiva alla Vox Machina: qui il ritmo è più lento e la componente emotiva molto più centrale.

    The Mighty Nein è, di fatto, la conferma che il “modello Critical Role” funziona anche fuori dal tavolo di gioco: un universo coerente, personaggi imperfetti ma irresistibili, un’animazione solida e una scrittura che non ha paura di prendersi il suo tempo.

    Per i fan storici è l’occasione di rivedere una campagna amata in una nuova veste; per i curiosi che arrivano da Prime Video è un ottimo punto d’ingresso nel fenomeno Critical Role, senza dover tirare un solo d20.

    Se ti intriga l’idea di seguire un gruppo di reietti che, loro malgrado, finisce a salvare il mondo, vale la prova: metti in coda The Mighty Nein, recupera eventualmente Vox Machina se ti appassiona l’universo, e tieni d’occhio il calendario delle uscite per non perderti i prossimi episodi.

  • Da “Five Nights at Freddy's 2” a “Super Mario Galaxy”: i sequel basati sui videogiochi che stiamo aspettando di più

    Da “Five Nights at Freddy's 2” a “Super Mario Galaxy”: i sequel basati sui videogiochi che stiamo aspettando di più

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Tra film, serie TV e anime, il mondo dei videogiochi è diventato oggi una delle miniere d’oro più importanti per Hollywood e per lo streaming.

    Dopo il successo di adattamenti come The Last of Us, Fallout e Five Nights at Freddy’s, l’industria ha finalmente capito che i videogiochi non sono più “materiale di nicchia”, ma universi narrativi complessi con fanbase gigantesche e storie perfette per diventare franchise multimilionari.

    E il 2025 – 2026 si prospetta come una vera e propria nuova era d’oro: sequel, nuovi adattamenti, ritorni attesissimi e progetti ambiziosissimi stanno per arrivare sul grande e piccolo schermo. Dai platform Nintendo ai survival horror, dagli FPS agli RPG distopici, questa lista raccoglie gli 11 sequel tratti da videogiochi più attesi, tra cinema, TV e anime.

    1. Five Nights at Freddy’s 2 (4 Dicembre 2025)

    Dopo l’enorme successo del primo film, Five Nights at Freddy’s 2 è ufficialmente uno dei sequel più attesi dagli amanti dell’horror videoludico. La pellicola dovrebbe addentrarsi più a fondo nella lore della saga creata da Scott Cawthon, introducendo nuovi animatronics e puntando su atmosfere ancora più claustrofobiche. Il primo film aveva diviso la critica ma conquistato il pubblico, soprattutto quello più giovane: ora Five Nights at Freddy’s 2 ha l’occasione di superare i limiti del capitolo inaugurale e di diventare un vero horror di culto. Tra flashback inquietanti, nuovi misteri e una mitologia sempre più complessa, il sequel potrebbe essere la prima vera trasposizione capace di catturare pienamente la follia onirica del gioco originale.

    Se cerchi un altro horror contemporaneo che gioca con l’idea di “creature tecnologiche che prendono vita”, recupera M3GAN (2022), perfetto per chi ama quella miscela di ironia, tensione e terrore pop.

    2. Fallout – Stagione 2 (17 Dicembre 2025)

    La seconda stagione di Fallout è una delle produzioni più attese di Prime Video dopo il trionfo della prima. L’adattamento riesce a mescolare ironia, violenza e satira politica proprio come i videogiochi, e la Season 2 promette di esplorare nuove fazioni, nuovi Vault e nuove zone della Wasteland. Il finale della prima stagione ha lasciato aperte almeno tre linee narrative, tutte potenzialmente esplosive. Oltre a questo, la qualità di produzione altissima e l’impegno showrunner–Bethesda fanno sì che ogni nuovo episodio sia praticamente un evento. Fallout – Season 2 ha tutte le carte in regola per diventare uno dei migliori adattamenti videoludici mai realizzati, ampliando il suo mondo con un tono più cupo e una satira ancora più feroce.

    Se ami le distopie ironiche e brutali, prova Snowpiercer (2020–2024), che esplora società post-apocalittiche con satira e world-building corposo.

    3. Return to Silent Hill (22 Gennaio 2026)

    Return to Silent Hill segna il ritorno del franchise horror più influente della storia dei videogiochi. Basato su Silent Hill 2, considerato da molti il miglior survival horror di sempre, il film promette una visione più psicologica, adulta e disturbante. Il regista Christophe Gans torna dopo il film del 2006, e l’obiettivo è chiaro: ricreare l’atmosfera malata, malinconica e metafisica del gioco. Piramid Head, nebbia, colpa, memoria e trauma faranno da cardine narrativo. Se il film riuscirà davvero a catturare l’essenza del gioco, potremmo trovarci di fronte al primo adattamento horror davvero “autoriale” tratto da un videogioco. Return to Silent Hill è uno dei progetti più rischiosi… e per questo uno dei più attesi. Se cerchi un altro horror psicologico basato sulla colpa e sulla memoria, guarda Jacob’s Ladder (1990), film che ha influenzato profondamente Silent Hill stesso.

    4. The Super Mario Galaxy Movie (1 Aprile 2026)

    Dopo l’esplosione mondiale di Super Mario Bros. – Il Film (2023), il progetto The Super Mario Galaxy Movie è uno dei sequel animati più chiacchierati e attesi. L’idea di portare sullo schermo Rosalinda, gli Osservatori, i Luma e l’immaginario cosmico di Super Mario Galaxy è già sufficiente per far impazzire i fan. La produzione Illumination/Nintendo promette un film più maturo, visivamente ambizioso e narrativamente ricco rispetto al primo. Le tematiche legate al destino, alla solitudine e al sacrificio potrebbero aprire profondità emotive mai viste nel franchise cinematografico. Se gestito bene, The Super Mario Galaxy Movie potrebbe essere non solo un sequel, ma un nuovo punto di riferimento per l’animazione mainstream.

    Se ti piacciono i film d’animazione che espandono universi videoludici in chiave cosmica, dai una chance a Ralph Spaccatutto 2 – Ralph Spacca Internet (2018).

    5. Mortal Kombat 2 (8 Maggio 2026)

    Mortal Kombat 2 continua la storia iniziata nel reboot del 2021 e ha già promesso di introdurre personaggi amatissimi come Johnny Cage. Il tono sarà più serio, più violento e più fedele al gioco, con fatalities spettacolari e un approccio più corale. La saga cinematografica sta finalmente abbracciando la sua natura estrema e sopra le righe, puntando su combattimenti creativi e world-building espanso. Questo sequel è determinante: può trasformare la nuova era cinematografica di Mortal Kombat in un vero franchise competitivo, con un’identità chiara che unisce nostalgia, fanservice e ambizione visiva. Mortal Kombat 2 si preannuncia come uno dei film action più discussi dell’anno di uscita.

    Se vuoi un’altra saga action videoludica esplosiva, recupera Tekken: Bloodline (2022), che rende bene l’adrenalina dei combattimenti.

    6. The Angry Birds Movie 3 (29 Gennaio 2027)

    Nonostante parta da un videogame “semplicissimo”, The Angry Birds Movie 3 è in realtà attesissimo dal pubblico family e da chi ama l’animazione slapstick. Il terzo capitolo promette di essere più esagerato, più colorato e più musical del solito. La saga ha dimostrato di saper sorprendere con un umorismo intelligente e un ritmo narrativo da cartoon classico. Questa volta gli autori sembrano intenzionati a espandere l’universo degli uccellini arrabbiati con nuovi mondi, nuovi nemici e un tono leggermente più avventuroso. The Angry Birds Movie 3 è l’esempio perfetto di come anche un brand apparentemente “piccolo” possa diventare un franchise transgenerazionale.

    Se preferisci commedie animate tratte da brand videoludici, prova The SpongeBob Movie: Sponge Out of Water (2015), ironico e sorprendentemente creativo.

    7. Sonic the Hedgehog 4 (19 Marzo 2027)

    La saga di Sonic the Hedgehog (2020) è diventata un fenomeno pop sorprendente, riuscendo a far convivere live-action, CGI, comicità e adrenalina. Sonic the Hedgehog 4 prosegue questa scia e dovrebbe includere nuovi personaggi iconici dei giochi, oltre a portare avanti la storyline iniziata con Shadow. L’universo si sta ampliando e Sega sembra voler creare una vera “Sonic Cinematic Universe”. L’estetica sempre più curata e la chimica tra i personaggi garantiscono un sequel all’altezza, mentre il coinvolgimento diretto dei fan attraverso easter egg e riferimenti ludici rende ogni film un piccolo evento. Sonic the Hedgehog 4 ha il potenziale per essere il capitolo più spettacolare della saga.

    Se ami film live-action/CGI ricchi di ritmo e personalità, guarda Detective Pikachu (2019), uno dei migliori esempi del genere.

    8. A Minecraft Movie 2 (23 Luglio 2027)

    Dopo un percorso produttivo complesso, A Minecraft Movie 2 è finalmente uno dei sequel più attesi in assoluto, soprattutto dal pubblico più giovane. L’universo di Minecraft è un terreno narrativo enorme, perfetto per espandere la lore, introdurre biomi nuovi e giocare con miti e creature del gioco. Il primo film (2025) ha fatto da “introduzione”, ma il seguito potrebbe essere quello che definisce davvero una mitologia cinematografica coerente. La grande domanda è: riuscirà il secondo capitolo a dare al mondo cubettoso un’anima narrativa forte? Le potenzialità ci sono tutte. L’attesa è enorme e A Minecraft Movie 2 potrebbe diventare uno dei film family più visti dell’anno.

    Se ti piacciono mondi immaginari che prendono vita in chiave family-friendly, recupera The Lego Movie 2 (2019), perfetto per chi ama creatività e costruzione narrativa.

    9. Devil May Cry – Stagione 2 (2026)

    Dopo il successo della prima stagione prodotta da Netflix, Devil May Cry – Stagione 2 promette di scatenare ancora più demoni, più azione e più estetica gotica. L’anime è riuscito a catturare la personalità carismatica di Dante e la poetica esagerata del videogioco, con una direzione artistica che unisce anime classico e modernità visiva. La stagione 2 dovrebbe introdurre nuovi demoni, nuovi livelli di potere e dinamiche familiari che i fan attendono da anni. Se manterrà il ritmo serrato e l’umorismo graffiante, potrebbe diventare uno dei migliori adattamenti anime di un videogame. Devil May Cry – Stagione 2 è un vero regalo per chi ama l’action sovrannaturale ad alto tasso di spettacolarità.

    Se vuoi un altro anime action sovrannaturale con estetica gotica, prova Hellsing Ultimate (2006–2012), stiloso, feroce e visivamente potentissimo.

    10. The Last of Us – Stagione 3 (2027)

    Con The Last of Us – Stagione 3, HBO continua uno dei suoi progetti narrativi più ambiziosi. La stagione dovrebbe coprire eventi ancora più maturi, dolorosi e complessi, ampliando le tematiche emotive del rapporto tra Ellie e Joel (o delle sue conseguenze). Il successo della serie dimostra che i videogiochi possono essere fonte di drama televisivo di prima qualità: ora la terza stagione potrebbe affrontare territori moralmente più grigi, ampliando world-building e conflitti. Visivamente ricca, recitata in modo magistrale e narrativamente precisa, The Last of Us – Stagione 3 è destinata a diventare uno degli eventi televisivi più discussi alla sua uscita.

    Se cerchi un altro survival narrativo e drammatico, recupera Station Eleven (2021–2022), una delle serie più mature e poetiche sul post-apocalisse.

    11. Cyberpunk: Edgerunners – Stagione 2 (2026)

    Cyberpunk: Edgerunners – Stagione 2 è uno dei sequel più desiderati dagli appassionati di anime. La prima stagione ha conquistato pubblico e critica con una storia devastante, visivamente esplosiva e narrativamente impeccabile, capace di ridare vita al brand Cyberpunk dopo un lancio complicato del videogioco. Il ritorno potrebbe esplorare nuove parti di Night City, nuovi personaggi e nuove tragedie emotive, mantenendo lo stile neon-punk che l’ha resa iconica. Con Studio Trigger ancora al timone, Cyberpunk: Edgerunners – Stagione 2 ha il potenziale per diventare uno dei migliori anime degli ultimi anni, unendo azione e sensibilità tragica in modo unico.

    Se ti affascinano storie neon-punk che uniscono tragedia e adrenalina, guarda Blade Runner: Black Lotus (2021), un’espansione noir del mondo di Blade Runner.

  • I migliori film italiani di sempre: 10 capolavori da vedere almeno una volta

    I migliori film italiani di sempre: 10 capolavori da vedere almeno una volta

    Andrea Ballerini

    Andrea Ballerini

    Editor a JustWatch

    Sono passati 80 anni dall’uscita nelle sale italiane di Roma città aperta, il capolavoro post-bellico di Roberto Rossellini. Il film neorealista inaugurava l’epoca d’oro del cinema italiano, che sarebbe continuata per tre decenni. In questo periodo, il nostro cinema era sulla bocca di tutti, ispirando alcuni dei registi che avrebbero fatto la storia come Martin Scorsese e David Lynch.

    In occasione di questo anniversario, ci è sembrato opportuno presentarvi la nostra lista con i migliori film italiani di sempre. Questi 10 capolavori sono da vedere almeno una volta nella vita, anche se consigliamo di vederli almeno una volta all’anno. Abbiamo selezionato i titoli in base alla loro iconicità, al valore tecnico e scegliendo solamente un film per regista.

    10. Gomorra (2008)

    Prima de La grande bellezza, Gomorra aveva fatto riaccendere i riflettori internazionali sul cinema italiano. Il film di Matteo Garrone tratto dall’omonimo romanzo di Roberto Saviano è un connubio perfetto tra due generi che hanno reso grande il cinema del Bel paese: il film crime e il neorealismo. La pellicola esplora il contesto criminale della Camorra, ma nel farlo lascia da parte l’epicità di classici come Il padrino (1972) e Scarface (1983). Qui siamo di fronte alla realtà dura e cruda, raccontata in maniera simile in film come City of God (2002) e Il profeta (2009). Gomorra (2008) si posiziona al decimo posto perché le sue atmosfere nichiliste potrebbero lasciare turbati alcuni spettatori.

    9. La battaglia di Algeri (1966)

    Il realismo di Gomorra (2008) non si perde con la posizione numero 9, il classico di Gillo Pontecorvo La battaglia di Algeri. Il film è stato un manuale visivo sia per i rivoluzionari di mezzo mondo che per alcune agenzie governative, ovviamente per scopi diametralmente opposti. Il film narra il processo di decolonizzazione dell’Algeria dal controllo francese e lo fa con un taglio realista incredibile. Sembrano immagini in diretta più che le sequenze di un film, grazie all’uso della camera a mano e di attori non professionisti. La fama di questo capolavoro è tale che il film ha fatto un piccolo cameo in Una battaglia dopo l’altra (2025) di Paul Thomas Anderson. Il nono posto è dovuto allo spirito vintage dell’opera.

    8. La grande bellezza (2013)

    La grande bellezza (2013) è uno dei film simbolo del cinema italiano del 21esimo secolo. Vincitrice dell’Oscar al Miglior film straniero, la pellicola di Paolo Sorrentino sembra offrire solo forma all’inizio. Lo stile estetico del regista è indiscusso, tra carrellate sublimi e una fotografia senza paragoni. I rimandi al cinema felliniano sono espliciti, ma La grande bellezza (2013) non è una brutta copia de La dolce vita, come vorrebbero i suoi detrattori. È un ritratto dei tempi che corrono, dove noia, apatia e decadenza fanno da padrone. Questo titolo colpirà in particolare chi ama film riflessivi come Before Sunset - Prima del tramonto (2004) e Synecdoche, New York (2009). Seppur magistrale, La grande bellezza (2013) non va oltre l’ottavo posto per la sua lunghezza, forse eccessiva.

    7. Non essere cattivo (2015)

    Pur non essendo uno dei registi più prolifici della storia, Claudio Caligari era sicuramente uno dei più talentuosi di sempre. Tre sono i film che compongono la sua filmografia e Non essere cattivo è il titolo che chiude la trilogia con Amore Tossico (1983) e L'odore della notte (1998). Ci troviamo sempre in ambiti crime come in Gomorra (2008), anche se qui il focus è molto più ristretto. La tragica vicenda tra droga, crimine e redenzione vede protagonisti Cesare (Luca Marinelli) e Vittorio (Alessandro Borghi), due giovani criminali comuni. Oltre alle prove immense degli attori, Non essere cattivo (2015) brilla per il taglio registico di Caligari e per una storia ricca di emozioni che non vi lascerà indifferenti. Se non fosse per i film che lo seguono, Non essere cattivo (2015) potrebbe essere facilmente in vetta.

    6. Roma città aperta (1945)

    80 anni portati divinamente per Roma città aperta (1945), un film iconico che si posiziona al sesto posto. Solamente per il ritmo, a volte troppo posato. Come per La battaglia di Algeri (1966), Roberto Rossellini costruisce una pellicola che sa di documentario. Il suo è un cinema istantaneo che racconta la realtà quotidiana della capitale sotto l’occupazione nazi-fascista. Il tutto a due anni dall’effettiva fine della guerra. Un pilastro del neorealismo, Roma città aperta (1945) contiene l’interpretazione eccellente di Anna Magnani, la cui corsa alla fine del film è ormai leggendaria. Se amate film di guerra ultra realistici come Va' e vedi (1985), dovreste considerare il classico di Rossellini per la vostra prossima visione.

    5. Nuovo Cinema Paradiso (1988)

    Con l’arrivo degli anni ‘80, il fasto del cinema italiano iniziava a scemare, a eccezione del cinema horror. Il cinema d’autore, però, non si dava per vinto e l’uscita di Nuovo Cinema Paradiso riportava in alto le speranze. Con una colonna sonora da bocca aperta di Ennio Morricone e la visione unica di Giuseppe Tornatore, il film non poteva che essere un capolavoro. Tuttavia, oltre agli aspetti tecnici perfetti, Nuovo Cinema Paradiso (1988) vive delle sue emozioni, costruendo un amalgama di nostalgia e allegria mai visto prima. Seppur i suoi fan vorrebbero non finisse mai, questa pellicola supera i 150 minuti di visione e ciò potrebbe lasciare indeciso qualcuno. Per questo motivo, Nuovo Cinema Paradiso (1988) si ferma al quinto posto.

    4. Suspiria (1977)

    Suspiria è sulla bocca di tutti quando si parla di horror. Il capolavoro di Dario Argento ha stupito il mondo con i suoi colori sgargianti e le morti agghiaccianti che porta sullo schermo. Estetica e violenza si fondono nel cinema argentiano, con ogni inquadratura che potrebbe essere tranquillamente un quadro. A completare l’opera ci pensano la colonna sonora psichedelica dei Goblin e una prova eccellente di Jessica Harper nei panni della protagonista. Suspiria (1977) si ferma a un passo dal podio perché adatto a un pubblico con lo stomaco forte. Tuttavia, se perdete la testa per horror al neon come Mandy (2018) e Bliss (2019), Suspiria (1977) è uno degli apripista di questa tipologia.

    3. Il conformista (1971)

    Se si parla di iconicità e pregio tecnico, ci sono pochi film che possono competere con Il conformista. Dopo la visione del capolavoro di Bernardo Bertolucci non potrete non sognare la fotografia espressionista di Vittorio Storaro. I colori del film non sono solo pura estetica, ma trasmettono le emozioni che la storia suscita. Come per La grande bellezza (2013), Il conformista (1971) non si ferma a mero spettacolo visivo. Al contrario, esplora la tendenza del fascismo a creare e a prediligere persone conformiste, che obbediscono senza fiatare. Il podio era scontato, anche se ho lasciato il film di Bertolucci sul gradino più basso. Se l’aspetto tecnico può competere ad armi pari con i due film successivi, questi ultimi battono Il conformista (1971) come simboli del nostro cinema.

    2. Il buono, il brutto, il cattivo (1966)

    Il buono, il brutto, il cattivo ha rivoluzionato il western con il suo revisionismo all’italiana, sancendo il trionfo di Sergio Leone come uno dei registi più rappresentativi dello Stivale. Come per Nuovo Cinema Paradiso (1988), ritroviamo l’epicità di Ennio Morricone. Le sue musiche si sposano perfettamente con il cinema di Leone, mitologico e vasto. Il buono, il brutto, il cattivo (1966) è irresistibile anche per la sua trama ricca di emozioni, dalle risate più chiassose al terrore più puro. Il podio è il minimo accettabile, anche se il film di Leone non riesce a scalare la vetta a causa di un signore chiamato Federico Fellini.

    1. La dolce vita (1960)

    Se si parla di cinema italiano, Fellini è da sempre il non plus ultra. La sua filmografia è piena zeppa di capolavori e di film iconici e sceglierne uno non è stato facile. Tuttavia, La dolce vita rappresenta appieno il suo spirito di cineasta, a cavallo tra quotidianità e surrealismo. Potremmo stare qui in eterno a elencare tutti gli elementi che rendono La dolce vita (1960) un capolavoro senza se e senza ma. La fotografia celestiale, la prova iconica di Marcello Mastroianni, la sequenza iniziale con la statua di Gesù, le musiche di Nino Rota, Anita Ekberg nella Fontana di Trevi: impossibile fermarsi. La posizione numero uno era forse scontata, ma è per questo che si chiamano ovvietà.

  • “Abigail” e altri 15 film di vampiri sottovalutati che meritano una seconda chance

    “Abigail” e altri 15 film di vampiri sottovalutati che meritano una seconda chance

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Il cinema sui vampiri non muore mai; cambia pelle, si reinventa, si contamina con la commedia, il noir, il fantasy, il melodramma e perfino il grottesco. Eppure, quando si pensa al grande schermo, i nomi mainstream ricorrenti restano sempre gli stessi: Dracula (1992), Intervista col Vampiro (1994), Nosferatu (2024).

    Ma il genere è infinitamente più ricco, stratificato e sorprendente di quanto sembri. Negli ultimi anni lo dimostrano due uscite che stanno riportando il vampiro al centro della conversazione cinematografica: Abigail (2024), un concentrato di ironia e sangue con una protagonista irresistibile, e Dracula – L’amore perduto (2025), il film passionale e ossessivo firmato da Luc Besson e attualmente in sala.

    Nel solco di questo rinnovato entusiasmo, abbiamo raccolto 15 film di vampiri ingiustamente passati in sordina, troppo spesso dimenticati o messi da parte, ma che meriterebbero una seconda possibilità. Dai cult autoriali ai gioielli indie, dalle commedie nere più intelligenti ai drammi gotici d’autore, ecco i titoli che ridanno vita – e mordente – al mito del vampiro.

    1. Abigail (2024)

    Abigail è la prova definitiva che il cinema sui vampiri può essere ancora fresco, moderno e divertentissimo. Il film gioca con l’immaginario del “vampiro classico” trasformandolo in un personaggio giovane, feroce e sorprendentemente carismatico: una bambina vampira che non ha nulla da invidiare ai villain più sanguinari. L’opera alterna ironia e violenza con grande equilibrio, costruendo un ritmo frenetico e una serie di situazioni che ribaltano continuamente le aspettative. Ciò che rende Abigail davvero sottovalutato è la sua capacità di essere un horror pop intelligente, senza mai sacrificare la tensione o la personalità. Nonostante alcuni consensi critici, il film non ha avuto il boom che meritava: la sua miscela di humour nero, coreografie sanguinose e personaggi folli lo rende invece uno dei titoli più divertenti e riusciti dell’anno.

    2. Byzantium (2012)

    Diretto da Neil Jordan – lo stesso autore di Intervista col Vampiro (1994) – Byzantium è un’opera elegante, malinconica e per molti versi rivoluzionaria nel raccontare la figura della vampira. Protagoniste sono una madre immortale e la figlia adolescente che vive intrappolata in un eterno presente, costretta a nascondersi in un mondo che non riesce a comprenderla. Jordan crea un’estetica cupa e sensuale, fatta di luci rosse, hotel decadenti e memorie spezzate. La vera bellezza del film risiede nell’intimità del rapporto tra le due protagoniste e nel modo in cui affronta i temi del desiderio, della sopravvivenza e del potere. Byzantium è stato ignorato dal grande pubblico, forse perché lontano dagli stereotipi dell’horror mainstream, ma è uno dei film sui vampiri più raffinati degli ultimi vent’anni.

    3. A Girl Walks Home Alone at Night (2014)

    Definito “il primo western vampirico iraniano”, A Girl Walks Home Alone at Night è un film unico, ipnotico, radicale. Girato in un bianco e nero che richiama il cinema d’autore europeo e il fumetto indie, racconta una misteriosa vampira che pattuglia le strade di una città immaginaria, proteggendo i deboli e punendo gli uomini violenti. Il film di Ana Lily Amirpour non punta sull’horror tradizionale, ma sul fascino magnetico della protagonista, che sembra uscita da una graphic novel underground. È un’opera profondamente politica e al tempo stesso romantica, che ha conquistato la critica ma non il pubblico mainstream, forse spiazzato dal tono poetico e non convenzionale. Eppure è un gioiello assoluto: iconico, femminista, stilisticamente impeccabile.

    4. Solo gli Amanti Sopravvivono (2013)

    Jim Jarmusch trasforma il vampirismo in un viaggio sensuale, decadente e filosofico. Solo gli Amanti Sopravvivono è la storia d’amore di due vampiri moderni, interpretati magnificamente da Tilda Swinton e Tom Hiddleston, che vivono tra musica vintage, malinconia e una stanchezza antica quanto il mondo. Jarmusch esplora l'immortalità non come condanna horror, ma come testimonianza lenta e dolorosa del cambiamento culturale. È un film di atmosfera, fatto di dialoghi sussurrati, scenografie crepuscolari e un uso meraviglioso della musica. Troppo “cool” per l’horror puro e troppo vampirico per il cinema arthouse puro, è rimasto in una sorta di limbo critico: amato da chi lo scopre, ma ancora poco visto. È un capolavoro di dolcezza oscura.

    5. Thirst (2009)

    Park Chan-wook porta la sua poetica dell’eccesso nel mondo dei vampiri e il risultato è devastante. Thirst racconta di un prete che, dopo un esperimento fallito, si trasforma in un vampiro combattuto tra fede e desiderio. Come sempre nel cinema del regista coreano, eros e violenza si intrecciano in un racconto viscerale e moralmente ambiguo. Il film è esteticamente sublime, ricchissimo di invenzioni visive e momenti shock pur rimanendo profondamente umano. Nonostante abbia vinto il Premio della Giuria a Cannes, Thirst è ancora poco conosciuto fuori dai circuiti cinefili. È un’opera cruda, sensuale, destabilizzante, che meriterebbe di essere considerata tra i migliori film vampirici del nuovo millennio.

    6. The Transfiguration (2016)

    The Transfiguration riprende il mito del vampiro e lo filtra attraverso lo sguardo di un ragazzo emarginato che vive nei quartieri più difficili di New York. Il film alterna realismo sociale e mitologia gotica, creando un ibrido affascinante che ricorda, per tono e delicatezza, opere come Moonlight (2016) o Lasciami Entrare (2008). La regia di Michael O'Shea è sobria, quasi documentaria, e permette allo spettatore di entrare completamente nella mente del protagonista, che vede nel vampirismo un modo per dare senso alla propria solitudine. È un film introspettivo, doloroso, per molti versi più vicino al dramma psicologico che all’horror. Proprio per questo non ha avuto la visibilità che merita: è un gioiello silenzioso, profondamente toccante.

    7. Daybreakers (2009)

    Uno dei film di vampiri più originali degli ultimi anni, Daybreakers immagina un futuro in cui i vampiri sono la maggioranza e gli umani sono diventati risorse da sfruttare. Quando il sangue comincia a scarseggiare, nasce una crisi globale che porta alla deriva sociale, politica e culturale. Il film combina azione, fantascienza e horror con un world-building di rara creatività. Il cast (Ethan Hawke, Willem Dafoe, Sam Neill) è sorprendente e la regia dei fratelli Spierig costruisce sequenze visive eleganti e inquietanti. Nonostante il grande potenziale, Daybreakers non ebbe un grande successo commerciale, ma oggi è considerato un’idea brillante che avrebbe meritato di diventare un franchise.

    8. Blood for Dracula (1974)

    Il Dracula di Udo Kier, diretto da Paul Morrissey e prodotto da Andy Warhol, è uno dei film più strani, erotici e provocatori mai dedicati al vampiro. Blood for Dracula mescola melodramma decadente, satira sociale e un’estetica teatrale che non assomiglia a niente di ciò che lo precede. Il film è volutamente artificiale, stilizzato, e utilizza il vampirismo come metafora della decadenza aristocratica. Kier è magnetico, fragile e mostruoso al tempo stesso, e la sua performance è ormai cult tra gli appassionati. Tuttavia, il film resta poco conosciuto fuori dai circoli cinefili. È una visione insolita, audace, a suo modo geniale.

    9. Stake Land (2010)

    Stake Land è un road movie post-apocalittico che affronta il vampirismo come minaccia brutale e “sporca”, molto più vicina agli zombie che ai vampiri aristocratici. Seguiamo un giovane sopravvissuto e il suo mentore attraverso una serie di comunità distrutte, sette religiose fanatiche e territori devastati. Il film è duro, realistico e sorprendentemente emotivo. Nonostante la piccola produzione, costruisce un mondo credibile e personaggi intensi, tanto da ricordare The Road (2009) o The Walking Dead (2010 - 2022). Al momento dell’uscita venne apprezzato ma rapidamente dimenticato. Meriterebbe invece di essere un punto di riferimento dell’horror indipendente degli anni 2010.

    10. Let the Wrong One In (2021)

    Questa horror-comedy irlandese è una perla nascosta. Let the Wrong One In prende la struttura classica del film di vampiri e la rovescia con humour irresistibile, dialoghi fulminanti e un’energia “di quartiere” che lo rende diversissimo da qualsiasi titolo americano. Il film racconta di un ragazzo che scopre che il fratello tossicodipendente è stato trasformato in vampiro durante una notte brava. Da lì parte una spirale di caos che unisce satira sociale e comicità splatter. Il risultato è sorprendente: divertente, intelligente, travolgente. Nonostante la qualità, il film non ha avuto la distribuzione che meritava. È una piccola gemma per chi ama il lato più leggero – ma non troppo – del vampirismo.

    11. Vampyr (1932)

    Tra tutti i grandi classici sui vampiri, Vampyr è probabilmente il più dimenticato. Carl Theodor Dreyer, uno dei maestri del cinema europeo, dirige un film onirico, poetico e profondamente sperimentale che dialoga più con l’arte surrealista che con l’horror tradizionale. La trama è quasi evanescente, costruita attraverso immagini, ombre, silenzi e un uso della fotografia che sembra anticipare Lynch e Bergman. Vampyr è un’esperienza più che un film: un viaggio nella psiche, un sogno inquieto che sfida le regole narrative. Al pubblico contemporaneo può risultare “lento”, ma la sua bellezza formale è indiscutibile. Merita assolutamente una riscoperta.

    12. Vampira Umanista cerca suicida consenziente (2023)

    Vampira Umanista cerca suicida consenziente, spesso ignorato a causa della distribuzione limitata, è una sorprendente commedia nera su una giovanissima vampira che si rifiuta di uccidere, nonostante le costanti pressioni della sua famiglia, per vivere e decide di cercare qualcuno disposto a farsi uccidere. Il film affronta temi come la solitudine, la mortalità e l’etica dell’esistenza con uno humour nerissimo, delicato e molto intelligente. La protagonista è irresistibile: sarcastica, elegante, malinconica, lontanissima dalle vamp femme fatale più tradizionali. Pur essendo leggero nel tono, il film riesce a parlare di dolore e scopo esistenziale in modo originale. È un’opera che sarebbe potuta diventare cult, e invece è finita nel limbo dei titoli dimenticati.

    13. What We Do in the Shadows (2014)

    Prima che arrivasse la serie TV (2019 – 2024), What We Do in the Shadows era un gioiello di culto che pochi avevano visto. Il film di Taika Waititi e Jemaine Clement è una delle commedie horror più brillanti degli ultimi vent’anni: un mockumentary che racconta la vita quotidiana di un gruppo di coinquilini vampiri. La comicità nasce dal contrasto tra l’assurdità della loro natura immortale e i problemi “domestici” più banali. Nonostante oggi il brand sia esploso grazie alla serie, il film originale resta leggermente nascosto e spesso non riceve il riconoscimento che merita. È intelligente, irresistibile, perfettamente dosato: un cult da riscoprire.

    14. Renfield (2023)

    Renfield è stato accolto tiepidamente al botteghino, ma è molto più divertente e brillante di quanto la sua campagna marketing lasciasse intuire. Nicolas Cage regala una delle performance vampiriche più godibili di sempre, un Dracula camp, teatrale e irresistibile. Accanto a lui, Nicholas Hoult interpreta Renfield come un assistente vittima di una relazione tossica letterale, trasformando il vampirismo in una metafora delle dinamiche abusanti. Il film è colorato, veloce, pieno di idee visive e momenti comici ben calibrati. È ingiustamente considerato minore solo perché non aderisce ai codici dell’horror puro: in realtà è una delle commedie d’azione più originali degli ultimi anni.

    15. Martin (1977)

    Con Martin, George A. Romero reinventa il vampiro come figura psicologica e non soprannaturale. Il protagonista è un giovane convinto di essere un vampiro, ma il film lascia costantemente dubbi sulla natura reale della sua condizione. Martin è inquietante, malinconico e devastante. La regia di Romero è asciutta, quasi documentaria, con un’attenzione rara al ritratto della solitudine e dell’alienazione. È uno dei film più influenti del vampirismo moderno, eppure resta inspiegabilmente ai margini della storia del cinema. Per chi ama le storie ambigue, senza risposte facili, questa è una delle opere più preziose da recuperare.

  • 25 novembre: film e serie TV sulla violenza di genere che tutti dovrebbero vedere

    25 novembre: film e serie TV sulla violenza di genere che tutti dovrebbero vedere

    Giovanni Berruti

    Giovanni Berruti

    Editor a JustWatch

    Oggi è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Un appuntamento, quello del 25 novembre, che ci invita a fare un punto su un problema strutturale, non fatto di casi isolati, e ad essere più propensi per un cambiamento culturale profondo.

    Una riflessione che purtroppo sembra ancora non avere riscontri concreti. 

    Basti pensare ai drammatici femminicidi che riempiono quotidianamente le pagine di cronaca e i servizi dei telegiornali, che con il passare degli anni sembrano aumentare vertiginosamente. Un bollettino che fa veramente paura, con dei numeri pari a quella di una vera e propria guerra. Raccontare la violenza di genere è fondamentale. È un compito da cui il cinema non si è mai sottratto, con artisti che da tutto il mondo hanno saputo mettere in scena un tema estremamente delicato, spaziando tra linguaggi e punti di vista. Le storie possono essere inventate di sana pianta o rielaborate da fatti realmente accaduti, ma la potenza del messaggio non cambia. Proprio di recente, per esempio, a due anni dal delitto che sconvolse l’Italia (e non solo), è stata annunciata la realizzazione di un film sulla storia di Giulia Cecchettin, Se domani non torno. È fondamentale dar voce alle vittime di una tragedia collettiva affinché non smettano mai di essere al centro del dibattito, soprattutto per sensibilizzare le generazioni che verranno. In occasione del 25 novembre, ecco alcuni film e serie televisive da riscoprire, che hanno cercato di raccontare una vera e propria piaga della società, con le relative dinamiche che continuano ad alimentarla.

    Il mio nome è Nevenka (2025)

    Da poco in sala come evento speciale, Il mio nome è Nevenka (2025) è un film necessario al dibattito. Arriva dalla Spagna la pellicola di Icíar Bollaín, raccontando la storia vera di Nevenka Fernández, una giovane consigliera comunale che trovò il coraggio di denunciare per molestie sessuali il suo capo, il sindaco di Ponferrada. Una pellicola che riporta al centro dei riflettori un caso che sconvolse il paese all’inizio del nuovo millennio, che sancì la prima condanna inflitta a un politico spagnolo, e che ancora oggi riesce a porre l’attenzione su quanto possa essere ancora oggi alto il prezzo per una donna che decide di non restare in silenzio e di opporsi a dei soprusi di questo tipo. Da non perdere.

    C’è ancora domani (2023)

    Opera prima di Paola Cortellesi, tra i più grandi casi cinematografici italiani degli ultimi anni. Ambientata nella Roma del secondo dopoguerra, C’è ancora domani (2023) racconta la storia di Delia (Cortellesi), sposata con un uomo violento e madre di tre figli, e della ricerca della forza per opporsi a un destino apparentemente segnato. Un film in bianco e nero, che pur muovendosi nel passato è capace di raccontare in maniera lampante il presente, ancora segnato da drammatici episodi di violenza domestica nei confronti delle donne. È diventata una pellicola manifesto, tanto che alcune frasi sono finite sui cartelli delle manifestazioni che si sono tenute in tutta Italia in seguito all’uccisione di Giulia Cecchettin, e a una di queste ha persino preso parte la stessa Cortellesi.

    Mia (2023)

    La vita di una famiglia viene sconvolta dall’ingresso nelle loro vite del ragazzo di Mia, la figlia adolescente. Un manipolatore, un violento, che non si farà alcuno scrupolo a distruggere la vita della quindicenne, a partire dal controllo ossessivo che comincerà a esercitare su di lei. È un film scomodo quello di Ivano De Matteo, doloroso e decisamente efficace sul piano emotivo, che parla di stalking, di violenza psicologica e di revenge porn, offrendo una fotografia realistica di quanto possano essere insidiose e pericolose le relazioni tossiche. Ma Mia (2023) è anche la storia di due genitori, interpretati da Edoardo Leo e Milena Mancini, della loro impotenza, soprattutto di un padre che sembra non sapere più come proteggere sua figlia da un amore malato.

    Adolescence (2025)

    Tra i titoli più discussi dell’anno, Adolescence (2025) è stata un pugno nello stomaco per tutti. Magistralmente interpretata da Stephen Graham, anche nelle vesti di co-creatore, e dal giovanissimo Ewan Cooper, all’epoca delle riprese quattordicenne, racconta la storia di un femminicidio, affrontando diversi temi come il bullismo, la misoginia e l’istigazione alla violenza. 

    Quattro episodi in cui lo spettro della violenza di genere è tangibile e che invitano a riflettere sulle radici di un odio verso le donne sempre più diffuso e, soprattutto, sempre più a portata di clic per i giovanissimi. Una miniserie che affronta il lato oscuro dell’adolescenza e la sfida dei genitori dei nostri giorni, soprattutto nell’educare al rispetto e all’amore verso il prossimo.

    Angela (2025)

    Una storia di violenza domestica. Dietro la facciata perfetta della vita di Angela, sposata con due figlie, si nasconde infatti un matrimonio sbagliato, in cui si ritrova vittima di manipolazione e soprusi. Angela (2025) è un thriller psicologico di sei episodi, capace di tenerti incollato allo schermo, offrendo costantemente quella sensazione che tutto possa degenerare irreversibilmente da un momento all’altro. Una miniserie spagnola che altro non è che un viaggio disturbante e claustrofobico, in cui ogni scelta può risultare determinante per la stessa sopravvivenza. Nonostante possa essere a volte un po’ sopra le righe, sa essere terribilmente attuale.

    Per Elisa – Il caso Claps (2023)

    La miniserie che ricostruisce l’omicidio di Elisa Claps. Basato sul libro “Sangue sull’altare” di Tobias Jones, Per Elisa – Il caso Claps (2023) si focalizza sulla travagliata battaglia condotta da Gildo Claps e dalla sua famiglia per fare luce sulla scomparsa della sorella Elisa e per assicurare il suo assassino alla giustizia. Sei episodi per la regia di Marco Pontecorvo per far luce su uno dei femminicidi più sconvolgenti mai conosciuti dalla storia recente del nostro paese, una fiction che ha ottenuto un gran seguito sin dal suo debutto su Rai Uno.

    Alba (2021)

    Alba è vittima di uno stupro. È una serie molto forte, che ripercorre la parabola di una giovane donna, la cui esistenza viene sconvolta dopo aver subito una violenza di gruppo. Un dramma coinvolgente che esplora le terribili conseguenze di un atto criminale contrapposte alla sete di verità e di giustizia della protagonista. Adattamento spagnolo di una celebre serie turca, Alba (2021) è composta da tredici episodi, ed è importante guardarli per riflettere sulle molteplicità della violenza di genere e per sensibilizzare sull’importanza del non restare in silenzio e di denunciare, nonostante le difficoltà che purtroppo troppe donne conoscono ancora oggi.

    Unbelievable (2019)

    Marie racconta di essere stata violentata. Ma non viene creduta. Tra le miniserie più interessanti mai realizzate negli ultimi anni, Unbelievable (2019) racconta l’odissea di uno stupro, del calvario di una giovane donna, che si ritrova ad affrontare lo scetticismo della polizia e delle persone a lei vicine. Oltre agli effetti giudiziari dell’indagine, capace di agganciare il pubblico nel corso degli otto episodi, si sofferma molto sul lato emotivo, raccontando anche le possibili ripercussioni nel privato delle vittime di uno stupro. Un titolo indispensabile, consigliato a chi è alla ricerca di una storia basata su fatti reali, tra introspezione e indagine poliziesca, e soprattutto per l’approccio delicato nel racconto di temi che sono ancora all’ordine del giorno.

    Nome di donna (2018)

    Tra la filmografia di Marco Tullio Giordana c’è stato spazio anche per la violenza di genere. Stavolta per quella perpetrata sul luogo di lavoro. Con Nome di donna (2018) il regista de I cento passi (2000) e La meglio gioventù (2003) racconta la storia di Nina (Cristiana Capotondi), una donna che dopo aver trovato un impiego presso una prestigiosa clinica per anziani trova il coraggio di denunciare il dilagante abuso di potere maschile al suo interno con le relative violenze fisiche e psicologiche perpetrate nei confronti delle donne, da sempre coperte da un grande muro di omertà. Un film che ancora oggi è terribilmente attuale, considerato che secondo una ricerca ISTAT sono quasi due milioni le donne, tra i 15 e i 70 anni, ad aver subito almeno una volta una forma di molestia sul lavoro nel corso della vita.

    Io ci sono (2016)

    Cristiana Capotondi è di nuovo protagonista di un altro film di denuncia. Io ci sono (2016) ripercorre la vera storia di Lucia Annibali, giovane avvocatessa, sfregiata con l’acido su mandato dell’uomo con cui aveva avuto una relazione tormentata. Oggi Lucia è uno dei simboli della violenza di genere, e questa pellicola tratta dal suo libro è un film che parla di tragedia e di speranza, mettendo in scena il coraggio di una donna che nonostante il dolore subito non si è mai voluta arrendere, andando in prima linea contro il suo aguzzino e ritrovando la forza di ricominciare una nuova vita. Una visione indispensabile nella Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, e non solo.

    A letto con il nemico (1991)

    Un thriller che ancora oggi è tra i capisaldi delle pellicole sulla violenza di genere, che racconta le dinamiche tossiche di una relazione apparentemente perfetta. Come quella tra Martin e Laura, interpretati da Patrick Bergin e Julia Roberts, che oscilla tra momenti di affetto e di violenze inaudite. Tanto che la donna arriva a fingere la propria morte nel tentativo di rifarsi una vita. Ma l’uomo la troverà e la comincerà a perseguitare. A letto con il nemico (1991) è un cult, in cui si susseguono i colpi di scena, che oltre a contenere una delle migliori performance della Roberts, riesce ancora a parlare del presente – tant’è che negli anni scorsi si era persino parlato della possibilità di un remake in virtù dell’importanza del tema affrontato.

    La vita possibile (2016)

    Prima di Mia (2023), Ivano De Matteo aveva già raccontato la violenza di genere. Con La vita possibile (2016) ha messo in scena la storia di Anna e il figlio tredicenne Valerio, in fuga da un marito violento. È soprattutto una storia di rinascita, che vuole sensibilizzare su una piaga sociale che spesso purtroppo sfocia in finali drammatici. È un film che dunque non insiste sugli abusi stessi quanto sull’importanza del saper riconoscere la molla per poter reagire e soprattutto riconoscere che dove c’è violenza non può esistere alcuna forma di amore.

    Polytechnique (2009)

    Tra le prime pellicole di Denis Villeneuve, è il racconto di una strage realmente accaduta. Polytechnique (2009) ripercorre infatti il massacro avvenuto al École Polytechnique di Montreal, avvenuto il 6 dicembre 1989, quando un ragazzo uccise quattordici studentesse per poi togliersi la vita. C’è un prima, un durante e un dopo della tragedia, il cui richiamo cinematografico a Elephant (2003) di Gus Van Sant è inevitabile. Ma oltre alla cronaca dei fatti è importante la riflessione suscitata da un’opera come quella di Villeneuve, che cerca di analizzare le radici di una tragedia che fu un femminicidio di massa, il cui responsabile aveva apertamente dichiarato il proprio odio nei confronti delle femministe. Un film breve, senza filtri e da recuperare per la sua inquietante contemporaneità.

  • Da “Zootropolis” a “Toy Story”: 10 film Disney con un concept originale più dark di quanto pensi

    Da “Zootropolis” a “Toy Story”: 10 film Disney con un concept originale più dark di quanto pensi

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Si fa presto a dire film per bambini. Dietro la magia, il sogno e l'immaginazione, molti lungometraggi Disney – e Disney Pixar – in principio erano decisamente diversi rispetto al risultato finale. Spesso, in fase di scrittura, il pitch è ancora work-in-progress: ci vuole tempo per essere aggiustato e, a volte, addirittura riscritto. 

    Basti pensare a La bella e la bestia, capolavoro del 1991. I primi storyboard mostravano una versione più fiabesca e più convenzionale del soggetto, lontana dai toni gotici che hanno poi contraddistinto il 30° Classico Disney. Come non pensare poi a Zootropolis (2016): l'idea di partenza prevedeva addirittura di inserire in sceneggiatura un collare elettrico per addomesticare i predatori. Un elemento decisamente inquietante, poi eliminato durante la produzione.

    Partendo proprio dall'oscuro soggetto di Zootropolis, JustWatch ha stilato una classifica dei 10 film Disney con un concept molto più dark di quanto si pensi.

    10. Zootropolis (2016)

    Lo spunto narrativo di Zootropolis partiva dall'utilizzo dei collarini elettrici, destinati ai predatori. Un concept estremo, considerando che la volpe Nick Wilde, inizialmente, avrebbe dovuto gestire un rifugio illegale nel quale liberava gli animali dalla costrizione. Altra nota: la coniglietta Judy Hopps non era la protagonista, ma una semplice spalla.

    Il team produttivo della Disney pensava inizialmente che il controverso oggetto sarebbe stato un ottimo espediente narrativo, ma dopo diverse proiezioni di test i feedback furono decisamente negativi. Basti pensare che tra le scene eliminate c'è anche “la festa dell'addomesticamento” del piccolo Morris, un orsetto polare poi tagliato dal montaggio finale. Se hai amato gli animali antropomorfi di Troppo Cattivi (2022), Zootropolis è il film perfetto per te.

    9. Le follie dell'imperatore (2000)

    Una vera e propria commedia brillante quella di Mark Dindal. Eppure, Le follie dell'Imperatore, in origine, era molto differente. Il progetto era stato sviluppato con il titolo Kingdom of the Sun, e sarebbe dovuto essere il tentativo di reinterpretare Il principe e il povero di Mark Twain. In questa versione, Kuzco — sempre imperatore — avrebbe scambiato la propria identità con quella di un popolano a lui somigliante.

    Il personaggio sarebbe comunque stato trasformato in un lama, ma in circostanze molto diverse e decisamente più cupe. Yzma, antagonista della storia, non avrebbe voluto punire Kuzco per averla licenziata: il suo obiettivo originale era addirittura distruggere il sole. Il film sarebbe stato comunque interessante, ma di certo molto meno divertente rispetto al montaggio definitivo. Se sei un fan degli outsider animati in stile Rango (2011), Le follie dell'imperatore è il titolo che devi rivedere.

    8. Alla ricerca di Dory (2016)

    Cambio in corsa, in casa Pixar, durante la realizzazione de Alla ricerca di Dory. Il lieto fine, infatti, non era originariamente preventivato. Accanto ai protagonisti storici – Dory, Nemo e Marlin – compaiono anche alcuni nuovi personaggi, strappati alla prigionia del Marine Life Institute in California: lo squalo balena Destiny, la beluga Bailey e il polipo Hank. Tutti salvati, tutti restituiti alla vita. Eppure, dietro il finale, si nasconde un’ombra che pochi conoscono.

    I nuovi personaggi rischiavano in origine un destino molto diverso: sarebbero rimasti indietro, abbandonati per sempre all’interno del Marine Life Institute. È stato Blackfish (2013), con la sua denuncia straziante della vita in cattività delle balene, a cambiare tutto: il documentario ha colpito profondamente i dirigenti Disney, costringendo i creativi a rielaborare il tutto. Scelta saggia. Se ti sei commosso con Alla ricerca di Nemo (2003), non puoi perderti questo sequel.

    7. Il Re Leone (1994)

    Un concept ancora più oscuro di quello finale, plasmato da Roger Allers e Rob Minkoff? Esatto. Perché se la morte di Mufasa ha segnato intere generazioni, la scena madre de Il Re Leone doveva essere ancora più spietata ed esplicita. Scar, in prima stesura, non aveva alcun legame di sangue con la famiglia di Simba: doveva essere un leone solitario, violento e sanguinario. L'iconica dipartita di Mufasa era ben diversa: Scar lo uccideva spezzandogli il collo.

    Più in generale, le prime versioni del film erano estreme e sicuramente meno adatte alle famiglie. Al centro doveva esserci una cruenta battaglia tra leoni e babbuini, mentre Rafiki sarebbe dovuto essere un ghepardo. Quando Minkoff sostituì George Scribner alla regia le cose cambiarono. È restata la tragedia, ma addolcita e poeticizzata. Se adori Kimba – Il Leone Bianco (1997), Il Re Leone è il film che fa per te.

    6. Toy Story (1995)

    Sì, assurdo solo pensarlo: un evil Woody. Eppure, nelle prime versioni di Toy Story, il cowboy di pezza era stato pensato come un vero cattivo: uno sceriffo autoritario, egoista e aggressivo nei confronti degli altri giocattoli, vantandosi di essere il preferito di Andy. La scelta derivava dalle richieste di Jeffrey Katzenberg, allora presidente della Disney, che voleva un tono più adulto e cinico.

    Quando una versione preliminare del film venne mostrata ai dirigenti la reazione fu negativa: rimasero talmente scioccati da sospendere la produzione. A sbrogliare la situazione ci pensò John Lasseter, che rielaborò la storia che tutti noi abbiamo amato. Se ti sei divertito con i giocattoli di Small Soldiers (1998), non perderti Toy Story.

    5. Frozen - Il regno del ghiaccio (2013)

    Il più grande trionfo della Disney dal punto di vista degli incassi aveva un concept decisamente più oscuro. In origine, Elsa — la futura regina dei ghiacci — era stata concepita come la vera antagonista, pronta a tormentare Anna, molto più vulnerabile. A cambiare il pitch fu la regista Jennifer Lee, che ripensò completamente il personaggio, partendo dal significato del brano “Let It Go”.

    Alla fine Elsa, da cattiva, divenne una sorella maggiore profondamente umana. Questo cambiamento ha permesso al film di introdurre una dinamica insolita per i Classici Disney: non una storia romantica, ma il legame affettivo tra due sorelle. Se La Sirenetta (1989) è il tuo film Disney preferito, amerai Frozen.

    4. Mulan (1998)

    Come per Frozen, anche in Mulan il romanticismo non è il filo conduttore. Pur essendoci alcuni accenni al legame affettivo tra la protagonista e il capitano Li Shang, l’opera si conclude con un semplice accenno, senza essere il fulcro della trama. Il vero motore del percorso di Mulan è il desiderio di proteggere e onorare la famiglia Fa, prendendo il posto del padre nella guerra contro gli Unni.

    Ciononostante, nelle prime versioni della storia era prevista una scena in cui Mulan e Shang risultavano promessi sposi tramite un matrimonio combinato. In questo scenario alternativo, sarebbe stato il rifiuto di Mulan a questo accordo — e non l’amore per suo padre — a spingerla ad arruolarsi nell’esercito. Una scelta del genere avrebbe reso il personaggio molto meno eroico e ne avrebbe indebolito la trama, per cui questo pitch venne abbandonato durante la produzione.Se ti sei emozionato con Pocahontas (1995), l'eroismo di Mulan è quello che fa per te.

    3. Monsters & Co. (2001)

     Monsters & Co. del 2001 ruota attorno a due legami affettuosi: la complicità tra Sulley e Mike, e il rapporto quasi paterno che Sulley sviluppa con la piccola Boo, una bambina smarrita a Mostropoli. Eppure, nelle prime fasi dello sviluppo, nulla di tutto ciò esisteva: né l’ironia di Mike, né l’innocenza di Boo, né la dolce amicizia che oggi definisce la trama. La versione originale della storia era infatti molto più cupa, quasi un contrappunto inquietante ai toni vivaci del film.

    Il protagonista non era un mostro, ma un adulto tormentato. Una notte, iniziano a comparirgli delle creature deformi: mostri generati dai disegni che faceva da bambino, ora distorti dai suoi rimpianti e dalle sue paure irrisolte. Proprio come in Canto di Natale di Dickens. Difficile immaginare i coloratissimi e caotici abitanti di Mostropoli immersi in un simile scenario, dominato non dall’umorismo ma da un viaggio interiore carico di ombre. Se ti sei divertito con i mondi assurdi di Cattivissimo Me (2010), Monsters & Co. è il titolo giusto.

    2. Il gobbo di Notre Dame (1993)

    Tra i Classici Disney più dark, Il Gobbo di Notre Dame originariamente era ancora più nero. Lo sceneggiatore Tab Murphy racconta che, nelle prime idee, era prevista una storia d’amore tra Quasimodo ed Esmeralda. Tuttavia, la decisione di rendere Febo una figura più eroica e centrale portò naturalmente ad annullare il torbido triangolo tra i tre personaggi.

    Altra cosa: per venire incontro alle richieste della Disney, una delle prime modifiche riguardò la figura di Frollo: invece di mantenerlo arcidiacono, come nel romanzo, fu trasformato in un giudice, così da evitare possibili controversie religiose. Se adori i toni oscuri della Disney in stile Il Pianeta del Tesoro (2002), Il Gobbo di Notre Dame è il film animato adatto a te.

    1. Oliver & Company (1988)

    Uno dei Classici Disney più tristi della storia era, inizialmente, ancora più drammatico. Chiamato Oliver and the Dodger, l'amicizia tra il gatto soriano e un gruppo di cani randagi di New York aveva ben altre note, molto più crude. La prima stesura vedeva i due dobermann di Sykes – il villain del film, uno spietato usuraio – uccidere i genitori di Oliver, con il gatto poi intenzionato a vendicarsi. Una linea di trama ben diversa. 

    E non finisce qui. Prima del licenziamento di Richard Rich come co-regista, la lavorazione prevedeva anche un'altra drammatica scena: il senzatetto Fagin avrebbe dovuto rapire un panda dallo zoo. Davvero troppo! Se ami l'animazione di Lilli e il vagabondo (1955), Oliver & Company è il titolo per te.

  • Prima di "Wicked – For Good”: 10 film musical con un sequel di successo

    Prima di "Wicked – For Good”: 10 film musical con un sequel di successo

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Guardando ai dati del botteghino, Wicked – Parte 2 ha già superato se stesso. Nel weekend di apertura, il capitolo finale diretto da Jon M. Chu ha incassato più del suo predecessore uscito nel 2024. Il film, basato sull'opera teatrale musicale con musiche e testi di Stephen Schwartz su libretto di Winnie Holzman, è diventato l'adattamento cinematografico di Broadway di maggior successo di tutti i tempi.

    In questo capitolo Cynthia Erivo e Ariana Grande tornano a interpretare rispettivamente Elphaba e Glinda, la strega cattiva dell'Ovest e la strega buona del Nord. Ma questa volta le due amiche sono separate e costrette a convivere con le conseguenze delle loro scelte. Un classico del genere che ha catturato milioni di spettatori in tutto il mondo che ne conoscono a memoria ogni brano, da “Defying Gravity” a “Popular” e che in questa nuova pellicola verranno sorpresi da nuovi  numeri musicali.

    JustWatch ha stilato la classifica dei 10 musical con un sequel di successo.

    10. Grease 2 (1982)

    Sono ancora troppi a non sapere che un classico del cinema come Grease (1978) ha all'attivo un sequel con un cast del tutto nuovo rispetto all'originale. A partire da Michelle Pfeiffer nei panni di Stephanie, membro delle Pink Ladies e fidanzata del leader dei T-Birds. Ma l'incontro con il timido Michael (Maxwell Caulfield) manda all'aria la sua vita.

    Non siamo neanche lontanamente ai livelli del film con John Travolta e Olivia Newton-John, ma Grease 2 nelle sue quasi due ore di durata sa come difendersi. Il motivo è semplice: la pellicola di Patricia Birch è un concentrato di intrattenimento leggero immerso nelle atmosfere degli anni '80. Anche qui non mancano coreografie e brani originali come “Cool Rider” intonata da una giovanissima Pfeiffer, “Girl For All Seasons” o “We're Gonna Score Tonight”. Se ti sono piaciuti Hairspray – Grasso è bello (2007) e Cry-Baby (1990), devi dare una chance al film.

    9. Pitch Perfect 2 (2015)

    Un successo al botteghino superiore all'originale fa entrare di diritto Pitch Perfect 2 nella nostra classifica. Questa volta, dopo un'esibizione disastrosa davanti al presidente Obama, le Barden Bellas vengono sospese dai circuiti americani. Per riconquistare il loro onore decidono di iscriversi al campionato mondiale di canto a cappella, scontrandosi con le Das Sound Machine.

    Tornano l'umorismo e le dinamiche di gruppo che hanno caratterizzato Pitch Perfect (2012), così come la musica. Il vero motore del film che qui si arricchisce di nuovi arrangiamenti – come “Riff-Off” e “Flashlight” - e tematiche come la separazione e la preoccupazione per il futuro, che non sono mai prive di un tocco di leggerezza. Se ti sei divertito a guardare Lemonade Mouth (2011), non puoi perderti questo classico moderno.

    8. Camp Rock 2: The Final Jam (2010)

    Nel 2008 Camp Rock è stato un successo travolgente per un pubblico di adolescenti che si sono innamorati delle canzoni del film, da “Play My Music” a “This Is Me”. Ma due anni dopo la magia si è duplicata con il sequel Camp Rock 2: The Final Jam. I due protagonisti, Mitchie (Demi Lovato) e Shane (Joe Jonas), tornano al campo estivo dove si erano conosciuti e scoprono che, dall'altra sponda del lago è sorto Camp Star. Un campo rivale che attira molti studenti e che porta a una sfida musicale per decidere chi resterà in attività.

    Non c'è nulla di particolarmente innovativo nella trama di questo secondo capitolo, ma è palese come la produzione abbia investito per rendere i numeri musicali più elaborati e numerosi. Una pellicola energica e frizzante che mantiene alto l'entusiasmo e ci regala 15 brani nuovi di zecca da cantare in allegria spalmati nel corso di 97 minuti, da “Brand New Day” passando per “Heart and Soul”. E mentre Camp Rock 3 è stato già confermato, puoi recuperare i primi due film. Specie se ti è piaciuto A Cinderella Story: Once Upon a Song (2011).

    7. High School Musical 2 (2007)

    Ci troviamo di fronte a uno di quei sequel che riescono ad eguagliare e addirittura superare l'originale. High School Musical 2 è la gioia di ogni fan che non chiedono altro di poter continuare ad amare le storie e le canzoni intonate dai loro beniamini. La trama riprende le fila del primo film ed esplora ulteriormente la linea romantica tra Troy (Zac Efron) e Gabriella (Vanessa Hudgens) mentre i protagonisti devono formare un numero musicale da portare alla serata dei talenti che si terrà al country club in cui lavorano. Inutile sottolineare che nel mezzo ci saranno amicizie e relazioni messe alla prova.

    Un'ora e quaranta minuti circa in cui la qualità delle esibizioni e dei numeri musicali è alta, anche grazie al cambio di ambientazione che dai corridoi della scuola si sposta negli spazi del country club. Se dovessimo scegliere dei momenti chiave del film, sarebbero le esibizioni sulle note di "Bet On It", "Gotta Go My Way"e "Fabulous" che fanno della colonna sonora di questo sequel un successo duraturo. Da non perdere se hai amato Glee (2009).

    6. Il re leone 2 - Il regno di Simba (1998)

    Se Il re leone (1994) era ispirato all'Amleto di Shakespeare, il suo sequel, Il re leone 2 - Il regno di Simba, guarda a Romeo e Giulietta. Questa volta l'azione è incentrata su Kiara, figlia di Simba, che stringe amicizia con un giovane leone cresciuto dai fedeli del defunto Scar. Un legame che deve superare la rivalità tra i due branchi per riportare la pace.

    Un sequel che parla di perdono mentre approfondisce il rapporto padre/figlia e ci ricorda di non fermarci alle apparenze. Anche se i brani non hanno la forza di quelli scritte da Elton John e Tim Rice, in 81 minuti si susseguono canzoni – da “He Lives in You” a “We Are One” passando per “Love Will Find a Way” - che hanno saputo lasciare un segno facendo della pellicola un ottimo sequel che merita di essere visto.

    5. Il ritorno di Mary Poppins (2018)

    Julie Andrews nei panni della bambinaia più famosa di tutti i tempi è un'icona difficile da eguagliare. Nel 2018 il guanto di sfida lo ha impugnato Emily Blunt ne Il ritorno di Mary Poppins. Una pellicola ambientata a Londra 25 anni dopo i fatti raccontati nell'originale. Ora Michael Banks è un padre di tre figli che ha appena perso la moglie e rischia di perdere anche la casa. È per questo che la magica tata decide di tornare in città per riportare la gioia nella sua  famiglia.

    Un sequel rispettoso dell'originale che, però, non ha paura di esprimere la sua unicità e offrire un'esperienza di divertimento e allegria. Merito anche degli elaborati numeri musicali e delle nuove canzoni che vedono protagonista Blunt insieme a Lin-Manuel-Miranda, così come Angela Lansbury e Dick Van Dyke. Una pellicola di oltre due ore ricca di sequenze visivamente suggestive avvolte da un senso di calore e positività. Se hai amato Pomi d'ottone e manici di scopa (1971), non puoi perderti Il ritorno di Mary Poppins.

    4. Frozen 2 – Il segreto di Arendelle (2019)

    Che "Let It Go" sia diventato un classico istantaneo non c'è dubbio. Ma è anche vero che le storie di Elsa, Anna, Kristoff, Olaf e Sven hanno continuato a riscontrare il favore del pubblico anche in Frozen 2 - Il segreto di Arendelle. Un film ambientato tre anni dopo gli eventi del primo, in cui i protagonisti intraprendono un viaggio verso la foresta incantata per scoprire l'origine dei poteri di Elsa e svelare un antico mistero che minaccia il regno di Arendelle.

    Un sequel dichiaratamente ambizioso che ha l'obiettivo di eguagliare il successo dell'originale (e di superarlo). Per farlo sceglie di affidarsi a una trama più cupa che mette al centro personaggi più maturi. Anche il versante musicale non è da meno come dimostrato da "Into the Unknown", "Show Yourself" e "Lost in the Woods". Se ti sono piaciuti Raya e l'ultimo drago (2021) e Dragon Trainer 2 (2014), Frozen 2 non ti deluderà.

    3. Mamma Mia! Ci risiamo (2018)

    Un po' sequel e un po' prequel. Con Mamma Mia! Ci risiamo, la storia di Donna (Meryl Streep/Lily James) e Sophie (Amanda Seyfried) si muove tra presente e passato grazie a una serie di flashback che raccontano di come la protagonista abbia conosciuto ciascuno dei tre “padri” in un'estate indimenticabile. Se Mamma Mia! (2008) è stato un trionfo di pubblico e critica, questo secondo capitolo non è stato da meno.

    Il merito è dato da una struttura narrativa costruita con intelligenza e da un'idea originale di fondo che esalta e amplia quanto raccontato nel primo film. Quasi due ore di numeri musicali irresistibili, dall'omonima “Mamma Mia” a “Dancing Queen” e “Fernando” fino a “When I Kiss The Teacher” che ne hanno fatto un seguito dal successo più che meritato. Se ti sei emozionato guardando Across the Universe (2007) e Yesterday (2019), puoi star certo che Mamma Mia! Ci risiamo ti ruberà il cuore.

    2. Sing 2 - Sempre più forte (2021)

    Uno dei film di animazione degli ultimi anni più riuscito che vedrete in circolazione. Il panda Buster Moon e i suoi cantanti hanno un sogno: esibirsi nel leggendario Redshore City. Per realizzarlo devono convincere a far tornare sul palco una leggenda del rock, il leone Clay Calloway. Se già Sing (2016) era uno spasso, con Sing 2 - Sempre più forte il regista e sceneggiatore Garth Jennings si è superato portando il racconto a dei livelli ancor più alti in termini di messa in scena e musiche.

    Un film che parla dell'importanza di mettere da parte la paura e superare i propri limiti, quelli che spesso ci autoimponiamo. La colonna sonora e le sequenze musicali sono da capogiro e nel corso di 110 minuti spaziano da “Girl on Fire” a “I Still Haven't Found What I'm Looking For” e “I Say a Little Prayer” regalando intrattenimento ed emozioni. Da recuperare se ti è piaciuto Trolls 2: World Tour (2020).

    1. Sister Act 2 - Più svitata che mai (1993)

    Per farti rendere conto di quanto Sister Act 2 - Più svitata che mai abbia lasciato un segno indelebile in chiunque lo abbia visto, ti basta sapere che la sequenza del concerto sulle note di “Oh Happy Days” ha raggiunto quota 78 milioni di visualizzazioni su YouTube. La riprova di quanto il film musicale con Whoopie Goldberg sia un successo senza pari e senza tempo. Questa volta la sua Deloris Van Cartier torna a vestire i panni di suor Maria Claretta per insegnare musica a una classe di liceali indisciplinati e svogliati, salvando la scuola parrocchiale dalla chiusura.

    Tra le scene cult impossibile poi non citare quella che vede Lauryn Hill intonare “Joyful Joyful” che lascia poi spazio a una sequenza corale trascinante. A oltre 30 anni dalla sua uscita, il film continua a collezionare fan e a dimostrare che se le storie sono scritte tenendo a mente l'importanza delle emozioni, il pubblico le premierà. Poco più di un'ora e 40 minuti di energia, commozione, divertimento e gioia.

  • Non solo “Stranger Things”: le migliori serie Sci-Fi da guardare su Netflix

    Non solo “Stranger Things”: le migliori serie Sci-Fi da guardare su Netflix

    Alessandro Zaghi

    Alessandro Zaghi

    Editor a JustWatch

    Dai classici di Asimov, Philip K. Dick o William Gibson, la fantascienza non ha mai finito di stupire, e di farci riflettere. Universi fantastici, ma mai fantasy, dove trame e personaggi sono metafore per raccontare il nostro mondo e i limiti della conoscenza umana, tra tecnologia, filosofia contemporanea, neuroscienze o richiami alla sociologia sperimentale.

    Non solo robot giganti o viaggi interstellari, quindi, ma distopie, dimensioni quantiche, intelligenze artificiali e algoritmi fuori controllo. Il genere sci-fi ha sfumature infinite, così come infiniti sono gli stimoli che questo genere ha regalato al cinema e alle serie TV.  E tra le piattaforme streaming principali, Netflix è quella che più delle altre ne ha riscoperto il potenziale. Infatti, dopo le grandi saghe galattiche, la fantascienza sembrava finita nel dimenticatoio, o relegata tra gli stand di qualche Comic-Con, ma tra produzioni originali e scommesse azzeccate, il “tudum” ha riportato la popolarità del genere alle stelle. 

    È se l’universo è infinito e in espansione, anche il catalogo sci-fi di Netflix non scherza. In questa lista abbiamo provato a orientarci, tra supernove o buchi neri, con una guida essenziale alle migliori serie fantascientifiche presenti sulla piattaforma. 

    Neon Genesis Evangelion (1995)

    Un anime che ha fatto storia degli anni Novanta e, in generale, delle serie d'animazione giapponese. Dietro ai robot giganti e alle battaglie apocalittiche si nasconde una storia profonda e inquieta sull’identità e l’impossibilità di comunicare. Sullo sfondo temi etici e filosofici sul rapporto tra uomo e tecnologia, richiami biblici e cabalistici, simbolismo religioso e neuroscienze cognitive, Neon Genesis Evangelion è fantascienza esistenziale in purezza. Non a caso è uno dei titoli più iconici (e discussi) del genere. Non è una serie facile, ma un’esperienza che segna e rimane per chiunque sia disposto a lasciarsi trasportare in questo universo.

    Black Mirror (2011–oggi)

    Black Mirror è probabilmente la serie antologica che ha lanciato il genere sci-fi su Netflix. Un viaggio attraverso tutte le sfumature possibili del distopico con episodi quasi sempre slegati tra loro, ma la domanda al centro rimane la stessa: “Che succede quando la tecnologia ci sfugge di mano?”. Come suggerisce il titolo, Black Mirror è uno specchio oscuro attraverso cui leggere il presente, certamente estremizzato, ma in qualche modo intravedibile (almeno attraverso lo schermo del nostro telefono). Gli episodi sono legati dal tema della tecnologia, ma risultano anche abbastanza diversi fra loro per tono e genere, che difficilmente non ne troverete almeno uno che fa per voi.

    Sense8 (2015–2018)

    Otto sconosciuti in otto angoli diversi del mondo scoprono di essere connessi mentalmente ed emotivamente. Dopo aver rivoluzionato il genere con Matrix, le sorelle Wachowski tornano allo sci-fi per raccontare l’essenza dell’umano in una storia sull’identità, empatia, accettazione. Sense8 è una serie intensa e tra le più emozionanti dell’intero catalogo Netflix, da scoprire e riscoprire ancora. E se all’ultima puntata parte la standing ovation dal divano, non preoccupatevi, non siete i soli.

    Stranger Things (2016–oggi)

    Forse la più conosciuta e iconica tra le serie presenti sulla piattaforma. Atmosfere “spielberghiane”, richiami agli anni Ottanta e Novanta, una colonna sonora da brividi sullo sfondo di una trama che ha incollato allo schermo milioni di spettatori in tutto il mondo. Se non avete mai sentito parlare di Stranger Things (specialmente a ridosso dell’uscita della quinta e ultima stagione!) è forse il momento di uscire dalla caverna: questo è un titolo che ha lanciato lo sci-fi nella cultura pop contemporanea, imprescindibile per tutti gli appassionati di serialità. Chi cerca la fantascienza pura, dagli alieni agli esperimenti scientifici, non resterà deluso.

    The OA (2016–2019)

    Se non avete visto questa serie cult uscita nel 2016, è ora di recuperarla. The OA è una delle serie più visionarie che possiate scoprire tra viaggi interdimensionali, esperimenti segreti, spiritualità e misticismo: al centro della trama c’è un misterioso rapimento e una danza, ma non andiamo oltre: no spoiler! Forse non per tutti, ma se entrate nel mondo dell’Angelo Originario, difficilmente ne uscirete. Perfetta per chi cerca un bilanciato mix di fantascienza e fantasy, forse meno adatta a chi cerca un trama più leggera e meno contorta.

    Dark (2017–2020)

    Anche qui un misterioso rapimento, ma questa volta in una sperduta cittadina tedesca circondata dalla foresta. Ma quello che sembra l’inizio di un giallo si trasforma in un racconto di viaggi nel tempo, paradossi temporali e richiami all’eterno ritorno nietzschiano. Dark è una delle serie sci-fi più complesse e affascinanti degli ultimi anni. Se amate le atmosfere cupe e le trame labirintiche, qui troverete un capolavoro in cui perdervi (letteralmente). Si raccomanda una certa preparazione a ritrovarsi invischiati in un intreccio di vite e personaggi decisamente complesso. Se avete carta e penna a disposizione… usateli!

    Maniac (2018)

    I personaggi interpretati da Emma Stone e Jonah Hill partecipano a un misterioso esperimento farmaceutico. Da lì, comincia un viaggio surreale tra mondi alternativi, memorie rimosse e identità che si sovrappongono. Maniac è una miniserie brillante, visivamente spettacolare, unica nel suo genere. Questa serie è un mix di satira, psicologia e sci-fi psichedelica ambientata in una New York retrò-futuristica che la rende un gioiello incatalogabile, da gustarsi anche solo per il cast di fuoriclasse! Consigliata per chi ama un tocco di psicologia umana mischiato alla fantascienza.

    Love, Death & Robots (2019–oggi)

    Sul fatto che Netflix abbia sdoganato l’animazione per adulti non ci piove, ma con Love, Death & Robots ha portato il discorso a un altro livello. Si tratta di sperimentazione pura che esplora ogni angolo dello sci-fi, ma gettata dentro un caleidoscopio che va dal genere comedy al thriller psicologico. Questi episodi d’animazione 2D e 3D della durata di venti minuti ciascuno, ognuno visivamente sorprendente e diverso per trama e tematiche, compongono una serie antologica da gustarsi in pillole di fantascienza pura: una delizia per la mente e per gli occhi.

    The Umbrella Academy (2019–oggi)

    Sette fratelli adottivi, ognuno con un potere speciale (e una bella dose di traumi infantili), “arruolati” per salvare il mondo. Tratta dall’omonima graphic novel, The Umbrella Academy è una serie supereroistica con una vena sci-fi ben marcata, tra viaggi nel tempo, universi alternativi e un girotondo di apocalissi. Un po’ Ritorno al futuro, un po’ universo Marvel, ma senza essere nulla di tutto ciò. Se cercate una serie leggera e appassionante, ma diversa dal solito titolo sui supereroi, qui avrete pane per i vostri denti.

    Alice in Borderland (2020–oggi)

    Una Tokyo post-apocalittica, giochi di sopravvivenza di una crudeltà inaudita e un mistero da risolvere. Alice in Borderland porta lo sci-fi in Giappone con una serie che mescola adrenalina, katane e scenari distopici. Ogni gioco è una sfida mortale, ogni puntata aggiunge nuovi livelli al mistero, il tutto con evidenti rimandi al romanzo di Lewis Carroll. Il paragone con Squid Game o Hunger Games è dietro l’angolo, ma il tocco manga e le atmosfere gaming rendono unica questa serie, da vedere tutta d’un fiato. Perfetta per chi non cerca la fantascienza classica, ma qualcosa di più movimentato e distopico.

    Bodies (2023)

    Quattro epoche diverse. Lo stesso cadavere. Lo stesso punto esatto di Londra. È da qui che parte Bodies, una serie che inizia come un classico poliziesco, ma si trasforma presto in un vortice temporale dalla chiara anima sci-fi. C'è un detective vittoriano, uno degli anni Quaranta, uno del presente e una nel futuro. Nessuno sa dell’esistenza degli altri, eppure tutti stanno indagando sullo stesso omicidio. Otto episodi serrati, in cui il vero protagonista è il tempo e i suoi paradossi, perfetta per chi ama il thriller ma con una buona dose di fantascienza.

    Il problema dei 3 corpi (2024–oggi)

    Creata dagli autori di Game of Thrones (e già questo è un buon motivo per guardarla) Il problema dei 3 corpi è una serie ambiziosa, visivamente mastodontica. Il racconto parte dalla Cina degli anni Sessanta, da un messaggio alieno intercettato da una scienziata e una minaccia imminente (con tanto di countdown). Dalle domande filosofiche ai paradossi fisici, la serie porta tutto a un ritmo serrato, con una buona dose d’azione. Insomma, fantascienza al suo apice, per chi cerca intrattenimento ma anche una bella sfida cerebrale!

  • Preparate i fazzoletti! I 10 film più strappalacrime degli ultimi 10 anni

    Preparate i fazzoletti! I 10 film più strappalacrime degli ultimi 10 anni

    Andrea Ballerini

    Andrea Ballerini

    Editor a JustWatch

    Mancano pochi mesi all’uscita di quello che si preavvisa come uno dei film più strappalacrime del decennio. Stiamo parlando di Hamnet - Nel nome del figlio (2025), film con Jessie Buckley e Paul Mescal che ripercorre la storia d’amore di Agnes e William Shakespeare. La morte del loro figlio Hamnet, appena undicenne, scava un buco profondo nelle loro vite e nei loro cuori.

    Con l’arrivo del freddo e aspettando il film di Chloé Zhao, il tempo è dei migliori per mettersi sotto la coperta con una bevanda calda e far scorrere le lacrime. Per questo, Justwatch vuole proporvi i 10 film più strappalacrime degli ultimi 10 anni. La scelta dei titoli è stata presa in base all’intensità delle storie raccontate e spaziando dai drammi familiari a quelli relazionali, senza dimenticarsi di quelli sociali.

    1. Manchester by the Sea (2016)

    Manchester by the Sea è un biglietto di sola andata verso una valle di lacrime. Il film è ricco di elementi di drammaticità assoluta, sia nel passato dei personaggi che nella storia che si sviluppa di fronte ai nostri occhi. Il clima freddo in cui è ambientata la vicenda non aiuta e fa da contorno perfetto ai temi della pellicola, tra cui il lutto e la depressione. Ad elevare il fattore lacrime ci pensa la magistrale prova di Casey Affleck con uno dei personaggi più tormentati e afflitti della sua carriera. La scena del confronto tra lui e l’ex moglie, interpretata alla grande da Michelle Williams, fa sgorgare fiumi a chiunque la veda.

    2. Moonlight (2016)

    Moonlight combina il dramma familiare alla Manchester by the Sea (2016) con temi sociali che rivedrete più avanti in Till: Il coraggio di una madre. Da un lato, la dura realtà di Chiron tra bullismo e una madre tossicodipendente non può lasciare indifferente nessuno. Dall’altro, il discorso sulla mascolinità, sull’identità nera e sull’essere gay in un contesto fortemente avverso provoca un dolore nello spettatore che si mischia con la rabbia. Le due emozioni scaturiscono dall’essere impotenti di fronte ai meccanismi apparentemente immutabili del mondo. La scelta del regista Barry Jenkins di mostrare il protagonista Chiron in tre fasi della sua vita contribuisce, infine, alla tristezza della pellicola, perché possiamo notare come i problemi del passato influenzano non solo il presente ma anche il futuro.

    3. Coco (2017)

    Coco affronta il tema del lutto come Manchester by the Sea (2016) attraverso un impianto della storia dolceamaro. I tocchi di avventura e comicità sono fondamentali in un film d’animazione per bambini, ma Coco (2017) non risparmia agli spettatori grandi e piccini la propria dose di lacrime. Dalla vicenda dello scheletro Héctor, sul punto di svanire per sempre se verrà dimenticato dai vivi, alla lotta di Miguel per diventare un musicista, la pellicola va a toccare le emozioni più profonde. Se non bastasse, la canzone Ricordami è la ciliegina sulla torta che vi farà singhiozzare.

    4. Un sogno chiamato Florida (2017)

    Un sogno chiamato Florida è simile a Moonlight (2016) nel mischiare il dramma familiare e la critica sociale. Il cuore degli spettatori si spezza di fronte alle condizioni di vita precarie della madre single Halley e di sua figlia Moonee. La fotografia caleidoscopica con colori pastello amplifica la tristezza della storia creando un contrasto che ci fa stare male. Allo stesso tempo, l’incapacità di Moonee, per la sua tenera età, di comprendere a fondo quello che sta succedendo intorno a lei ci fa empatizzare con la sua innocenza. Il finale tragicomico e a tratti surreale è il colpo di grazia che ci ricorda come molto spesso non ci sia via d’uscita.

    5. È nata una stella (2018)

    È nata una stella è una storia potente riproposta in diverse salse attraverso la storia del cinema. Nonostante la trama sia telefonata dalle precedenti versioni, il film di debutto alla regia per Bradley Cooper rimane un’esperienza potente e viscerale. La tragica storia d’amore tra il suo personaggio e Ally Campana (Lady Gaga) ci fa salire sulle montagne russe. Dalla vetta emozionante di un’amore che sboccia fino al baratro più profondo della sua conclusione, È nata una stella (2018) ha decifrato la formula per far piangere i suoi spettatori. Proprio come i colori di Un sogno chiamato Florida (2017) accentuano le emozioni negative, allo stesso modo gli aspetti romantici di questo remake rendono ancora più triste l’epilogo.

    6. Storia di un matrimonio (2019)

    Storia di un matrimonio è un altro dramma familiare che non lascia scampo. Il film di Noah Baumbach esplora con maestria la fine di un rapporto, condendo la storia con attimi comici fantastici e una grande dose di dolore. Sono proprio gli sprazzi umoristici a mandare in corto circuito lo spettatore. Similmente a È nata una stella (2018), ma con meno drammaticità, Storia di un matrimonio (2019) è un rollercoaster di emozioni. Passare dal piangere dalle risate a piangere e basta è il marchio di fabbrica della pellicola. Una menzione d’onore va a Scarlett Johansson e ad Adam Driver, le cui performance trainano l’intera storia.

    7. After Yang (2021)

    After Yang esamina il dolore della perdita attraverso lenti fantascientifiche, discostandosi dall’approccio prevalentemente pessimista del cinema sul tema dell’intelligenza artificiale. Come per i successivi Minari e Past Lives, ci troviamo di fronte a una pellicola che esprime il dolore in forma mite e paziente. Questo, però, non impedisce a After Yang (2021) di colpire dritto al cuore chiunque ne sperimenti la bellezza. Allo stesso tempo, lo spettatore è testimone di differenti forme di lutto, vissute sia da adulti che da bambini, rivolte verso un essere robotico. Con questo tocco artistico, il regista Kogonada cerca di espandere la capacità empatica di noi umani.  

    8. Minari (2021)

    Minari (2021) di Lee Isaac Chung tocca temi sociali simili a Un sogno chiamato Florida (2017), portando sullo schermo l’intima epopea di una famiglia di immigrati. Man mano che la sceneggiatura si sviluppa, questo nucleo familiare deve affrontare sfida su sfida. Sia le difficoltà economiche che quelle relazionali creano una forte empatia nei confronti dei personaggi, costruiti con un’umanità fuori dal comune. Qui non si tratta di piangere a dirotto per l’intensità della storia come in È nata una stella (2018). La tristezza di Minari (2021) è onnipresente e pacata e vi bagnerà le guancie in maniera leggera per tutta la sua durata.

    9. Till: Il coraggio di una madre (2022)

    Till: Il coraggio di una madre narra la vicenda realmente accaduta del quattordicenne Emmett Till, vittima della violenza razzista negli Stati Uniti. Tutti i film in questa lista contengono storie che vi porteranno alle lacrime. Tuttavia, la pellicola di Chinonye Chukwu colpirà a fondo proprio perché basata su una storia vera. Allo stesso tempo, Till: Il coraggio di una madre (2022) riesce a bilanciare il totale sconforto e l’orrore della vicenda mostrando la lotta della madre di Emmett per la giustizia. Così facendo, il film non cerca solo di riproporre un evento traumatico inaudito riaprendo la ferita mai del tutto chiusa. Al contrario, cerca anche di far luce su cosa fare per cicatrizzarla una volta per tutte.

    10. Past Lives (2023)

    Past Lives (2023) condivide con Minari (2021) un approccio più “minimalista” al concetto di tristezza. La storia d’amore mai realizzata tra Nora e Hae Sung è lontana anni luce dall’impeto della relazione tra Ally e Jackson in È nata una stella (2018). La forza trainante di Past Lives (2023) è il concetto del “cosa sarebbe successo se”. Questa emozione fortemente malinconica segna l’atmosfera della pellicola di Celine Song e la sua visione vi trasporterà su quelle frequenze. La regista è anche abilissima a farci capire fin dal primo istante l’impossibilità della loro unione, senza però farci distogliere lo sguardo grazie a un’estetica celestiale.

  • Dall’Alto Valyriano all'Alienese: la nostra classifica delle 10 migliori lingue inventate in film e serie TV

    Dall’Alto Valyriano all'Alienese: la nostra classifica delle 10 migliori lingue inventate in film e serie TV

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Il cinema e le serie TV riflettono la vita. Poco importa se le storie raccontate parlino di mondi antichi, razze aliene, pianeti lontani o giovani alienati. Sono mondi verosimili in cui si muovono personaggi divenuti, in più di un'occasione, delle icone cinematografiche. 

    A renderle tali spesso c'è anche lo zampino di sceneggiature attente a ogni singolo particolare, lingue comprese fatte di alfabeti, suoni e strutture grammaticali. Uno strumento che conferisce ancor più realismo e permette una nostra immersione totale nei racconti immaginati da autori e registi.

    JustWatch ha stilato una classifica delle migliori lingue inventate nei film e nelle serie TV.

    10. Minionese (Cattivissimo Me)

    Inglese, indonesiano, spagnolo, coreano, italiano, giapponese... C'è' un vero miscuglio di lingue reali dietro il minionese, l'idioma creato da Pierre Coffin e Chris Renaud per Cattivissimo Me (2010) e parlato dai Minions, le piccole creature gialle che vivono per servire i cattivi. Al suo interno una sequela di parole riconoscibili ma distorte per ottenere un effetto comico e di facile comprensione in ogni angolo del mondo.

    È lo stesso Coffin a prestare la voce a tutti gli ometti, modulando l'intonazione a seconda del contesto in cui vengono pronunciate. Più che una lingua vera e propria un calderone che prende in prestito parole conosciute su base internazionale – da “gelato” a “ciao” - e che sottolineano la natura caotica e senza logica dei Minions.

    9. Alienese (Futurama)

    Una delle sitcom animate più amate di sempre, Futurama (1999) è la creatura di Matt Groening più popolare dopo I Simpson (1987). Lo stesso fumettista, insieme allo sviluppatore David X. Cohen, ha creato l'alienese. Una lingua costruita con lo scopo di dare vita a momenti ironici e gag e presente fin dall'episodio pilota.

    Ne esistono due versioni: l'alienese 1, linguaggio semplice e di facile decifrazione, e l'alienese 2, un codice più complesso usato per inserire messaggi e Easter egg nascosti nel corso degli episodi. Nessuno dei protagonisti lo parla, ma viene usato da Groening su cartelli e insegne della New York del 2999. Un modo, a detta del suo creatore, vi far sentire i fan parte di un'élite e poter interagire con la serie a un livello più profondo.

    8. Na'vi (Avatar)

    Ideata dal linguista Paul Frommer, il na'vi è la lingua creata per i nativi di Pandora, il satellite primordiale abitato dalla specie aliena protagonista di Avatar (2009) di James Cameron. Un linguaggio che non conosce forma scritta e vive solo oralmente. Frommer ha preso spunto da un piccolo gruppo di parole immaginate dal regista per ampliare la lingua e renderla apprendibile al nutrito cast della pellicola inserendo, però, elementi grammaticali sconosciuti al nostro sistema linguistico.

    Nel film il na'vi viene imparato dagli umani per poter comunicare con il popolo di Pandora e creare una connessione tra realtà così distanti tra di loro. La frase che ricorre più volte nel corso della pellicola è “Oel ngati kameie”, traducibile come “Io ti vedo”. Un saluto accompagnato da un gesto della mano che rappresenta un riconoscimento dell'essenza altrui.

    7. Huttese (Guerre stellari)

    Ben Burtt. Un nome che forse il grande pubblico non conosce, ma al quale dobbiamo moltissimo in termini di cultura pop. È lui, montatore e progettista del suono, ad aver inventato il ronzio delle spade laser di Guerre stellari (1977), così come il verso di Chewbecca o l'huttese. La lingua aliena parlata dagli Hutt, specie a cui appartiene il celebre Jabba, che fa il suo esordio ne Il ritorno dello Jedi (1983).

    Debitrice di elementi del quechua e del filippino, l'huttese è conosciuto anche da molte altre razze aliene che appartengono alla malavita galattica. Caratterizzata da un suono gutturale, la lingua immaginaria incorpora anche alcuni elementi reali che la rendono più familiare all'orecchio dello spettatore.

    6. Serpentese (Harry Potter)

    Se cercare su Internet potreste imbattervi in siti che offrono lezioni per imparare il Serpentese. La lingua dei serpenti associata alla magia oscura nella saga cinematografica di Harry Potter (2001-2011). Un linguaggio misterioso e sibilante che nella sua forma fonetica è caratterizzato da una serie di sibili e suoni che replicano quelli dei rettili. J.K. Rowling non ha dato ai milioni di fan dei romanzi nessuna informazione grammaticale, ma in molti hanno tentato di ricostruire la sua sintassi partendo dalle frasi pronunciate nei libri e nei film.

    L'abilità di parlare Serpentese è conosciuta come Rettilofonia. Una capacità ereditaria legata a Salazar Serpeverde che vede tra i suoi discendenti Lord Voldemort. Anche il maghetto interpretato da Daniel Radcliffe è in grado di parlare questa lingua perché una scheggia dell'anima di Voldemort è imprigionata in lui.

    5. Nadsat (Arancia meccanica)

    Da poliglotta qual era, per Anthony Burgess era importante creare uno slang per Alex DeLarge e i suoi Drughi" che superasse la prova del tempo. Per questo nel romanzo ha dato vita a una lingua unica ripresa da Stanley Kubrick in Arancia Meccanica (1971). Una forma di inglese arcaico con influenze russe e Cockney creata anche per dare un senso di isolamento generazionale vissuto dai protagonisti rispetto alla società in cui vivono.

    Un linguaggio utilizzato dallo stesso Alex per raccontare la sua storia al lettore e per comunicare con gli altri personaggi, vittime delle sue violente azioni comprese. Il paradosso risiede nel suono giocoso della lingua, in netto contrasto con la condotta brutale dei Drughi.

    4. Eptapode (Arrival)

    Ispirato a Story of Your Life, racconto sci-fi di Ted Chiang, Arrival (2016) racconta gli sforzi della linguista Louise Banks con il volto di Amy Adams per comunicare con una razza aliena, gli etapode, e prevenire una guerra. Queste creature con sette arti comunicano attraverso due lingue, l'eptapode A (una lingua parlata incomprensibile) e l'etapode B (una semasiografia).

    Inventata dallo stesso Chiang, quest'ultima è caratterizzata da simboli circolari che permettono di rappresentare un concetto o un'intera frase. Un linguaggio non lineare che riflette il modo in cui il tempo viene sperimentato simultaneamente dalla razza aliena e che regala alla linguista protagonista la capacità di vedere il futuro dopo averla imparata.

    3. Dothraki e Alto Valyriano (Il trono di spade)

    Tra le lingue fittizie di più recente invenzione spiccano il Dothraki e l'Alto Valyriano create dal linguista David J. Peterson per Il trono di spade (2011-2019). La prima è la lingua parlata dai feroci guerrieri nomadi del khalasar. Il popolo equestre capitanato dal Khal Drogo di Jason Mamoa che basa la sua esistenza sulla guerra. Il loro è un linguaggio dal suono duro e aspro che trae ispirazione dal turco e dall'estone e che riflette lo spirito battagliero del suo popolo.

    L'Alto Valyriano, invece, prende spunto dal latino e si dipana in vari dialetti che guardano alle lingue romanze. Utilizzata in ambiti cerimoniali o da casate nobili come i Targaryen, è la lingua più iconica presente nella serie tratta dai romanzi di George R.R. Martin. Caratterizzata da una grammatica complessa, l'Alto Valyriano rappresenta il cuore stesso de Il trono di spade.

    2. Klingon (Star Trek)

    Similmente al Serpentese, anche per il Klingon è possibile accedere a corsi che insegnano a parlare la lingua fittizia sviluppata dal linguista Marc Okrand per Star Trek III - Alla ricerca di Spock (1984). Con un vocabolario di oltre 2500 parole e un sistema fonetico, il Klingon ha un suono duro e gutturale caratterizzato da una complessa struttura grammaticale – caratterizzata da oggetto-verbo-soggetto - che riflette la natura aggressiva dei guerrieri umanoidi.

    Negli anni è divenuta così popolare tanto da far sì che alcuni fan della saga sci-fi traducessero passaggi della Bibbia od opere di Shakespeare in Klingon, mentre nel 2000 un'opera lirica cantata interamente nella lingua aliena è stata presentata all'Aia.

    1. Elfico (Il Signore degli Anelli)

    È stato lo stesso J.R.R. Tolkien, filologo, glottoteta e linguista oltre che scrittore, a creare l'elfico. La lingua protagonista della trilogia fantasy de Il signore degli anelli (2001-2003) diretta da Peter Jackson. Per farlo si è ispirato al finlandese e al gallese. Sono numerosi i dialetti parlati dagli elfi, ma quelli più popolari e celebri restano il Quenya e il Sindarin.

    Due lingue con una grammatica e un vocabolario propri che rendono la mitologia legata ai romanzi e ai film ancor più completa e avvincente dando ai popoli che le parlano una maggiore tridimensionalità. Tolkien non si è limitato a inventare “solo” un sistema linguistico, ma ha dato vita anche a un doppio sistema di scrittura artificiale – il Tengwar e il Cirth – per conferire alle sue lingue un aspetto preciso fatto di lettere dal movimento elegante e antico.

  • Hai amato “Il Maestro”? Ecco altri 7 film che raccontano il mondo del tennis

    Hai amato “Il Maestro”? Ecco altri 7 film che raccontano il mondo del tennis

    Giovanni Berruti

    Giovanni Berruti

    Editor a JustWatch

    È tennis mania. Grazie, soprattutto al fenomeno Jannik Sinner, alle sue vittorie (compresa l’ultima alle Atp Finals di Torino) e alla scalata alla vetta della classifica mondiale. Dunque, non poteva arrivare in un momento migliore, il film di Andrea De Stefano, II Maestro (2025), interpretato da Pierfrancesco Favino.

    La pellicola, appena sbarcata nelle sale italiane, si aggiunge a un filone abbastanza consolidato negli anni, dove questa disciplina conferma di prestarsi molto bene alle esigenze del grande schermo (e non solo).

    Titoli come Borg McEnroe (2017), Match Point (2005) di Woody Allen o il recente Challengers (2021) di Luca Guadagnino. Tra un dritto, un rovescio e una volèe, sembra esserci una chiave di lettura di molte vicende esistenziali, raccontate in diverse pellicole. Ripercorriamole insieme. 

    Wimbledon (2004)

    Paul Bettany e Kristen Dunst sono i protagonisti di questa commedia romantica a tinte sportive, incentrata su un tennista inglese sul viale del tramonto. L’incontro con una giovane collega però lo aiuterà a ritrovare le motivazioni agonistiche di un tempo. Liberamente ispirato alla storia di Goran Ivanisevic, tennista croatoche nel 2001 trionfò a Wimbledon, sancendo l’unica vittoria da wild card nella storia del torneo. Wimbledon (2004) si conferma così una visione imperdibile non solo per gli appassionati di tennis, ma soprattutto per chi si lascia emozionare dalle storie di riscatto, specialmente se a sfondo sentimentale.

    Match Point (2005)

    “A volte, in una partita, la palla colpisce il nastro e per un attimo può andare oltre o tornare indietro; con un po’ di fortuna, va oltre e allora si vince. Oppure no… e allora si perde”. È la frase che ci accompagna alla visione di un thriller che porta la firma di Woody Allen. Basterebbe già questo per avvicinarsi a una inedita incursione della cinematografia del regista di Io e Annie (1977) e Manhattan (1979), che si avvale di ottime interpretazioni, a partire da Jonathan Rhys Meyers e Scarlett Johansson. Perché Match Point (2005) non è proprio un film sul tennis. Lo sport in questione è una metafora centrale, con tutte le relative analogie, per una storia ambientata nell’alta borghesia londinese, dove forze invisibili decretano le sorti di una partita complessa chiamata vita. Ma la tensione vi terrà incollati al divano, nel seguire le conseguenze dell’ambizione sociale del protagonista.

    Borg McEnroe (2017)

    Se pensiamo all’equazione tennis-cinema, è impossibile non pensare a Borg McEnroe (2017). Probabilmente tra i migliori film mai realizzati sul tennis, che ripercorre la rivalità tra Bjorn Borg (Sverrir Gudnason) e John McEnroe (Shia LaBeouf) a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta. La pellicola diretta da Janus Metz mette in scena la vita dentro e fuori dal campo di Borg e McEnroe, due campioni e due personalità agli opposti, che hanno scritto un capitolo indimenticabile della storia del tennis. È un dramma sportivo, che può ricordare Rush (2013), ambientato nella Formula Uno dei medesimi anni, incentrato sulla sfida tra James Hunt e Niki Lauda.

    La battaglia dei sessi (2017)

    Il film di Jonathan Dayton e Valerie Faris ripercorre la storica partita di tennis di inizio anni Settanta, nota come “la battaglia dei sessi”. Il 20 settembre 1973 si sono infatti sfidati sul campo l’ex campione Bobby Riggs (Steve Carell) e Billie Jean King (Emma Stone), la campionessa del momento. Un match dal forte valore simbolico, un tassello per la parità di genere nel mondo sportivo, all’alba dell’ascesa del movimento femminista. La battaglia dei sessi (2017) è un titolo imperdibile se siete alla ricerca di un dramma sportivo a impianto storico, di una visione avvincente, capace di affrontare temi sociali, ancora oggi decisamente attuali.

    Il quinto set (2021)

    Una storia di riscatto. Arriva dalla Francia Il quinto set (2021), con un protagonista che si ritrova a giocare la partita della vita. Oggi Thomas ha 37 anni, e in passato è stato una promessa del tennis. Nonostante la forma non sia dalla sua parte, decide di partecipare alle qualificazioni degli Open di Francia per dimostrare soprattutto a sé stesso di non essere al capolinea. Se cercate un film che parli di seconda possibilità, oltre che di tennis, siete sicuramente nel posto giusto. A maggior ragione se Wimbledon (2004) è stato di vostro gradimento, questa pellicola diretta da Quentin Reynaud non sarà da meno.

    Una famiglia vincente – King Richard (2021)

    È il film che ha valso l’Oscar a Will Smith. L’attore interpreta Richard Williams, padre delle sorelle Venus e Serena, e la sceneggiatura ripercorre il suo sogno di vederle diventare campionesse, mostrando la tenacia nel realizzare ciò che oggi è storia. Una famiglia vincente – King Richard (2021) parla di sacrificio, di ambizione, di perseveranza, ma non omette i lati oscuri del percorso. Una storia dove lo sport si fa di nuovo metafora della vita, che si trasforma in ossessione, in voglia di riscatto. È una pellicola che si farà apprezzare, oltre che dagli amanti di biopic, da chi è alla continua ricerca di storie incoraggianti, di successo.

    Challengers (2024)

    Il tennis secondo Luca Guadagnino. Anche se è bene sottolineare, come con Match Point (2005), Challengers (2024) non è proprio un film sul tennis, bensì usa questo sport per raccontare soprattutto le relazioni tra i protagonisti. È la storia di un triangolo sentimentale che vede al centro Tashi (Zendaya) contesa tra Patrick (Josh O’Connor) e Art (Mike Faist). Sono tennisti, ma soprattutto esseri umani, con le loro pulsioni, desideri e quant’altro. Un ménage à trois giocato come una partita, decisamente non adatto a un pubblico trasversale. Ma la forza della pellicola di Guadagnino risiede forse proprio in questo: tra un salto temporale e l’altro, e grazie a un ritmo avvincente, ci ricorda che attraverso lo sport è sempre possibile parlare della vita e delle sue molteplici sfaccettature.

  • 10 serie animate (per adulti) da vedere se ami la satira demoniaca di “Hazbin Hotel”

    10 serie animate (per adulti) da vedere se ami la satira demoniaca di “Hazbin Hotel”

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Se c’è una serie che nell’ultimo anno e mezzo ha rivoluzionato il modo di intendere l’animazione adulta, quella è Hazbin Hotel. 

    La seconda stagione ha confermato ciò che già si intuiva dalla prima: Vivienne Medrano ha creato un universo unico (cioè l’Hellaverse), capace di fondere musical, satira, demonologia, umorismo queer e un’estetica feroce e scintillante. Hazbin Hotel è un palco teatrale, i peccati diventano numeri cantati, e i personaggi – da Charlie a Angel Dust, da Alastor a Vox – esprimono tra una battuta e un balletto intere linee tematiche su identità, trauma, redenzione e potere.

    Il successo della serie non è solo nella creatività, ma nella sua capacità di parlare a un pubblico adulto senza rinunciare all’ironia caotica tipica del web: meme, montaggi rapidissimi, slang queer e un senso del ritmo che ricorda Broadway. La seconda stagione, su Prime Video dal 29 Ottobre, ha poi alzato ulteriormente il tiro: canzoni più complesse, worldbuilding ampliato, satira ancora più velenosa e un focus emotivo maggiore sui personaggi.

    Se dopo il binge ti senti in crisi d’astinenza da caos infernale, humor nero, meta-satira e personaggi moralmente disastrosi, ecco 10 serie animate adulte che catturano almeno un lato dello spirito di Hazbin Hotel tra musica, peccati, demoni, assurdità e cattiveria brillantinata.

    1. Helluva Boss (2020 – in corso )

    Helluva Boss è il primo titolo da citare se ami Hazbin Hotel, perché nasce dallo stesso universo narrativo creato da VivziePop. Qui seguiamo l’IMPs, un’agenzia di sicari demoniaci che viaggia sulla Terra per risolvere “problemi” di clienti infernali. Il tono è più violento, più volgare e ancora più imprevedibile rispetto alla serie madre, con episodi brevi che oscillano tra il musical emotivo e la comicità brutale. Anche in Helluva Boss i personaggi hanno traumi profondi, relazioni tossiche e ferite non rimarginate che emergono in modo caotico, proprio come accade ai protagonisti di Hazbin Hotel, ma si concentra più sulla quotidianità degli Hellborns, cioè i nati all’inferno, e sulle disparità sociali tra demoni, anziché sulla redenzione dei Sinners (ovvero gli esseri umani peccatori finiti all’Inferno dopo la morte), rispetto alla serie madre. È una serie che colpisce per worldbuilding, satira e improvvisi picchi di dramma, diventando la compagna ideale per chi vuole esplorare ancora più a fondo l’inferno di VivziePop.

    2. Big Mouth (2017 – 2025)

    Big Mouth sembra lontana dall’estetica demoniaca di Hazbin Hotel, ma in realtà le somiglianze sono fortissime: i “mostri degli ormoni” sono l’equivalente adolescenziale dei demoni di VivziePop. Sono creature che incarnano vizi, impulsi e paure in modo esagerato, caotico e irresistibilmente umoristico. La serie affronta temi come crescita, desiderio, ansia sociale e identità con un’ironia senza filtri che ricorda lo spirito dissacrante di Hazbin Hotel. Con episodi da 25–30 minuti, Big Mouth alterna satira, musica e momenti emotional che sorprenderebbero chiunque si aspetti solo comicità oltraggiosa. Se apprezzi i personaggi complessi, imperfetti e costantemente in lotta con i propri demoni interiori, questa serie ha esattamente quell’energia anarchica e sfacciata che stai cercando.

    3. Smiling Friends (2022 – in corso )

    Smiling Friends porta la satira assurda al livello massimo, con episodi fulminanti da 10–12 minuti che ricordano lo humour iper-stratificato di Hazbin Hotel. Segue due impiegati di un’agenzia che “porta felicità”, ma ogni tentativo finisce nel caos totale: creature inquietanti, animazioni che cambiano stile a metà scena, humor nero che rasenta il disturbante. È una serie imprevedibile, perfetta per chi ama l’estetica delirante e gli scarti improvvisi di tono. Come Hazbin Hotel, anche Smiling Friends nasconde dietro l’assurdità un commento sorprendentemente lucido sulla società moderna, sull’alienazione e sulla fragile psicologia dei suoi personaggi. È l’esempio di come l’animazione adulta possa giocare senza regole, mantenendo però una coerenza narrativa affilata e intelligente.

    4. Inside Job (2021 – 2022)

    Inside Job è la risposta cyber-complottista a Hazbin Hotel: una serie dove tutto ciò che immaginiamo sul potere occulto è vero e gestito da una burocrazia delirante. La protagonista, Reagan Ridley, è una scienziata brillante ma disastrata emotivamente, travolta da daddy issues, burn-out e traumi affettivi che ricordano la vulnerabilità dei personaggi di VivziePop. Il tono mescola satira politica, cultura pop e momenti sinceri di fragilità psicologica. Con episodi da 25 minuti, Inside Job costruisce un mondo ricco di esseri assurdi, cospirazioni e follia istituzionale. È ideale per chi ama Hazbin Hotel per la sua capacità di unire caos, comicità corrosiva e drama emotivo — ma con una cornice scientifico-paranoica tutta sua.

    5. Rick and Morty (2013 – in corso )

    Rick and Morty resta uno dei riferimenti fondamentali per chi apprezza l’umorismo feroce e nihilista di Hazbin Hotel. Il rapporto tra Rick e Morty è un vortice di affetto disfunzionale, dipendenze affettive e distruzioni cosmiche, simile ai legami tormentati dei personaggi di VivziePop. Ogni episodio (20–25 minuti) è un mix di follia sci-fi, satira feroce e improvvise frasi che fanno male quanto un coltello. Come Hazbin Hotel, anche Rick and Morty usa il surreale per raccontare la fragilità umana: solitudine, ricerca di significato e autocondanna. È una serie che non ha paura di spingere il tono al limite, mantenendo però un’intelligenza narrativa che l’ha resa cult.

    6. Panty & Stocking with Garterbelt (2010)

    Panty & Stocking with Garterbelt è l’anima gemella punk e scandalosa di Hazbin Hotel: colori acidi, demoni, caos estetico e un ritmo delirante che non concede tregua. Le due protagoniste, angeli decaduti e sboccati, combattono mostri mentre inseguono sesso, zuccheri e auto-gratificazione in un universo visivo che cambia stile in ogni episodio. La serie è famosa per la sua comicità volgare ma brillante, per i numeri musicali e per la satira feroce contro moralismi e doppi standard. Un recentissimo sequel, New Panty & Stocking with Garterbelt (2025), è stato mandato pochi mesi fa. 

    Come Hazbin Hotel, anche Panty & Stocking gioca con l’anime trash, il pop americano e la cultura club, creando un mix esplosivo che oggi è ancora più rilevante. Se cerchi energia pura e un’estetica demoniaca da rave-party, questa è la tua serie.

    7. Disenchantment (2018 – 2023)

    Disenchantment, firmata da Matt Groening (il papà dei Simpson e di Futurama), porta l’umorismo sarcastico in un regno medievale pieno di mostri, demoni e magie controproducenti. La protagonista Bean è una figura tormentata, ribelle e autodistruttiva, che incanala perfettamente quel mix di fragilità e caos tipico dei personaggi di Hazbin Hotel. Il suo rapporto con il demone Luci è uno dei punti forti della serie: un “diavoletto sulla spalla” che ricorda molto l’ironia maligna dell’Inferno. Con episodi da 25–28 minuti e un’ambientazione fantasy decadente, Disenchantment racconta traumi familiari, dipendenze, perdite e crescita personale con una leggerezza solo apparente. È ideale per chi ama mondi pieni di creature infernali, ma vuole anche un sottotesto sorprendentemente malinconico.

    8. The Midnight Gospel (2020)

    Psych-spirituale, lisergica e filosofica, The Midnight Gospel è una serie unica nel suo genere. Segue il podcaster interdimensionale Clancy in mondi assurdi abitati da zombie, maghi e creature cosmiche, mentre dialoghi profondissimi esplorano morte, psiche, trauma, meditazione e spiritualità. È una serie sorella di Hazbin Hotel per la capacità di unire estetica psichedelica, caos visivo e uno struggente bisogno di redenzione interiore. Ogni episodio (20–25 minuti) è un viaggio emotivo potentissimo, con dialoghi presi da podcast reali che si fondono a una narrazione animata che è pura arte visionaria. The Midnight Gospel non è semplice intrattenimento: è un’esperienza sensoriale ed emotiva. Perfetta per chi ama gli universi narrativi che usano demoni, mondi paralleli e colori folli per parlare della vulnerabilità umana.

    9. Moral Orel (2005 – 2008)

    Moral Orel è una satira cupa, tagliente e sorprendentemente tragica sul fanatismo religioso e sulle ipocrisie della società americana. Anche se visivamente opposta a Hazbin Hotel, con uno stop-motion semplice e “innocuo”, la serie nasconde un cuore nerissimo: traumi familiari, abusi emotivi, solitudine e disperazione. Man mano che procede, diventa sempre più complessa e dolorosa, rivelando un inferno psicologico grande quanto quello dei personaggi di VivziePop. La forza di Moral Orel è proprio la capacità di contrapporre un’estetica ingenua a temi adultissimi e disturbanti. Chi ama Hazbin Hotel per il suo mix di satira, critica morale e introspezione troverà qui uno dei suoi predecessori più radicali e influenti.

    10. Haunted Hotel (2025 – in corso )

    Haunted Hotel porta la comicità adulta nel soprannaturale con un tono leggero ma pieno di trovate brillanti. La serie racconta un albergo infestato dove fantasmi e creature ultraterrene convivono con ospiti umani ignari, creando situazioni surreali e dialoghi esilaranti. Come Hazbin Hotel, anche Haunted Hotel reinterpreta l’aldilà con ironia, trasformando luoghi “spaventosi” in spazi di caos comico e interazioni imprevedibili. Gli episodi (brevi e scattanti) seguono un ritmo rapido, ricco di punchline, ma tra le righe catturano anche la malinconia e il bisogno di connessione che caratterizzano molti personaggi sovrannaturali. Una serie ideale per chi ama vedere mostri e demoni alle prese con problemi molto umani — ma senza mai rinunciare al divertimento. E poi, diciamolo, Abaddon sarebbe un ospite perfetto per l’Hazbin Hotel!

  • 10 serie TV che mettono in scena la nostalgia degli anni '80 e '90 meglio di “Stranger Things”

    10 serie TV che mettono in scena la nostalgia degli anni '80 e '90 meglio di “Stranger Things”

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Capelli cotonati, colori sgargianti, walkie talkie, musicassette, giochi da tavolo. Guardare Stranger Things (2016) è come tuffarsi nel passato e rivivere gli anni '80. 

    Un decennio fatto di eccessi che si affacciava verso nuove tecnologie e a un'idea di futuro più simile al nostro presente. La serie dei fratelli Duffer ha riscritto l'immaginario legato a quell'epoca catapultandoci nell'immaginaria Hawkings, nell'Indiana, grazie a una bambina chiamata Undici e al gruppo di amici coetanei che incontra sul suo cammino.

    Ma sono svariate le serie TV che in questi anni hanno ambientato le loro storie durante la presidenza Reagan o la guida del governo di Margaret Thatcher, tra Guerra Fredda e Guerra delle Falkland, la paura dell'AIDS e la cultura del consumo. In vista della quinta e ultima stagione della serie Netflix, JustWatch ha stilato una classifica delle serie TV che hanno messo in scena la nostalgia anni '80 e '90 meglio di Stranger Things.

    10. Halt and Catch Fire (2014)

    Ci sono un visionario, un ingegnere e una programmatrice. No, non è l'inizio di una barzelletta a tema tecnologico, ma la base da cui parte Halt and Catch Fire. La serie ambientata negli anni '80 durante la rivoluzione dei personal computer. Quattro stagioni per 40 episodi da 40 minuti che raccontano l'evoluzione dell'industria informatica attraverso le storie e le invenzioni di chi quella realtà la vive dall'interno, mostrandoci gli albori di un mondo nel quale oggi siamo completamente immersi.

    Qui la nostalgia risiede tutta nell'atmosfera che pervade la serie e vede i protagonisti spinti da una bramosia creativa in cui l'orizzonte delle possibilità sembra sconfinato e tutto è caratterizzato da un senso di ottimismo. Senza dimenticare di mostrare anche lo spirito di competizione e la nascita della cultura hacker. Se hai amato Mad Men (2007) e ti sei divertito con Silicon Valley (2014), non puoi perderti Halt and Catch Fire.

    9. Red Oaks (2014)

    Colori pastello, completi da tennis bianchi, acconciature voluminose, musica spensierata. Se vuoi vedere una serie TV che cattura lo spirito più solare e leggero degli anni '80, Red Oaks è quella giusta. Al centro dello show il giovane studente universitario David Myers. Indeciso su cosa fare della sua vita, il ragazzo sceglie di passare l'estate del 1985 a lavorare come istruttore di tennis in un lussuoso country club.

    Una commedia che intreccia il coming of age grazie al confronto con più personaggi coetanei del protagonista e le pressioni vissute dalla famiglia per dare forma al suo futuro. Tre stagioni da 26 episodi da circa 30 minuti che fotografano un mondo pre social in cui tanto è debitore dei film di John Hughes come The Breakfast Club (1985) e Una pazza giornata di vacanza (1986), ma che guarda anche a un classico più recente come Freaks and Geeks (1999).

    8. Wet Hot American Summer: First Day of Camp (2015)

    Elizabeth Banks, Bradley Cooper, Amy Poehler, Paul Rudd, Jason Schwartzman, Jon Hamm, Kristen Wiig. Sono solo alcuni dei moltissimi attori e comici di alto profilo protagonisti di Wet Hot American Summer: First Day of Camp, la serie TV che li vede interpretare – da adulti - un gruppo di adolescenti al loro primo giorno di campeggio nell'estate del 1981. Uno show profondamente comico e surreale che parodizza le commedie adolescenziali di quegli anni con sguardo tenero e sfacciato.

    La comicità è volutamente demenziale così come la recitazione è goffa e la trama oltre l'assurdo. Se vuoi vedere una serie TV di puro svago che al tempo stesso celebra e canzona gli anni '80 difficilmente troverai qualcosa di più divertente. E se una stagione da 8 episodi da 30 minuti non ti basta, puoi sempre recuperare il film del 2001, Wet Hot American Summer, e la serie sequel del 2017 Wet Hot American Summer: Ten Years Later.

    7. Physical (2021)

    Fasce, scaldamuscoli, body. C'è tutto l'immaginario legato alle lezioni di aerobica di Jane Fonda nelle tre stagioni di Physical. Ma nei suoi 30 episodi da mezz'ora, la serie li contrappone all'oscurità che pervade il cuore e la mente della sua protagonista. Una casalinga di San Diego di metà anni '80 profondamente insoddisfatta della sua vita e con un grave disturbo alimentare.

    Sarà proprio il mondo dell'aerobica a lanciarla verso una nuova stagione della sua esistenza, trasformandola in un'imprenditrice del mondo fitness. Sarcastica quanto cupa, la serie guarda con spirito critico a un periodo storico in cui le donne erano ben più ingabbiate dentro modelli di perfezione irraggiungibili rispetto al nostro presente. Se hai amato le wrestler di Glow non puoi perderti Physical.

    6. Pose (2018)

    Nella New York a cavallo tra fine degli anni '80 e l'inizio dei '90, Pose fotografa la società del tempo e la sua evoluzione da un punto di vista ben preciso. Quello dell'ascesa dell'era Trump da un lato e quello della cultura delle ballroom dall'altro, seguendo le vite di chi anima la scena underground della città. Quello che ne esce è un omaggio ai membri della comunità LGBTQIA+ in un momento storico segnato dall'epidemia di AIDS e da una forte chiusura mentale.

    Ispirandosi al documentario del 1990 di Jennie Livingston, Paris is Burning, le tre stagioni da 26 episodi offrono uno sguardo inedito su un periodo storico cruciale per la lotta al razzismo, alla discriminazione di genere e all'omofobia. Senza mai dimenticare, però, di dare spazio a costumi ed esibizioni strabilianti ed audaci.

    5. The Americans (2013)

    Se si pensa agli anni '80, oltre alle VHS di Jane Fonda che fa fitness e i jeans a vita alta, viene subito in mente un altro simbolo di quegli anni non proprio trascurabile: la Guerra Fredda che impazzava tra Stati Uniti e Unione Sovietica. L'elemento che fa da sfondo a The Americans, la serie TV con Keri Russell e Matthew Rhys nei panni di Elizabeth e Philip Jennings, coppia di spie del KGB che vive sotto copertura come una tipica famiglia americana a Washington D.C. durante l'amministrazione Reagan.

    Una doppia vita resa ancor più difficile da due figli cresciuti nella patria del consumismo e da un vicino agente dell'FBI. Qui la ricostruzione di quel decennio passa attraverso la spy story, con una grande ricerca per i dettagli e la credibilità storica senza abbandonarsi ad eccessi caricaturali. A rendere le sei stagioni - per un totale di 75 episodi da circa 50 minuti – ancor più credibili, l'uso della tecnologia del tempo e il conflitto dei personaggi tutto giocato tra le ideologie agli antipodi dei due Stati. Da recuperare se Deutschland 83 (2015) e Homeland – Caccia alla spia (2011) ti hanno appassionato.

    4. Glow (2017)

    Una serie sull'empowerment femminile dove, però, gli stereotipi sul gentil sesso sono sfruttati per sfidare le aspettative degli uomini e della società. Al centro di Glow un cast corale, che spazia da Alison Brie a Betty Glipin, dove troviamo le storie di donne emarginate e in difficoltà che decidono di unirsi al Gorgeous Ladies of Wrestling, gruppo di lottatrici professioniste protagoniste di un programma TV.

    Un tripudio di ombretti coloratissimi e body attillati per uno show che abbraccia ed eleva il kitsch come emblema di un decennio all'insegna dell'esagerazione. Trenta episodi divisi in tre stagioni che oscillano tra i 30 e i 40 minuti in cui i fallimenti, le difficoltà e le conquiste delle protagoniste si muovono tra umorismo e dramma. Se sei attratto dalle storie al femminile che vanno oltre i cliché come Orange Is the New Black (2013), Glow ti stupirà.

    3. Derry Girls (2018)

    Semplicemente irresistibile. Derry Girls è tutto ciò che si può desiderare da una serie TV. Risate, lacrime, personaggi indimenticabili e un'ottima scrittura. Ambientato negli anni '90, lo show racconta le disavventure di un gruppo di adolescenti - Erin, Orla, Clare, Michelle e James - che frequentano una scuola cattolica dell'Irlanda del Nord nel pieno dei Troubles. Una pagina drammatica della storia irlandese vissuta con cinismo dai suoi giovani protagonisti.

    Tre stagioni dove i drammi e le scoperte tipiche dell'adolescenza si fondono con eventi storici nel corso di 19 episodi in cui la nostalgia per gli anni '90 è vissuta attraverso i riferimenti alla cultura pop e alla musica dell'epoca. E se vuoi approfondire le tue conoscenze sul conflitto nord irlandese, puoi vedere Non dire niente (2024).

    2. The Goldbergs (2013)

    Si scrive “nostalgia” si legge The Goldbergs. La serie creata dal produttore e sceneggiatore Adam Goldberg in cui racconta la sua infanzia all'interno della sua famiglia negli anni '80 a Jenkintown, Pennsylvania. Una storia di vita quotidiana, fatta di caos e conflitti tipici di ogni nucleo casalingo, la cui particolarità risiede nella veridicità degli episodi messi in scena ispirati ai filmini che lo stesso Goldberg filmava da ragazzino e che scorrono sui titoli di coda.

    Dieci stagioni per 229 episodi che ricreano l'estetica di quegli anni grazie a una maniacale attenzione ai costumi e alle scenografie oltre che alla cultura pop del periodo. Tra le guest star personaggi iconici del decennio come Chuck Norris, Hulk Hogan e David Hasselhoff. Da non perdere se sei fan di That '70s Show (1998) e Fresh Off the Boat (2015).

    1. Pam & Tommy (2022)

    Pamela Anderson e Tommy Lee. La star di Baywatch (1989) e il batterista dei Mötley Crüe. Una delle coppie più iconiche degli anni '90 protagonista di uno degli scandali più famigerati del decennio: il furto del loro sex tape diffuso illegalmente nel 1997. Ma Pam & Tommy, interpretati magnificamente da Sebastian Stan e Lily James, è molto di più. È il racconto dell'impatto che quel furto ha avuto sulle loro vite a livello emotivo e professionale, un ritratto dell'ossessione per le celebrità e le insidie per la privacy legate al nascente Internet.

    Un decennio che ha gettato le basi per il nostro presente in cui le immagini circolano senza consenso e tutti possono immortalare qualsiasi momento, anche il più intimo, senza pensare alle conseguenze per se stessi e per gli altri. Otto episodi di poco meno di un'ora da vedere se hai apprezzato la ricostruzione storica e la riflessione culturale di The People v. O. J. Simpson: American Crime Story (2016).

  • Dalla musica al cinema: i 10 migliori debutti sullo schermo di cantanti famosi

    Dalla musica al cinema: i 10 migliori debutti sullo schermo di cantanti famosi

    Andrea Ballerini

    Andrea Ballerini

    Editor a JustWatch

    Il cinema e la musica sono, da sempre, arti che comunicano l’una con l’altra. Non solo le colonne sonore sono elementi fondamentali nella magia della settima arte: il cinema ha immortalato sul grande schermo storie musicali di successo come Bohemian Rhapsody (2018) o Rocketman  (2019). I contatti tra i due mondi non finiscono qui. Molti cantanti hanno lasciato temporaneamente il palcoscenico per approdare sul set.

    L’ultima arrivata è Adele –già premio Oscar per la canzone dei titoli di apertura di Skyfall (2012)– da poco scritturata per una parte nel prossimo film di Tom Ford Cry to Heaven.

    Per festeggiare la scesa in campo di Adele, questa lista di JustWatch ripercorre i 10 migliori debutti sullo schermo di cantanti famosi. Per la scelta delle posizioni abbiamo tenuto conto delle performance dei musicisti, ma anche della qualità delle pellicole. Allo stesso tempo, abbiamo cercato di includere artisti provenienti da generi differenti e decenni diversi.

    10. Lady Gaga - Machete Kills (2013)

    Prima di bucare lo schermo con performance da protagonista in È nata una stella (2018) e Joker: Folie à Deux (2024), Lady Gaga faceva il suo debutto sul grande schermo in Machete Kills di Robert Rodriguez. Il sequel del cult di sangue Machete (2010) vede Lady Gaga condividere con Walton Goggins, Antonio Banderas e Cuba Gooding Jr. il ruolo di Cameleón, un sicario in grado di cambiare il proprio aspetto. Seppur il suo sia un ruolo di secondo piano, la cantante italo-americana riesce a fare sua l’atmosfera iperbolica di questo moderno film di serie B. Lady Gaga appare convincente sia nella scena d’azione che la vede protagonista, sia in quella seguente dai tratti surreali.

    9. Harry Styles - Dunkirk (2017)

    Nonostante i concerti sold out in tutto il mondo, deve essere stato difficile per Harry Styles esordire al cinema in un film di Christopher Nolan. Se a questo aggiungiamo una piccola scena dove si è trovato di fronte a Cillian Murphy, la pressione deve essere stata alle stelle. L’ex One Direction si è però dimostrato all’altezza, regalando una delle performance migliori all’interno di Dunkirk. Sia nelle scene dove è richiesta una recitazione più fisica, sia in quelle dove il dialogo è centrale, Styles ha dato prova della sua capacità di adattamento nei panni del soldato Alex. Essendo anche un film sulla Seconda Guerra Mondiale, il cantante ha potuto mostrare il meglio di sé in scene drammatiche dalla forte intensità.

    8. Janelle Monáe - Moonlight (2016)

    Moonlight è stato uno dei film fenomeno del 2016 e si è aggiudicato l’Oscar per il Miglior film. La pellicola di Barry Jenkins è un film coming-of-age come il prossimo in classifica e vive dei suoi momenti drammatici e dell’estetica perfetta. Moonlight (2016) è anche l’occasione di vedere il debutto pregevole della cantante Janelle Monáe. L’artista interpreta Teresa, la fidanzata dello spacciatore Juan (Mahershala Ali). La sua presenza sullo schermo è ridotta ma molto significativa. A livello tematico, Teresa esprime l’amore che brilla in una situazione molto drammatica e cupa. Sul piano della recitazione, Janelle Monáe affronta il suo personaggio con compostezza, senza svolazzi ma con atteggiamenti posati. Quando si dice less is more.   

    7. Sting - Quadrophenia (1979)

    Quadrophenia è la bibbia dei mod, la sottocultura inglese simboleggiata dalle vespe e dai parka verde militare. Questo film coming-of-age anni ‘70 è una classica storia di ribellione giovanile dove paura del futuro, sprezzo delle regole ed emozioni forti sono i protagonisti. Nell’universo british di questo cult, Sting si cala nei panni di Ace, un mod più grande che il protagonista Jimmy (Phil Daniels) prende a esempio. La sua figura è fondamentale per il concetto chiave della crescita che accomuna tutti i film coming-of-age. Jimmy aspira a essere come Ace perché non ha ancora trovato la sua vera identità come persona. Sul versante attoriale, Sting fa suo il personaggio esprimendo una grande autenticità.

    6. Tupac Shakur - Juice (1992)

    Tupac Shakur al sesto posto con Juice ha bisogno di una piccola premessa. Il rapper, infatti, aveva tecnicamente esordito al cinema in Nient'altro che guai (1991). Tuttavia, 2pac appariva nei panni di sé stesso insieme agli altri componenti del suo gruppo di allora, i Digital Underground. Il primo vero film in cui recita un personaggio fittizio è proprio il cult crime di Ernest R. Dickerson. Juice (1992) è famoso proprio per la sua prova di Shakur nei panni di Bishop, un giovane che si immerge sempre più nel mondo criminale. La parabola del personaggio è perfettamente interpretata dal rapper, che mostra grande maturità e la capacità di trasmettere emozioni complesse.

    5. Janet Jackson — Poetic Justice (1993)

    Gli anni ‘90 sono stati il periodo d’oro di tanti esordi di stelle della musica afroamericana. Dopo Tupac Shakur, è ora il turno di Janet Jackson con Poetic Justice. Senza farlo apposta, il primo ruolo di Jackson la vede affiancata proprio dal rapper. Nel film di John Singleton la cantante pop è Justice, una parrucchiera con il dono della poesia. Dopo l’esordio intenso del regista, che trovate più avanti nella classifica, Poetic Justice (1993) diminuisce i toni senza dimenticare gli aspetti sociali. Questo film sentimentale dai toni drammatici trova Jackson in grande forma. Il suo personaggio deve esprimere a 360 gradi le emozioni umane, da quelle più leggere a quelle più intense, e la popstar è impeccabile in ogni sfumatura.

    4. David Bowie - L'uomo che cadde sulla Terra (1976)

    Oltre a Tupac, un’altra premessa deve essere fatta per David Bowie e la sua maestosa prova ne L'uomo che cadde sulla Terra. Tecnicamente, il genio inglese aveva fatto il suo debutto in The Virgin Soldiers (1969), ma come comparsa non accreditata. Quindi, per noi il film sci-fi di Nicolas Roeg è il suo vero debutto al cinema. E che debutto! Al contrario di Harry Styles, non deve essere stato difficile per Bowie interpretare un alieno, visto che l’artista è da sempre stato considerato tale per la sua musica e stile visionario. La parte dell’umanoide Thomas Jerome Newton è perfetta per le sue corde e il cantante cattura lo schermo con le sue movenze e la sua recitazione.

    3. Ice Cube - Boyz n the Hood - Strade violente (1991)

    Come già detto, ecco a voi il debutto di John Singleton come regista, il cult dai toni drammatici e crime Boyz n the Hood - Strade violente. Uno dei film che ha rivoluzionato gli anni ‘90, Boyz n the Hood (1991) contiene uno dei debutti più formidabili da parte di un cantante, ovvero Ice Cube nei panni di Doughboy. Il ruolo di un membro di una gang si addice alla personalità artistica di Cube, nota per la sua durezza e per la sua poetica di strada. Tuttavia, il rapper deve andare oltre la classica rappresentazione del gangster tutto d’un pezzo e tosto. Dopo un tragico evento che colpisce la sua famiglia, le emozioni di Doughboy assumono un carattere sempre più profondo e Ice Cube riesce a esprimerle con grande genuinità.

    2. Barbra Streisand - Funny Girl (1968)

    Funny Girl di William Wyler è il debutto di una delle migliori cantanti-attrici di sempre, la leggendaria Barbra Streisand. Il film è un biopic e vede l’artista interpretare Fanny Brice, una comica e cantante americana. Un esordio in un musical dai toni comici sembra un’impresa ma non per Streisand. Nonostante sia il suo primo film, la cantante non solo brilla nelle parti musicali, cosa che dovremmo aspettarci dalle sue corde vocali. Streisand è ritmica e precisa anche nel recitare il copione, aspetto fondamentale per una commedia. Il risultato è un film di debutto stupefacente, che le garantisce la nomination e la vittoria agli Oscar come Migliore attrice.

    1. Jennifer Hudson - Dreamgirls (2006)

    Vincere un Oscar è un’impresa. Vincere un Oscar con il ruolo di esordio è quasi impossibile. Vincere un Oscar al primo ruolo essendo una cantante è inaudito. Ma fare tutte e tre le cose con una parte di supporto è un’impresa impossibile e inaudita. A meno che tu non ti chiami Jennifer Hudson. Con Dreamgirls, l’artista ha fatto letteralmente la storia. Il personaggio di Hudson, Effie White, è basato sulla vicenda di Florence Ballard, una delle cantanti delle Supremes. C’è poco da dire sulla performance di Hudson. Seppur il film non sia convincente nella sua interezza, la cantante rimane il punto di forza più grande della pellicola, con numeri musicali da urlo e una recitazione da diva del cinema.

  • 100 anni de “Il Fantasma dell’Opera”: la nostra classifica dei migliori 10 adattamenti

    100 anni de “Il Fantasma dell’Opera”: la nostra classifica dei migliori 10 adattamenti

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Nel 2025 Il Fantasma dell’Opera compie 100 anni sullo schermo: un secolo esatto dal film del 1925 con Lon Chaney, l’adattamento che ha scolpito per sempre l’immaginario del fantasma mascherato, dell’opera parigina e dell’amore impossibile tra ombra e luce.

    È raro che una figura letteraria attraversi così tante epoche senza perdere fascino, ma il Fantasma di Gaston Leroux ci riesce perché incarna qualcosa di universale: il desiderio di essere visti, amati, accettati… anche quando ci sentiamo mostruosi. Nel tempo è diventato un archetipo, un mito gotico palpitante che ha sedotto l’horror classico, il melodramma, il musical e persino il cinema sperimentale.

    Ogni decennio ha reinventato la sua storia: dagli anni ’40 hollywoodiani ai remake Hammer, dalla psichedelia glam di De Palma alla versione pop del 2004, fino alle letture italianissime e barocche di Dario Argento. Il musical di Andrew Lloyd Webber – e le sue versioni filmate – ha poi trasformato la leggenda in un fenomeno globale, aggiungendo una dimensione romantica e sensuale che continua a conquistare generazioni.

    Per celebrare il centenario, abbiamo raccolto i migliori 10 adattamenti che hanno definito, trasformato o ribaltato il mito del Fantasma. Tra perle gotiche, cult imprevedibili, musical immortali e rivisitazioni radicali, ecco la nostra classifica definitiva.

    1. Il fantasma dell’opera (1925) 

    Il primo grande adattamento cinematografico de Il fantasma dell’opera rimane un punto di riferimento imprescindibile. Il film del 1925, con Lon Chaney nel ruolo del Fantasma, è un capolavoro del cinema muto e dell’espressionismo americano. Chaney — che curò personalmente il trucco, diventato leggendario — costruisce un personaggio disturbante, tragico e intensamente fisico. La sua interpretazione è un equilibrio perfetto tra orrore e pathos, capace di generare empatia nonostante l’aspetto mostruoso.

    Il film è memorabile anche per la sua messa in scena: la grande scalinata, la mascherata, gli inseguimenti nei sotterranei sono diventati iconici. Pur privo di dialoghi sonori, riesce a creare un’atmosfera gotica densa, quasi ipnotica, che ancora oggi cattura. È l’adattamento che ha definito l’immaginario del Fantasma per un secolo intero. Essenziale, monumentale e sorprendentemente moderno, è un’opera che ogni appassionato dovrebbe vedere almeno una volta.

    2. The Phantom of the Opera at the Royal Albert Hall (2011)

    Realizzato per celebrare i 25 anni del musical di Andrew Lloyd Webber, The Phantom of the Opera at the Royal Albert Hall è film-concerto considerato da molti la versione definitiva dell’opera teatrale che completamente riscritto il canone de Il Fantasma dell’Opera. Ramin Karimloo dona al Fantasma un’intensità quasi dolorosa, mentre Sierra Boggess illumina il ruolo di Christine con una combinazione perfetta di fragilità e forza. Il Royal Albert Hall diventa un vero palcoscenico cinematografico: non solo una ripresa teatrale, ma un evento filmico curato nel dettaglio.

    Il valore di questa versione sta nella capacità di catturare ciò che il musical ha significato per decenni di spettatori: romanticismo tragico, numeri memorabili, tensione palpabile tra amore e ossessione. Ogni primo piano, ogni movimento di camera, ogni nota orchestrale è studiata per amplificare l’emozione. Per molti fan, questo è Il fantasma dell’opera nella sua forma più pura: un’esperienza totale, immersiva, impossibile da non amare.

    3. Il fantasma dell’opera (1943) 

    L’adattamento del 1943 de Il Fantasma dell’Opera è una delle versioni più affascinanti del mito, realizzata nel pieno dell’epoca d’oro di Hollywood. Il Fantasma interpretato da Claude Rains è meno terrificante e più tragico, un uomo spezzato dalle circostanze che trova nella musica l’ultima ancora di salvezza. A differenza di altre versioni, questo film mette grande cura nella narrazione emotiva e romantica, valorizzando Christine come figura forte e determinata.

    Il Technicolor contribuisce a creare un’atmosfera quasi fiabesca, con scenografie lussuose e un gusto per il melodramma orchestrale che lo distingue dalle letture più cupe. L’opera lirica diventa un personaggio a sé: costumi, arie, scenografie e movimenti di massa ampliano lo spettacolo. Pur prendendosi molte libertà rispetto al romanzo, il film riesce a catturare lo spirito tragico del Fantasma e lo traduce in eleganza e sentimento. Un classico hollywoodiano di grande fascino.

    4. Il Fantasma dell’Opera (1962) 

    La versione del 1962 de Il Fantasma dell’Opera, prodotta dalla Hammer, è un gioiello del gotico britannico. Più malinconico che spaventoso, il film offre una reinterpretazione del Fantasma come figura tragica, un compositore derubato e ridotto alla follia. Herbert Lom dà vita a un Fantasma profondamente umano, tormentato, capace di suscitare una sincera empatia.

    L’atmosfera è il grande punto di forza: nebbia, corridoi umidi, luci basse, scenografie teatrali che sembrano uscite da un incubo elegante. La Hammer abbandona il sensazionalismo e punta a una tragedia intima, accentuando il rapporto quasi paterno tra il Fantasma e Christine. La componente horror c’è, ma non domina: è un adattamento più drammatico che spaventoso, perfetto per chi ama il gotico emotivo. Non sempre citato tra i migliori, merita invece di essere riscoperto per la sua delicatezza e per l’originalità dell’approccio.

    5. Il Fantasma del Palcoscenico (1974)

    Con Il Fantasma del Palcoscenico, Brian De Palma reinventa completamente il mito, trasformandolo in un musical rock satirico e psichedelico. È un film folle, ribelle, modernissimo ancora oggi: un mix di Faust, Il fantasma dell’opera e cultura glam anni ’70. Il Fantasma di William Finley è un artista ingenuo e sfruttato, vittima di un’industria musicale cannibale guidata dal diabolico produttore Swan, interpretato da Paul Williams.

    De Palma usa il mito per denunciare lo show business, il culto della celebrità e la manipolazione del talento. Il film alterna comicità nera, melodramma, horror pop e numeri musicali irresistibili. Visivamente è un tripudio di split screen, colori acidi e trovate registiche che sono diventate cult. All’uscita fu un fiasco, oggi è venerato come uno dei più originali adattamenti del Fantasma. Un’opera audace, anarchica, impossibile da classificare: pura estasi cinefila.

    6. Il fantasma dell’opera (2004) 

    Il Fantasma dell’Opera di Joel Schumacher è forse l’adattamento più divisivo… ed è proprio questo a renderlo irresistibile. Visivamente barocco, saturo di velluti, candele e scenografie monumentali, è una vera dichiarazione d’amore al melodramma gotico. Gerard Butler incarna un Fantasma meno mostruoso e più passionale, quasi un anti-eroe romantico, mentre Emmy Rossum offre una Christine luminosa e sorprendentemente matura nonostante l’età.

    Schumacher trasforma il musical in un’esperienza pop, estetica e sensuale, che ha segnato un’intera generazione. Il film rallenta, indugia, amplifica: ogni scena è costruita per essere iconica, dal ballo in maschera alla scena finale nel cimitero. Criticato all’uscita, rivalutato nel tempo, oggi è un cult camp, perfetto per chi cerca un Fantasma più fiabesco che terrificante. E soprattutto è l’adattamento che più di tutti ha portato nuovi spettatori nella storia immortale di Leroux.

    7. Il fantasma dell’opera (1998)

    L’adattamento di Dario Argento de Il Fantasma dell’Opera è uno dei più audaci e controversi. Qui il Fantasma non è sfigurato: è una presenza quasi animale, istintiva, nata nelle viscere della terra e legata ai sotterranei dell’Opera come fosse parte dell’edificio stesso. Julian Sands interpreta un Fantasma sensuale, primitivo, più vicino a una creatura selvaggia che a un genio tormentato.

    Argento privilegia l’atmosfera sopra la narrazione: corridoi infiniti, scenografie barocche, violenza improvvisa, gesti melodrammatici e musica invadente. È un film che divide, ma mai banale. Per alcuni è un'occasione mancata, per altri una perla gotica del cinema italiano anni ’90. Di certo è una lettura unica, irripetibile, che esplora il mito senza paura di distanziarsi dal canone. Per chi ama il cinema argentiano, è un capitolo essenziale della fase più estetica del regista.

    8. Love Never Dies (2012)

    Love Never Dies immagina cosa succede dopo il finale del musical di Webber, portando Fantasma, Christine e Raoul nella Coney Island dei primi del ’900, un luogo di illusioni, spettacoli e desideri proibiti. Il Fantasma è ora un impresario chiamato “Signore Y”, ossessionato dal talento di Christine e incapace di lasciarla andare. Questa versione filmata non è solo un sequel: è un’opera visiva e musicale sorprendentemente matura, più oscura e più tragica della precedente.

    I numeri musicali sono grandiosi, la scenografia è un labirinto di neon e ombre, e la relazione tra i protagonisti diventa più complessa, adulta, straziante. Nonostante la ricezione controversa, Love Never Dies è perfetto per chi desidera una versione più malinconica del mito, dove la bellezza della musica combatte con la condanna del destino. Un’opera che divide, ma che emoziona profondamente chi sa lasciarsi andare.

    9. Il fantasma dell’opera (1989) 

    Il Fantasma dell’Opera del 1989 porta il mito di Leroux in pieno territorio slasher, sfruttando la presenza magnetica di Robert Englund, già icona horror grazie a Freddy Krueger. Qui il Fantasma non è una figura romantica né un genio tormentato, ma un assassino sanguinario segnato da un patto con il diavolo, pronto a usare la musica e la seduzione come armi. La struttura narrativa alterna passato ottocentesco e presente newyorkese, rendendo la storia un curioso ibrido tra gotico classico e horror metropolitano anni ’80.

    Il film gioca con il gusto dell’eccesso: smembramenti, trappole brutali, atmosfere cupe e scenografie teatrali che esaltano il lato più pulp del mito. Non è fedele al romanzo, ma proprio questa libertà lo rende un titolo ideale per chi vuole scoprire come Il fantasma dell’opera sia riuscito a sopravvivere adattandosi ai generi più diversi. Una versione sfrontata, esagerata, incredibilmente divertente nella sua ferocia.

    10. Il fantasma dell’Opera (miniserie TV, 1990) 

    Considerata da molti appassionati la trasposizione più fedele al romanzo, Il Fantasma dell’Opera è una miniserie elegante, lenta e profondamente letteraria. Charles Dance offre una delle interpretazioni migliori del Fantasma: non un mostro, non un villain, ma un uomo colto, complesso, ferito dalla vita. La serie esplora a fondo la psicologia dei personaggi, la loro morale, le ambiguità e la sofferenza nascosta tra le mura dell’Opera.

    Lontana dallo spettacolo del musical e dal gotico più estremo, questa versione punta tutto sulla sostanza emotiva del testo originale. Le scenografie sono raffinate, la regia misurata, il tono drammatico e romantico senza scivolare nel melodramma. È l’adattamento ideale per chi vuole avvicinarsi al romanzo nella sua forma più autentica: un Fantasma umano, malinconico, narrativamente ricchissimo.

  • Da “La Signora in giallo” a “High Potential”: le 10 migliori serie TV con detective amatoriali

    Da “La Signora in giallo” a “High Potential”: le 10 migliori serie TV con detective amatoriali

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Il piccolo schermo negli anni ha saputo regalarci detective formidabili, burberi, solitari, dall’intuito infallibile. Ne sono un esempio la coppia Matthew McConaughey e Woody Harrelson in True Detective (2014), l’incontenibile Cordelia Cupp di The Residence (2025) e i protagonisti di un cult come Law & Order - I due volti della giustizia (1990). 

    Ma è anche vero che la storia della serialità è ricca di detective amatoriali. Quelli che si sono trovati nel posto sbagliato al momento giusto. Uomini e donne con i quali per noi spettatori è più facile immedesimarsi e magari immaginare di poter risolvere un caso intricato! JustWatch ha stilato una lista delle 10 migliori serie TV con protagonisti detective amatoriali.

    10. Monterossi - La serie (2022)

    Cinico per natura e con una venerazione sconfinata per Bob Dylan, Carlo Monterossi è un autore televisivo che ne ha viste tante nella sua vita. Un uomo disincantato interpretato con efficacia da Fabrizio Bentivoglio vittima di un tentativo di omicidio che decide di indagare su chi volesse fargli le penne in una Milano blues come la musica che ama ascoltare. È il protagonista di Monterossi - La serie, serie che porta i romanzi di Alessandro Robecchi sul piccolo schermo. 

    La regia è affidata a Roan Johnson, già dietro la macchina da presa de I delitti del BarLume. Se lì l'ambientazione è solare, qui l'atmosfera è malinconica. Non manca mai, però, una buona dose di umorismo rigorosamente black spesso regalato da personaggi surreali che circondano il protagonista mosso da una forte sete di giustizia nonostante il suo atteggiamento apparentemente distaccato. Due stagioni per 11 episodi perfette per chi ama i crime dalle tinte cupe come Rocco Schiavone (2016), ma che non rinunciano a strappare una risata nella sua ora scarsa di durata.

    9. Castle – Detective tra le righe (2009-2016)

    Un poliziesco sì, ma tinto di una nota romantica. È Castle - Detective tra le righe, la serie TV che segue le vicende dello scrittore di gialli Richard Castle con il volto di Nathan Fillion chiamato a collaborare con la squadra capeggiata dalla detective della NYPD Kate Beckett (Stana Katic). Tra i due non scorre subito buon sangue, anzi. Ma la chimica è palpabile e non tarda a manifestarsi, rappresentando una delle colonne portanti della serie. 

    È proprio la loro relazione umana e sentimentale ad evolversi nei 40 minuti che compongono ognuno dei 173 episodi divisi nell’arco di 8 stagioni, mentre insieme lavorano per risolvere i vari casi che sono chiamati ad affrontare. La tensione romantica intrecciata a quella investigativa crea un mix brillante, sebbene nel corso dei vari capitoli ci siano stati momenti più riusciti di altri. Tra battute e frecciatine pungenti, Castle - Detective tra le righe è una di quelle visioni confortanti capaci di intrattenere alternando indagini e batticuore. Da recuperare se hai apprezzato Bones (2005).

    8. Padre Brown (2013)

    Se amate l'Inghilterra rurale e i gialli classici, Padre Brown è la serie giusta per passare una serata sul divano alla ricerca di un colpevole. Basata sui racconti di G.K. Chesterton, la serie vede il sacerdote cattolico con il volto di Mark Williams cercare di portare a galla la verità spesso dopo che la polizia ha messo dietro le sbarre la persona sbagliata. Il parroco di St. Mary. A Kembleford conosce l'animo umano e ha un grande intuito. 

    Doti che usa per ficcare il naso dove non dovrebbe. Ambientata nei primi anni '50, la serie è un'ottima combinazione di mistero, umorismo, riflessione ed empatica. Un crime leggero ma ben congegnato dalla durata di 50 minuti che, nel corso di 11 stagioni, ti immergerà nei verdi paesaggi della campagna inglese, tra chiese, omicidi e personaggi eccentrici. Un altro detective dilettante che usa la testa al posto della pistola. E se ti diverte vedere personaggi improbabili come Angela Merkel in versione detective come in Miss Merkel - Morte al cimitero, non puoi perderti Padre Brown.

    7. Miss Marple (1984)

    Mai dubitare di una (apparentemente) innocua signora anziana. È la lezione che possiamo imparare dalla visione di Miss Marple, la serie TV basata sul personaggio protagonista degli omonimi romanzi di Agatha Christie interpretata da Joan Hickson. È lei a incarnare alla perfezione l'essenza dell'eroina letteraria, tutta cappellini e raziocinio. Una serie che guarda con fedeltà al materiale originale portando in scena le atmosfere tipiche della provincia inglese. 

    Miss Marple, con il suo piglio perspicace e sereno, svela intrighi e segreti che si celano dietro la facciata serena dei villaggi inglesi che diventano le scene del crimine sulle quali si ritrova a indagare osservando e collegando i vari indizi raccolti. Dodici episodi che coprono gli altrettanti romanzi e che, nella loro durata di due ore, hanno un'impronta cinematografica. Così come per La Signora in giallo, anche Miss Marple è la serie adatta per chi predilige le risoluzioni logiche, piuttosto che inseguimenti e sparatorie.

    6. I delitti del BarLume (2013)

    L'umorismo toscano, la provincia e un barista detective con il volto di Filippo Timi aiutato da quattro vecchietti in pensione. Basata sui romanzi di Marco Malvaldi, I delitti del BarLume è quanto di più vicino al cozy mystery di stampo anglosassone. Solo che qui ci troviamo nella fittizia Pineta e a fare da sfondo alle indagini c'è un bar trasformato in quartier generale per scambiare intuizioni, confidenze e investigazioni amatoriali. Arrivato alla tredicesima stagione per un totale di 27 episodi, lo show non ha mai perso la sua unicità data dall'unione di una forte identità con la componente crime diluita da situazioni comiche al limite del grottesco. 

    Un giallo leggero costellato di personaggi bizzarri come Monterossi che farà la gioia di chiunque voglia vedere una serie fresca e divertente senza perdere la tensione data dagli omicidi attorno a cui ruotano le puntate da 90 minuti. Una delle migliori produzioni italiane per la sua vivacità di scrittura e la capacità di fidelizzare il suo pubblico. Un crimine e una partita a carte alla volta.

    5. Afterparty (2022)

    Una piccola gemma televisiva: Afterparty. Una mystery comedy che ruota attorno a un omicidio avvenuto durante una rimpatriata del liceo. A guidare le indagini una detective fuori dagli schemi con il volto di Tiffany Haddish. Ma a investigare, nella speranza di non essere scoperti, ci pensano anche i personaggi di Ben Schwartz e Sam Richardson, due degli invitati alla festa che rischiano di finire sulla lista dei sospettati. 

    Meno di 50 minuti per gli 8 episodi della prima stagione, ognuno debitore a un genere differente. Ed ecco allora il musical che lascia spazio al thriller o alla commedia romantica rispetto a chi degli invitati è chiamato a raccontare la sua versione. Se amate i rompicapo, le storie viste da prospettive differenti e le trame ingegnose come in Only Murders in the Building e Murderville (2022), avete trovato la vostra prossima serie TV del cuore.

    4. High Potential (2024)

    High Potential è la serie perfetta per chi ama le indagini sul piccolo schermo, ma ha un debole per chi non si prende troppo sul serio. Merito della sua protagonista, Morgan Gillory, una scoppiettante madre single di 3 figli con un QI eccezionalmente alto che, da donna delle pulizie della polizia di L.A. viene reclutata per diventarne consulente. Remake statunitense di Morgane – Detective geniale (2021), la serie deve molto alla sua protagonista interpretata da una trascinante Kaitlin Olson. 

    Un look sgargiante, lunghi capelli biondi e un'intelligenza fuori dal comune per un procedurale all'apparenza standard che la protagonista eleva grazie al suo innato carisma. L'evoluzione del rapporto con il suo partner, il detective Adam Karadec (Daniel Sunjata), dapprima ostile e poi di reciproca stima, offre anche una componente più umana al racconto che si estende all'approccio di Morgan ai casi chiamata a risolvere. Una stagione da 13 episodi - con una seconda in arrivo - che si lascia guardare tutta d’un fiato.

    3. A Murder at the End of the World (2024)

    Chi ha visto e amato The OA (2016) conosce già il talento smisurato e anticipatore di Brit Marling in coppia con Zal Batmanglij. Con A Murder at the End of the World realizzano un thriller psicologico con protagonista la giovane hacker detective Darby Hart di Emma Corrin. È lei, nel corso di 8 episodi da oltre un’ora di durata, a dover risolvere una serie di omicidi all'interno di un lussuoso edificio nel cuore dell'Islanda. 

    Mentre la serie omaggia i classici del genere alla Agatha Christie, il suo tratto distintivo è la modernità dei temi trattati, dall'intelligenza artificiale ai cambiamenti climatici. Una miniserie che pone molte domande sull'attualità mentre costruisce una trama stratificata giocata su due piani temporali differenti. Avvincente, suggestiva, profonda, A Murder at the End of the World è intrattenimento intelligente sorretto da un grande cast dove l'alchimia tra il personaggio di Corrin e quello di Harris Dickinson illumina lo schermo. Da vedere se ti è piaciuto La donna della cabina numero 10 (2025).

    2. Only Murders in the Building (2021)

    Un po' un omaggio, un po' una bonaria presa in giro dell'ossessione collettiva per il true crime. Only Murders in the Building fin dal suo esordio ha saputo distinguersi per l'intelligenza della sua scrittura e la sua trama così ben congegnata da scivolare via che è un piacere nei suoi episodi che oscillano tra i 30 e i 40 minuti di durata. Qui di detective amatoriali ce ne sono addirittura 3 e hanno il volto di Steve Martin, Martin Short e Selena Gomez. Tutti inquilini dello stesso elegante edificio di New York scenario di un omicidio che darà il via alle loro indagini portate avanti grazie a un podcast, ovviamente truce crime! 

    Un giallo dalle atmosfere comedy che celebra il genere mentre gli infonde nuova linfa grazie a un approccio originale quanto irresistibile. Al resto ci pensano due mostri sacri come Martin e Short che funzionano alla grande con Gomez riuscendo ad abbracciare un pubblico ampio e variegato. Una vera delizia che vi divertirà con situazioni improbabili, colpi di scena e grandi prove attoriali. Ma non solo: perché nell'unione di tre vite così diverse c'è anche il racconto di un'amicizia che va oltre l'età anagrafica. Cinque stagioni da recuperare - con una sesta già confermata che porterà i protagonisti a Londra - se Poker Face (2023) e Morte e altri dettagli (2024) ti hanno divertito. 

    1. La signora in giallo (1984-1996)

    Impossibile non aver passato almeno un pomeriggio della propria vita in compagnia di Jessica Fletcher e una delle sue indagini. La scrittrice di best-seller che ha fatto la storia del piccolo schermo grazie alle 12 stagioni de La Signora in giallo in cui ha risolto casi di omicidio ovunque si trovasse. La serie, anche se andata in onda tra il 1984 e il 1996, non ha perso il suo fascino che risiede tutto in una protagonista intelligente e arguta e in una formula narrativa dal retrogusto familiare condensata nei 45 minuti di durata dei suoi episodi.

     Niente violenza o azione al cardiopalma, quanto un crime paradossalmente confortante nel suo approccio “casalingo”, merito anche della placida Cabot Cove sullo sfondo. La serie perfetta per chi cerca il brivido del mistero, ma ama i gialli vecchia scuola tutta logica e osservazione. Un classico intramontabile che presto avrà un suo reboot con protagonista Jamie Lee Curtis. Molto probabilmente si tratterà di un film pensato per lo streaming al cui timone siedono i registi Phil Lord e Chris Miller (Spider-Man - Un nuovo universo, 2018) con il contributo della produttrice Amy Pascal (Venom, 2018).

  • Da “Gintama” a “One Punch Man”: i 10 anime più divertenti da guardare quando vuoi farti una bella risata!

    Da “Gintama” a “One Punch Man”: i 10 anime più divertenti da guardare quando vuoi farti una bella risata!

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Quando hai bisogno di spegnere il cervello, staccare dall’ansia quotidiana e ridere fino alle lacrime, l’animazione giapponese tira fuori il meglio di sé. La comicità anime è un universo vastissimo: slapstick surreale, parodia totale dei cliché otaku, commedie scolastiche scatenate, humor nero, demenzialità pura e personaggi così assurdi da diventare irresistibili.

    In un’epoca in cui l’offerta è sterminata e spesso ci si perde tra mille titoli, vale la pena tornare ai fondamentali: quegli anime che, indipendentemente dal mood o dal momento, riescono sempre a strapparci una risata sincera. Per aiutarti a scegliere, abbiamo raccolto i 10 anime più divertenti da guardare quando vuoi davvero farti una bella risata. Ognuno rappresenta una sfumatura diversa dell’umorismo giapponese e include anche un titolo consigliato simile, perfetto per continuare la maratona all’insegna del buon umore.

    1. Gintama (2006 – 2018)

    Gintama è probabilmente la serie più divertente che l’animazione giapponese abbia mai prodotto: un mix letale di parodia, comicità slapstick, non-sense, citazioni meta e improvvisi momenti drammatici che ti colgono di sorpresa. Il protagonista Gintoki, samurai pigro e allergico allo sforzo, vive in un Edo futuristico dominato dagli alieni e si ritrova in situazioni sempre più assurde: da battaglie per l’ultimo gelato in offerta a guerre intergalattiche risolte con rutti e minacce ridicole. Il ritmo è frenetico, i personaggi secondari diventano subito iconici e l’umorismo rompe continuamente la quarta parete. È l’anime ideale quando vuoi ridere senza freni e al tempo stesso affezionarti a un cast gigantesco e irresistibile.

    Se vuoi qualcosa di altrettanto incontenibile e parodico, prova Excel Saga (1999 – 2000), un cult caotico che non conosce regole.

    2. Saiki K. – The Disastrous Life of Saiki K. (2016 – 2019)

    Saiki K. è la definizione perfetta di commedia brillante: un protagonista implosivo, sarcastico, potentissimo… e disperato dal desiderio di vivere una vita normale. Saiki ha poteri psichici che lo renderebbero un supereroe, ma per lui sono solo un disturbo quotidiano. La comicità nasce dal contrasto tra il suo mutismo esasperato e la follia iperattiva dei compagni di classe, ognuno ridicolmente sopra le righe: dall’esaltato wannabe eroe al maschio alfa che crede di essere un boss degli anime shonen. L’alternanza di episodi brevissimi, gag fulminanti e humour deadpan la rende una serie perfetta da maratonare, soprattutto quando sei in cerca di leggerezza pura.

    Se ami la comicità veloce e i personaggi deliranti, guarda Haven’t You Heard? I’m Sakamoto (2016), un altro gioiello di humour surreale.

    3. Nichijou (2011)

    Nichijou (2011) è l’incarnazione dell’assurdo comico: un anime che prende la quotidianità scolastica e la porta direttamente nell’iperbole totale. Le scene più banali – un compito in classe, una discussione, un incontro casuale – diventano esplosioni teatrali di umorismo, con animazioni esagerate che trasformano un semplice schiaffo in una scena da kolossal d’azione. La serie alterna momenti di poesia, nonsense puro, slapstick e un ritmo perfetto, capace di sorprenderti in ogni episodio. È un’opera che funziona anche grazie alla dolcezza dei personaggi, tutti incredibilmente imperfetti e irresistibili nella loro goffaggine.

    Se ti piace il non-sense elegante, prova Azumanga Daioh (2002 – 2003), uno dei precursori della comicità scolastica “assurda ma tenera”.

    4. KonoSuba – God’s Blessing on This Wonderful World! (2016 – 2024)

    KonoSuba (2016 – 2024) è l’anti-isekai definitivo: invece di eroi virtuosi e mondi epici, ci regala un gruppo di incapaci adorabili. Kazuma è un protagonista sarcastico come pochi, e le sue compagne – Aqua la dea idiota, Megumin ossessionata dalle esplosioni e Darkness la paladina masochista – creano un perfetto disastro comico ad ogni missione. L’umorismo nasce dal sabotaggio continuo delle aspettative del genere, trasformando ogni quest in una spirale di fallimenti divertentissimi. Il ritmo è rapido, il dialogo brillante e il modo in cui i personaggi crescono (poco, pochissimo) è parte del fascino della serie.

    Se vuoi un altro fantasy comico, prova Cautious Hero (2019), che gioca in modo spassoso sulle aspettative del genere.

    5. One Punch Man (2015 – in corso)

    One Punch Man (2015 – in corso) unisce azione spettacolare e uno humour irresistibile. Saitama è l’eroe più forte di tutti i tempi, ma ha un problema: si annoia mortalmente perché sconfigge qualsiasi nemico con un solo pugno. La comicità nasce proprio dalla sua apatia totale di fronte al caos: mentre mostri catastrofici distruggono la città, lui pensa agli sconti al supermercato. L’animazione è di altissimo livello, e le battute sono fulminanti, soprattutto quando mettono alla berlina i cliché degli anime shonen e dei supereroi.

    Se vuoi un’altra satira dell’eroismo, guarda Mob Psycho 100 (2016 – 2022), divertente, profonda e altrettanto originale.

    6. The Devil Is a Part-Timer! (2013 – 2023)

    The Devil Is a Part-Timer! è un’idea geniale trasformata in una commedia irresistibile: cosa succede se il Signore dei Demoni arriva nel nostro mondo… e deve lavorare in un fast-food per tirare avanti? La serie sfrutta alla perfezione il contrasto tra la grandeur sovrannaturale e le miserie quotidiane: affitti, orari di lavoro, offerte speciali e turni di notte. Lucifer, angeli e eroi finiti male diventano colleghi problematici e coinquilini ingestibili. Il risultato è una satira fresca, piena di gag, situazioni grottesche e un protagonista sorprendentemente umano.

    Se ami gli isekai ribaltati, prova Re:Creators (2017), dove i personaggi delle opere di fantasia piombano nel nostro mondo.

    7. Detroit Metal City (2008)

    Detroit Metal City (2008) è un’anomalia geniale: un anime rock demenziale, volgare e intelligentissimo. Segue Negishi, un ragazzo timidissimo che sogna il pop svedese ma viene trascinato a forza nel ruolo di Krauser II, frontman di una band death-metal estrema. Il contrasto tra la sua personalità reale e il suo alter ego demoniaco crea alcune delle gag più esilaranti mai viste, spesso al limite dell’assurdo. La serie è breve, ma ha un ritmo devastante e una comicità aggressiva che non lascia respiro.

    Se ti intriga la satira musicale, prova Aggretsuko (2018 – 2023), una commedia che usa il metal per raccontare lo stress della vita adulta.

    8. Prison School (2015)

    Prison School è l’apice della commedia volgare giapponese, ma sarebbe riduttivo etichettarlo solo così: è una serie che prende lo humour “hard”, lo esaspera fino al grottesco e lo trasforma in una macchina di gag visive e tempi comici impeccabili. La trama è già una dichiarazione d’intenti: cinque ragazzi vengono ammessi in una scuola esclusivamente femminile e, dopo essere stati sorpresi a spiare le ragazze negli spogliatoi, finiscono letteralmente in una “prigione scolastica”. Lì iniziano punizioni paradossali, giochi di potere e momenti talmente eccessivi da diventare irresistibili. Ciò che rende Prison School così divertente è il contrasto tra l’estrema serietà con cui i personaggi vivono ogni situazione e la totale assurdità degli eventi. Le espressioni esasperate, la regia iper-drammatica e la fisicità dei protagonisti costruiscono una comicità che funziona perché consapevolmente sopra le righe.

    Se ti piace l’umorismo estremo ma intelligente, uno dei titoli più vicini per spirito è Shimoneta: A Boring World Where the Concept of Dirty Jokes Doesn’t Exist (2015), che porta la satira sessuale in un’altra direzione assurda e provocatoria, ma altrettanto irresistibile.

    9. Daily Lives of High School Boys (2012)

    Daily Lives of High School Boys (2012) prende un concetto semplicissimo – la vita quotidiana di tre ragazzi del liceo – e lo trasforma in una sequenza continua di gag memorabili. Le conversazioni assurde, gli esperimenti stupidi, le scenette improvvisate diventano piccole perle di comicità adolescenziale. Il cast è ampio, le situazioni sempre nuove e il tono spazia dal non-sense più totale all’umorismo imbarazzato che ricorda davvero come si parla e si gioca tra amici. È un anime che riesce a far ridere proprio perché cattura la spontaneità dell’età, trasformandola in un delizioso caos.

    Se vuoi un’altra commedia scolastica brillante, prova Hyouka (2012), più misteriosa ma con interazioni altrettanto divertenti.

    10. Great Teacher Onizuka (1999 – 2000)

    Great Teacher Onizuka (1999 – 2000) è una delle commedie più amate di sempre, grazie al suo protagonista: Eikichi Onizuka, ex teppista che diventa insegnante… con metodi decisamente poco ortodossi. L’anime alterna humour esagerato, situazioni assurde, critica sociale e momenti sinceramente emotivi, costruendo un equilibrio perfetto tra risata e crescita. Le classi problematiche, gli studenti ribelli, le sfide quotidiane: tutto diventa occasione per trasformare Onizuka in un eroe improbabile e irresistibile. È una serie che fa ridere di gusto, ma lascia anche molto di più. 

    Se vuoi un’altra serie scolastica con un tocco anarchico, guarda Sakamichi no Apollon (2012), più drammatica ma con un cuore pulsante altrettanto forte.

  • Tutti i film e le serie TV con Serena Rossi (e la nostra classifica dei migliori 10 titoli)

    Tutti i film e le serie TV con Serena Rossi (e la nostra classifica dei migliori 10 titoli)

    Andrea Ballerini

    Andrea Ballerini

    Editor a JustWatch

    Serena Rossi è stata al centro di alcuni tra i migliori film e le migliori serie TV uscite in Italia negli ultimi anni. L’attrice napoletana ha fatto breccia nel panorama nazionale con la parte di Carmen Catalano nella soap opera di culto Un posto al sole, dove ha lavorato anche con suo marito Davide Devenuto.

    L’attrice continua ad avere una carriera fitta di ruoli, con decine di apparizioni sul piccolo e grande schermo. Questa lista di JustWatch vi porta alla scoperta di tutti i film e le serie TV con Serena Rossi. Oltre all’elenco completo che trovate in fondo, abbiamo selezionato per voi cinque film e cinque serie TV che meglio rappresentano la bravura di Serena Rossi.   

    1. Song'e Napule (2014)

    Song'e Napule è l’esordio sul grande schermo di Serena Rossi, dopo già un decennio di presenze in TV. Il film dei Manetti Bros. la vede interpretare Marianna, sorella del cantante neomelodico Lollo Love (Giampaolo Morelli). L’attrice mostra di essere più che pronta per il salto sul grande schermo, contribuendo con il suo ruolo a creare una commedia crime irresistibile. Indimenticabile la prova di Morelli nei panni del neomelodico. Infine, lo stile dei fratelli Manetti è irresistibile, a partire dall’estetica che strizza l’occhio ai poliziotteschi anni ‘70. Una piccola gemma che verrà apprezzata da chi ha in casa un poster di Tomas Milian in Squadra volante (1974).

    2. Ammore e malavita (2017)

    Abituatevi a vedere il nome dei Manetti Bros. perché l’accoppiata con Serena Rossi ci ha regalato alcuni dei film italiani moderni più belli di sempre. Ammore e malavita ripropone molti elementi vincenti di Song'e Napule (2014), espandendo ancora di più l’universo sui generis dei Manetti. Torna il poliziesco made in Italy dei Settanta, questa volta sporcato ancora di più da virate in stile musical. Ritornano anche Morelli e Rossi, nei panni di una ex coppia che si incontra di nuovo dopo anni, in circostanze estremamente pericolose. Rossi appare in grande forma sia nelle scene drammatiche che in quelle più leggere, spiccando anche nelle prove musicali.

    3. Mia Martini - Io sono Mia (2019)

    Mia Martini - Io sono Mia è un biopic sull’omonima cantante, che restituisce allo spettatore alcune fasi della sua carriera, tra gioie artistiche e periodi drammatici. Nonostante la pellicola abbia qualche difetto, tra cui una durata forse troppo ristretta, Serena Rossi riesce a portare a casa una delle sue interpretazioni migliori. L’attrice si cala in maniera formidabile nei panni di Mia Martini, senza scimmiottarla per sembrarle identica ma catturandone l’essenza. Un po’ come fa Jeremy Allen White in Springsteen - Liberami dal nulla (2025). Se avete amato Fabrizio De André: Principe libero (2018), questo è il film che fa per voi.

    4. Diabolik (2021)

    Non si sbaglia mai con i Manetti Bros. Con Diabolik, i due spingono il pedale dell'acceleratore consegnando agli spettatori un film con uno dei budget più alti con cui abbiano mai lavorato. E si vede. Il film con Luca Marinelli, Valerio Mastandrea e Miriam Leone brilla per il suo valore estetico. La fotografia elegante ricorda a tratti Diabolik (1968), la prima trasposizione sullo schermo dell’antieroe del maestro Mario Bava. Con un cast così, poi, è difficile sbagliare. A partire proprio da Serena Rossi che, nonostante un ruolo di secondo piano, mostra come a volte una grande attrice possa mostrare la sua bravura anche in pochi minuti. Peccato per il ritmo a tratti troppo lento.

    5. Il treno dei bambini (2024)

    Il treno dei bambini si discosta dalle atmosfere leggere dei Manetti Bros. e vede Serena Rossi in chiave totalmente drammatica. L’attrice deve anche ricoprire un ruolo difficile, ovvero quello di una madre che cerca di tarpare le ali al figlio a causa della povertà. Un ruolo complesso che lascia lo spettatore a metà tra comprensione delle circostanze e critica delle azioni. La prova di Rossi è di grande impatto ed è per questo che la visione de Il treno dei bambini (2024) ci lascia così combattuti. Una menzione d’onore va anche alla regista Cristina Comencini, che non soffoca la storia con virtuosismi fuori luogo ma la esalta con una regia invisibile e posata.

    6. Il commissario Montalbano (2008)

    Come già detto, Serena Rossi ha partecipato ad alcuni dei titoli più famosi e importanti del Bel paese. Poteva forse mancare dalla serie TV simbolo dei primi anni 2000, ovvero Il commissario Montalbano? L’attrice appare nel primo episodio della stagione 7, intitolato La vampa d'agosto, e lo fa con una performance memorabile. Calandosi nei panni di una donna che cerca vendetta per la morte della sorella gemella, Rossi mostra una grande confidenza. La parte la vede coinvolta in scene di seduzione ma anche altamente drammatiche, riuscendo a sostenere entrambi i registri con disinvoltura. Non a caso, il poliziesco è un genere nel quale l’attrice sguazza senza alcun problema.

    7. Il clan dei camorristi (2013)

    Oltre al poliziesco, Rossi ci ha ormai abituati a grandi performance anche nel genere crime, come testimonia Ammore e malavita (2017). Il clan dei camorristi ne è l’ennesima conferma. Come ogni opera crime che si rispetti, a fianco dei personaggi dalla cattiva reputazione ci sono sempre persone che rappresentano la luce. Patrizia Teduccio interpretata da Serena Rossi rappresenta proprio il lato positivo della vicenda. Il ruolo richiede una prestazione drammatica e un range emotivo che l’attrice riesce a fare proprio. Il clan dei camorristi (2013) è da segnalare anche per la pregiata qualità visiva e per le prove dell’intero cast, tra cui Stefano Accorsi e Giuseppe Zeno.

    8. L'ispettore Coliandro (2016-2018)

    Dopo Il commissario Montalbano (2008), Serena Rossi non poteva lasciarsi sfuggire una parte in un’altra serie poliziesca di grande successo, quel cult chiamato L'ispettore Coliandro. L’attrice appare qui in due soli episodi, il secondo della stagione 5 e il secondo della stagione 7. Come per Diabolik (2021) e Il clan dei camorristi (2013), si tratta di un ruolo secondario che Rossi affronta con la stessa serietà di uno da protagonista. La parte di Ilaria, giovane donna per la quale Coliandro si invaghisce, è leggera ma con alcuni tocchi drammatici che non guastano. Ah, quasi dimenticavo: alla regia ci sono sempre loro, i Manetti Bros..

    9. Mina Settembre (2021-2025)

    Mina Settembre porta Serena Rossi nella città natale di Napoli per un ruolo da protagonista assoluta. L’attrice partenopea interpreta proprio il personaggio che dà il nome alla serie, un’assistente sociale che deve affrontare problemi quotidiani per migliorare il mondo in cui vive. La serie TV è perfetta per Rossi, raccontando ogni episodio con il giusto equilibrio tra commedia e dramma. La prova nei panni di Mina è molto naturale, con Rossi completamente nella parte. Mina Settembre (2021) non va persa anche per i bellissimi scorci della città del sole, che donano un tocco in più all’estetica dell’opera basata sui testi di Maurizio De Giovanni.

    10. Uonderbois: Il Tesoro Segreto di Napoli (2024)

    Uonderbois: Il Tesoro Segreto di Napoli è una serie TV targata Disney+ che mischia l’avventura con il dramma e la commedia, creando quasi un’atmosfera da realismo magico. Sempre ambientata a Napoli come Mina Settembre (2021), questa volta gli spettatori possono godersi sia le strade che i sotterranei della città. Serena Rossi continua ad alzare l’asticella interpretando qui un ruolo da villain. Se già si era calata in un mood simile ne Il commissario Montalbano (2008), qui l’attrice ha la possibilità di rivestire una parte da antagonista pura per più di un episodio. Il risultato è una prova potente e senza stonature, un’altra testimonianza della versatilità sempre più estesa di Serena Rossi.

  • “Charlie’s Angels”: tutti i film e le serie TV in ordine cronologico

    “Charlie’s Angels”: tutti i film e le serie TV in ordine cronologico

    Alessandro Zaghi

    Alessandro Zaghi

    Editor a JustWatch

    Dagli anni ’70 a oggi, Charlie’s Angels ha attraversato la storia della cultura pop cambiando volto più volte, ma senza mai perdere la propria essenza: tre donne protagoniste, brillanti e intraprendenti, impegnate a risolvere missioni per conto di un misterioso benefattore invisibile che comunica solo con la sua voce, il mitico Charlie Townsend. 

    Un’idea nata per cavalcare la moda del “girl power”, ma all’epoca ancora profondamente influenzata dallo sguardo maschile. Tuttavia il format col tempo si è evoluto, mettendo più a fuoco un punto di osservazione femminile, con le protagoniste non più ritratte semplicemente come una miscela tra agenti segreti e pin-up.

    Un’ evoluzione che parte dal debutto televisivo del 1976 fino al ritorno sul grande schermo del 2019, che oggi potete vedere e riscoprire in streaming sulle maggiori piattaforme. Qui sotto la lista completa, in ordine cronologico, con cui guardare ogni film e serie.

    1. Charlie’s Angels – La serie originale (1976–1981)

    È qui che tutto comincia. Tre ex poliziotte – Sabrina Duncan (Kate Jackson), Jill Munroe (Farrah Fawcett) e Kelly Garrett (Jaclyn Smith) – vengono reclutate dalla misteriosa Townsend Agency per diventare investigatrici private. A coordinare il tutto è Charlie, la mente a capo dell’agenzia, che nessuno ha mai visto e che comunica solo attraverso la voce (quella di John Forsythe).La serie divenne un successo immediato: 5 stagioni, 115 episodi e un posto fisso nella cultura pop. Tra cambi di cast e missioni sempre più spettacolari, Charlie’s Angels lanciò per la prima volta un modello di squadra tutta al femminile, che verrà poi ripreso nei decenni successivi.

    2. Charlie’s Angels (2000)

    Dopo quasi vent’anni ritorna la saga, ma questa volta al cinema, e con una nuova generazione di Angeli. Cameron Diaz, Drew Barrymore e Lucy Liu interpretano Natalie, Dylan e Alex, tra arti marziali, spionaggio e look entrati nella storia del franchise. Il tono cambia: la trama è ironica, leggera, a tratti surreale, ma con scene d’azione più spettacolari rispetto all’originale. La missione questa volta ruota attorno alla misteriosa scomparsa di un genio dell’informatica, Eric Knox. Il film riaccende l’interesse sugli Angeli e mostra che il format può funzionare anche con un’estetica da blockbuster anni ’2000.

    3. Charlie’s Angels: Animated Adventures (2003)

    Nel 2003 arriva anche una mini-serie animata online, Charlie’s Angels: Animated Adventures. Composta da sei brevi episodi, si colloca cronologicamente tra i due film con Diaz, Barrymore e Liu, e racconta una missione segreta per ritrovare un U.S. Marshal di cui si sono perse le tracce. Pochi dialoghi, grafica essenziale, ma rimane un titolo utile per chi vuole completare l’universo narrativo del franchise.

    4. Charlie’s Angels - Più che mai (2003)

    Sempre nel 2003 esce Charlie’s Angels - Più che mai, ancora interpretato dal trio Diaz, Barrymore, Liu. Questa volta gli Angeli devono recuperare due anelli rubati, in cui sono contenute informazioni riservate sui testimoni sotto protezione. A loro si unisce Jimmy Bosley (Bernie Mac), fratello del precedente Bosley, e torna anche un’ex Angelo, Madison Lee (Demi Moore), mossa da intenzioni tutt’altro che nobili. Il film spinge sull’acceleratore: più azione, più comicità, più stile. Tuttavia il risultato non convinse il pubblico, e il franchise finì nel dimenticatoio per qualche anno.

    5. Charlie’s Angels – La serie reboot (2011)

    Nel 2011 si tenta un nuovo reboot televisivo. Questa volta il trio è formato da Kate (Annie Ilonzeh), Eve (Minka Kelly) e Abby (Rachael Taylor), affiancate dall’hacker John Bosley (Ramon Rodriguez). Ogni personaggio ha un passato difficile alle spalle, ognuno è alla ricerca di una seconda possibilità. Rispetto alla serie originale il tono è più serio e realistico, ma anche questa volta la serie non convince e viene cancellata dopo soli quattro episodi. Un’occasione mancata, ma comunque parte integrante della storia del franchise.

    6. Charlie’s Angels (2019)

    L’ultimo capitolo della saga – almeno finora – arriva nel 2019 con una nuova versione cinematografica firmata da Elizabeth Banks (che interpreta anche uno dei “Bosley”). Stavolta, la Townsend Agency è diventata una rete internazionale con team operativi in tutto il mondo, e i tre nuovi Angeli sono Kristen Stewart, Naomi Scott ed Ella Balinska. La loro missione? Impedire che una tecnologia per il risparmio energetico venga trasformata in un’arma letale. Il film unisce scene d’azione ma con un focus più femminista rispetto ai titoli precedenti, cercando di modernizzare la formula, ma senza tradirne le radici. Nonostante l’idea forte e un buon cast, il film non ottenne il successo sperato, tuttavia rimane un tassello importante nell’evoluzione della saga.

  • Da "Dragon Ball" a "Bleach": i 10 migliori anime shōnen di tutti i tempi

    Da "Dragon Ball" a "Bleach": i 10 migliori anime shōnen di tutti i tempi

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Lo shōnen è il cuore pulsante dell’animazione giapponese: il genere che più di ogni altro ha definito l’immaginario collettivo di intere generazioni. Avventure, poteri, rivalità, amicizia – ma anche perdita, sacrificio e crescita. Da Dragon Ball in poi, ogni decennio ha riscritto il linguaggio dell’epica giapponese, fondendo azione e formazione con stili sempre più maturi.

    Oggi lo shōnen non è più solo un racconto di battaglie: è una mitologia moderna che riflette paure e desideri del nostro tempo. Ecco i dieci anime shōnen che hanno lasciato un segno indelebile – pietre miliari che hanno cambiato la storia dell’animazione e continuano a ispirare i nuovi eroi del futuro.

    1. Dragon Ball Z (1996 – 2003)

    Creato da Akira Toriyama, Dragon Ball Z è l’archetipo dello shōnen moderno. Il viaggio di Goku da guerriero ingenuo a salvatore dell’universo ha plasmato generazioni di fan e definito l’idea stessa di “battaglia epica”. Ogni saga — dai Saiyan a Majin Bu — è una lezione di tensione narrativa e di escalation visiva. L’anime ha reso iconico il concetto di “power up” e la filosofia del superamento dei limiti, influenzando serie come Naruto e My Hero Academia. Pur datato nell’animazione, conserva un’energia e un ritmo ineguagliabili. È il punto zero dello shōnen: dove tutto è cominciato, e da cui tutto continua a nascere. Se ami l’evoluzione dei personaggi e i duelli infiniti, prova anche Yu Yu Hakusho (1992 – 1994), altro classico che fonde spiritualità e adrenalina.

    2. One Piece (1999 – in corso)

    Con oltre mille episodi e un fandom planetario, One Piece di Eiichiro Oda è più di un anime: è una saga epica sull’amicizia e la libertà. La ciurma di Cappello di Paglia incarna il sogno dell’avventura assoluta, tra mari in tempesta e misteri antichi. Oda costruisce un universo vastissimo e coerente, capace di mescolare umorismo, dramma e filosofia politica. Ogni personaggio è una storia di riscatto. One Piece è il manifesto dello shōnen come viaggio emotivo e collettivo, una lunga rotta verso la scoperta di sé. Se ami le avventure corali con mondi intricati, Fairy Tail (2009 – 2018) offre la stessa energia di gruppo e lo stesso spirito sognante.

    3. Naruto (2002 – 2007)

    Naruto di Masashi Kishimoto ha portato lo shōnen nel nuovo millennio, trasformando il tema della crescita in un dramma identitario. La storia del giovane ninja emarginato che sogna di diventare Hokage parla di solitudine, accettazione e destino. Il successo di Naruto deriva dalla sua struttura: duelli spettacolari, ma sempre legati a una ferita interiore. La serie esplora la ciclicità dell’odio e la ricerca di redenzione, anticipando il tono più maturo degli shōnen contemporanei. Con Naruto: Shippuden (2007 – 2017), la saga diventa un’epopea sulla memoria e il sacrificio. È l’anime che ha insegnato che la forza non sta solo nel chakra, ma nella capacità di non arrendersi mai. Se ti affascinano i ninja e i drammi psicologici, Blue Exorcist (2011 – 2025) condivide la stessa tensione tra eredità, peccato e destino.

    4. Attack on Titan (2013 – 2023)

    Con Attack on Titan, Hajime Isayama ha rivoluzionato lo shōnen, portandolo nel territorio del dramma politico e dell’horror esistenziale. Eren Jaeger e i suoi compagni lottano contro giganti mostruosi, ma la vera minaccia è l’uomo stesso. L’anime combina azione vertiginosa e riflessione filosofica sulla libertà, la vendetta e la manipolazione ideologica. È lo shōnen che ha osato sporcarsi di sangue e ambiguità morali, lasciando il pubblico diviso fino alla fine. Con la regia straordinaria di MAPPA, Attack on Titan ha ridefinito il concetto di epicità: non solo lotta, ma condanna e destino. Se ti affascinano le guerre morali e le trame corali, guarda Code Geass (2006 – 2008), un thriller mecha-politico con la stessa potenza tragica.

    5. Fullmetal Alchemist: Brotherhood (2009)

    Basato sul manga di Hiromu Arakawa, Fullmetal Alchemist: Brotherhood è una lezione di scrittura, ritmo e filosofia. I fratelli Elric, nel tentativo di riportare in vita la madre, commettono un errore irreparabile e pagano il prezzo della conoscenza. L’anime fonde azione, tragedia e metafisica, riflettendo sui limiti dell’ambizione umana. Ogni personaggio è tridimensionale, ogni arco narrativo trova una chiusura perfetta. È lo shōnen della maturità morale: non insegna a vincere, ma a capire. Se ami gli universi alchemici e i dilemmi etici, Death Note (2006) offre lo stesso equilibrio tra ingegno, colpa e potere.

    6. My Hero Academia (2016 – 2025)

    Kohei Horikoshi ha reinventato il concetto di eroe per la generazione contemporanea. My Hero Academia racconta un mondo in cui quasi tutti possiedono superpoteri, ma non tutti hanno un posto tra i “veri” eroi. Izuku Midoriya, fragile e determinato, diventa simbolo di resilienza e idealismo. L’anime fonde l’estetica americana dei supereroi con la sensibilità giapponese, esplorando temi come l’eredità, il coraggio e la disillusione. Con sequenze d’azione impeccabili e un cast corale di grande spessore, My Hero Academia è lo shōnen del nostro tempo: spettacolare, emotivo e profondamente umano. Se ami la riflessione sull’eroismo e il lato oscuro della giustizia, Tiger & Bunny (2011– 2022) è la sua versione più ironica e matura.

    7. Jujutsu Kaisen (2020 – in corso)

    Tra i nuovi giganti dello shōnen, Jujutsu Kaisen di Gege Akutami combina orrore urbano, filosofia esistenziale e combattimenti di straordinaria fluidità. Yuji Itadori non è un eroe classico: è un ragazzo che lotta contro l’assurdo e contro sé stesso. La serie riflette sull’equilibrio tra vita e morte, bene e male, con una scrittura corale che dà peso anche ai villain. Lo stile di animazione di MAPPA ha alzato l’asticella tecnica del genere, regalando scene d’azione diventate iconiche. Jujutsu Kaisen rappresenta la generazione post-Naruto: disillusa, ma capace di trovare forza nel dolore. Se cerchi lo stesso mix di esorcismo, violenza e spiritualità, Dorohedoro (2020) è un’alternativa visionaria e disturbante.

    8. Demon Slayer: Kimetsu no Yaiba (2019 – in corso)

    Demon Slayer ha riportato l’animazione mainstream a livelli di spettacolo cinematografico. Il viaggio di Tanjiro e Nezuko è una parabola di amore fraterno, dolore e speranza. L’opera di Koyoharu Gotouge è visivamente stupefacente: lo studio Ufotable ha creato una sinfonia di colori e movimento che ha ridefinito lo standard dell’action. Ma il vero cuore della serie è emotivo: il coraggio di affrontare la perdita e proteggere ciò che resta umano anche tra i mostri. Con Mugen Train diventato il film anime più visto della storia, Demon Slayer è la dimostrazione che lo shōnen può ancora commuovere e stupire come nessun altro genere. Se ti emozionano i duelli tra bene e male con tocco gotico, Bleach: Thousand-Year Blood War (2022) amplifica la stessa tensione visiva e spirituale.

    9. Hunter x Hunter (2011)

    Yoshihiro Togashi, autore anche di Yu Yu Hakusho, ha firmato con Hunter x Hunter un capolavoro di complessità narrativa. Gon e Killua crescono tra duelli e rivelazioni, in un mondo che mette continuamente alla prova la loro moralità. Ogni arco narrativo è un esperimento: dal torneo classico al thriller psicologico, fino all’orrore della Chimera Ant. Togashi smonta i codici dello shōnen con intelligenza e crudele realismo. L’anime diretto da Hiroshi Kōjina mantiene ritmo e intensità per tutta la sua durata, pur restando incompiuto. È lo shōnen per chi cerca profondità e ambiguità: un viaggio nell’amicizia e nella perdita dell’innocenza. Se ami la complessità strategica e i mondi morali ambigui, guarda Magi: The Kingdom of Magic (2012 – 2013), altrettanto filosofico e avventuroso.

    10. Bleach (2004 – 2024)

    Con il ritorno di Bleach: Thousand-Year Blood War, la saga di Tite Kubo ha trovato la sua chiusura definitiva, confermandosi tra i pilastri dello shōnen classico. Ichigo Kurosaki, ragazzo capace di vedere gli spiriti, diventa il tramite tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Kubo ha creato uno stile visivo inconfondibile, fatto di spade, pose e silenzi che evocano più il cinema che il fumetto. La nuova serie ha rispolverato il fascino estetico di un anime che ha segnato gli anni Duemila, tra colonna sonora epica e design d’autore. Bleach è tornato per ricordarci che la vera forza di uno shōnen sta sempre nel suo stile e nella sua anima. Se ti appassiona la spiritualità guerriera e la mitologia dark, Black Clover (2017) riprende il testimone con energia giovane e battaglie magiche.

  • I migliori film sui serpenti da vedere prima dell’uscita del nuovo “Anaconda”

    I migliori film sui serpenti da vedere prima dell’uscita del nuovo “Anaconda”

    Andrea Ballerini

    Andrea Ballerini

    Editor a JustWatch

    I film di mostri ci hanno regalato dinosauri dalla forza distruttiva, creature aliene assetate di sangue umano o creature mitologiche di nuovo tra noi. Questo fortunato sottogenere che mescola horror e cinema d’azione ci ha tenuto svegli la notte anche con enormi serpenti. O di dimensione normale, visto il fattore paura di queste creature.

    Con l’imminente uscita di Anaconda, il reboot dell’omonimo cult con Jennifer Lopez, Ice Cube e Owen Wilson, qui a JustWatch vogliamo aiutarvi a scoprire i migliori film sui serpenti da vedere prima della pellicola con Jack Black e Paul Rudd. Abbiamo preferito una lista più contenuta perché, come potete immaginare, i film sui serpenti molte volte oltrepassano di gran lunga il livello tollerabile di trash. Non temete, però. Questa lista ne contiene abbastanza per chi stia cercando queste atmosfere. In alternativa potrete anche gustarvi un paio di interpretazioni più “autoriali” del sottogenere e un blockbuster inaspettato.

    6. King Cobra (1999)

    King Cobra è un buon inizio per chi voglia esplorare il sottogenere. Il livello di trash è contenuto e, nonostante la trama a tratti molto semplice, il film porta a casa un buon risultato. Ciò che rimane impresso nella mente è proprio il mostro protagonista, un cobra reale di 9 metri. Al posto di ricorrere alla computer grafica, il team di King Cobra (1999) ha costruito la creatura solamente con effetti pratici. Vista la qualità ancora altalenante delle tecniche CGI a quei tempi, questa scelta vale alla pellicola un posto in questa classifica. Menzione d’onore per Pat Morita, l’immortale Miyagi di Karate Kid (1984), qui nel ruolo di un cacciatore di serpenti. 

    5. Snakes on a Plane (2006)

    Il livello di trash cresce in maniera esponenziale con Snakes on a Plane. Tuttavia, anche questo lato del sottogenere doveva comparire nella lista in tutto il suo sfarzo. Se cercate un film trash alla Sharknado (2013) ma con gli animali dalla lingua biforcuta come protagonisti, l’avete trovato. La pellicola con Samuel L. Jackson è ricca di linee di dialogo indimenticabili, di scene d’azione impensabili e di grandi pennellate comiche che bilanciano il tutto. Non si tratterà forse di uno dei migliori film che vedrete nella vostra vita, ma Snakes on a Plane (2006) non può non essere annoverato tra i migliori film di serpenti della storia del cinema. Per questo lo trovate al quinto posto.

    4. La tana del serpente bianco (1988)

    Come vi avevo promesso, la lista contiene anche due approcci più “autoriali” al sottogenere. Dopo la ventata kitsch di Snakes on a Plane (2006), La tana del serpente bianco di Ken Russell abbassa i toni trash senza però lasciare a casa l’umorismo. La pellicola brilla per le prove oltremodo convincenti del cast, in primis di Hugh Grant e di Amanda Donohoe. Allo stesso modo, l’infusione di toni soprannaturali e di immagini vampiresche rinfrescano questo film di serpenti, differenziandosi dagli stilemi classici. A coronare un film ben riuscito ci pensa la fotografia eccezionale di Dick Bush. Il quarto posto è più che meritato.

    3. Anaconda (1997)

    Anaconda è indubbiamente il film più famoso del sottogenere e un cult senza tempo. Il podio è più che dovuto, anche se il film di Luis Llosa non va oltre il terzo posto. A pesare c’è una sceneggiatura non sempre sul pezzo e alcune performance sottotono da parte del cast. Ciò non toglie che Anaconda (1997) sia dotato di una grande fotografia e di spunti comici molto divertenti. Senza tralasciare la prova “unica” di Jon Voight, improbabile cacciatore di serpenti paraguaiano. È indubbio che ci troviamo di fronte a una scelta sbagliata da parte del direttore del cast, ma l’attore riesce comunque a rimanere impresso nella mente dello spettatore per l’accento a dir poco buffo e la prova bombastica. La prossima volta, però, meglio scritturare un attore paraguaiano.

    2. Green Snake (1993)

    Dopo le pennellate trash di Snakes on a Plane (2006) e Anaconda (1997), questa lista si ribilancia con Green Snake del maestro del cinema cinese Tsui Hark. Questa pellicola è un calderone che mescola romcom, dramma e film d’azione. Il secondo posto è automatico grazie alla forza visiva dell’opera, trainata sia dalla fotografia caleidoscopica di Ko Chiu-Lam e alla mano pregiata del regista. Il film si discosta dal classico snake movie, non essendo un horror ma mantenendo atmosfere soprannaturali attinte dal folklore cinese. I serpenti sono comunque al centro del racconto, anche se si tratta di spiriti capaci di assumere sembianze umane.

    1. Harry Potter e la camera dei segreti (2002)

    Fino a prova contraria, il basilisco è forse il serpente più imponente mai visto al cinema. Se aggiungiamo il fatto che l’unico modo per parlare con questo mostro sia conoscere il serpentese, tutto ciò rende Harry Potter e la camera dei segreti un vero e proprio film di serpenti. Dopo l’inizio della saga in chiave quasi fiabesca con Harry Potter e la pietra filosofale (2001), La camera dei segreti (2002) fa da apripista alla virata verso toni dark da Il prigioniero di Azkaban (2004) in poi. Il secondo capitolo con il maghetto più famoso di sempre funziona anche per la presenza del basilisco, mostro che rimane nascosto fino al finale del film, ma che trasmette tutta la carica ansiolitica della pellicola proprio con la sua assenza quasi totale.

  • Da “La vendetta del Signor S.” a “Cattivissimi a Natale”: tutti i film dei Me contro Te in ordine di uscita

    Da “La vendetta del Signor S.” a “Cattivissimi a Natale”: tutti i film dei Me contro Te in ordine di uscita

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Non c'è bambino nato nei primi anni 2000 che non conosca Luigi Calagna e Sofia Scalia. O meglio: Luì e Sofì. La coppia di fidanzati siciliani che dal 2014 ha iniziato a pubblicare video su YouTube fino a diventare un vero e proprio fenomeno. 

    Se i primissimi contenuti erano legati a challenge che li vedevano uno contro l'altra, ben presto il duo ha iniziato a realizzare video dedicati a un pubblico di giovanissimi, diventando i loro beniamini.

    Complice il proliferare dei social, la loro popolarità è cresciuta a dismisura finendo per trasformarli in un vero e proprio brand fatto di libri, giochi e album di figurine. Non poteva restarne escluso il cinema che li ha visti sbancare al botteghino con le loro storie pensate per il mondo dell'infanzia. JustWatch ha stilato una lista dei film dei Me contro Te in ordine cronologico.

    1. Me Contro Te: Il Film - La vendetta del Signor S. (2020)

    Poco più di 60 minuti per il debutto cinematografico del duo di youtuber con Me Contro Te: Il Film - La Vendetta del Signor S, che vede il loro malvagio nemico cercare vendetta dopo una serie di sconfitte subite per mano dei due. La coppia viene imprigionata nel laboratorio sotterraneo del villain e sostituita da dei cloni. Ecco allora che i due protagonisti dovranno fare tutto ciò che è in loro potere per sventare il suo complotto.

    Un esordio che replica sul grande schermo la formula che li ha resi celebri: un linguaggio e una storia semplici, canzoni e umorismo. Criticato per un intreccio eccessivamente esile, il film è stato un successo al box office che ha fatto ritrovare al suo giovane pubblico il tocco dei loro amati Sofì e Luì. Una pellicola che non si discosta molto dai contenuti pensati per YouTube, ma che consolida la forza della coppia nel saper attirare un grande pubblico.

    2. Me Contro Te - Il mistero della scuola incantata (2021)

    Con un David dello spettatore e 4 milioni di euro di incasso, Me Contro Te - Il Mistero della Scuola Incantata è un ulteriore tassello decisivo per costruire la fortunata strada dei Me contro Te al cinema. Questa volta la trama è attraversata da un'atmosfera mystery con la coppia chiamata a presenziare alla riapertura di una scuola rimasta chiusa per anni. Ma, anche questa volta, lo zampino del Signor S non tarda a guastare i loro piani.

    Parte così per i due una missione in cui scopriranno vecchi segreti e andranno alla ricerca di un tesoro. Questa volta l'intreccio è più solido rispetto all'esordio, mentre non mancano momenti musicali o scene comiche. Un'ora di intrattenimento leggero, sempre focalizzato sull'importanza dell'amicizia e del saper fare squadra nel momento del bisogno.

    3. Me Contro Te - Persi nel Tempo (2022)

    Con Me Contro Te - Persi nel Tempo, Luì e Sofì allargano i loro orizzonti narrativi e ci portano indietro nel tempo. Più precisamente nell'antico Egitto. Tutta colpa di un incidente con una clessidra magica che catapulta i due e i loro amici tra faraoni e mummie. Lì dovranno trovare un modo per riparare la clessidra e tornare al presente mentre si ritrovano a dover fronteggiare una nuova nemica.

    L'ambientazione inedita regala all'incursione cinematografica del duo nuova linfa così come l'introduzione di una nuova antagonista. La semplicità dell'intreccio e della messa in scena rimangono la cifra distintiva, così come l'utilizzo di brani musicali e tematiche legate all'amicizia e al coraggio. Poco più di un'ora e 10 minuti di durata che ricorda Piccoli Brividi (1995) e Una notte al museo 2 – La fuga (2009).

    4. Me Contro Te: Missione Giungla (2023)

    Quarto film per Luì e Sofì che in Me Contro Te: Missione Giungla si recano in una foresta tropicale per un'importante missione di ricerca, ma l'avventura si trasforma presto in una lotta contro il tempo per fermare l'ennesimo piano malefico dei loro nemici. Senza contare che, questa volta, la coppia deve anche guardarsi le spalle da un traditore che si nasconde tra i loro amici.

    Questa volta il tema dell'amicizia vive uno step in più perché deve confrontarsi con la delusione e la sfiducia. Tra le sfide che i protagonisti devono affrontare c'è anche quella di un ambiente ostile fatto di pericoli naturali. La trama resta prevedibile e immediata, pensata per un pubblico molto giovane. Con una durata di 73 minuti, il film si rifà alle atmosfere di classici come Jumanji (1995) e Dora e la città perduta (2019).

    5. Me Contro Te - Il Film: Vacanze in Transilvania (2023)

    Come suggerisce il titolo Me Contro Te - Il Film: Vacanze in Transilvania ci catapulta in una dimensione gotica, tra vecchi castelli e creature misteriose. Sofì e Luì si recano in Transilvania insieme ai loro amici per ostacolare i piani della banda dei Malefici di rubare un diamante custodito nel castello del conte Dracula capace di oscurare il Sole.

    Al quinto film la sceneggiatura introduce un messaggio sull'accettazione della diversità grazie alle creature presenti nel film e rende l'esperienza per il pubblico più entusiasmante grazie alle atmosfere lievemente horror che l'attraversano. Un'ora e cinque minuti dove musica, miti e coreografie fanno da sfondo al racconto. Da guardare con i più piccoli se Hotel Transylvania (2012) vi ha divertito.

    6. Me Contro Te - Operazione Spie (2024)

    Il film, finora, più movimentato dei Me contro Te. La coppia di protagonisti deve vedersela con tutti i loro nemici - Signor S, Perfidia, Viperiana e Serpe - racchiusi nell'alleanza dei Malefici. Sono loro a convincere il mondo che i due sono dei criminali, costringendoli a dimostrare la loro innocenza. Per farlo finiscono addirittura per viaggiare nel tempo provando a cambiare l'infanzia del Signor S e, di conseguenza, il futuro.

    In Operazione Spie la spy story incontra la fantascienza e rende il film più strutturato rispetto ai precedenti. Un'avventura sempre all'insegna della leggerezza indirizzata ai più piccoli, ma che mostra elementi più maturi nella scrittura e nella messa in scena. Un'ora tonda da recuperare se sei fan di Ritorno al futuro (1985) e Spy Kids (2001).

    7. Me Contro Te Presenta: Cattivissimi a Natale (2024)

    Con Me contro Te presenta: Cattivissimi a Natale, Luì e Sofì si confrontano con uno spin-off natalizio dove tutti i loro storici nemici - Signor S, Perfidia e sua figlia Velenia - tornano in scena. Ma questa volta la prospettiva è capovolta grazie a un elfo di Babbo Natale che decide di sabotare la consegna dei regali ai bambini buoni. Saranno proprio i cattivi a dover intervenire per salvare le Feste.

    Con questo film la coppia si inserisce in quel fortunato filone cinematografico ambientato nel periodo natalizio veicolando il messaggio che anche i villain hanno delle emozioni (specie se devono agire per il proprio tornaconto). L’umorismo è tutto giocato su questa inversione di passo che crea delle situazioni paradossali. Se Il Grinch (1996) è il tuo film natalizio del cuore, Cattivissimi a Natale saprà come divertirti nei suoi 68 minuti.

  • Easter Egg in “Stranger Things”: ecco 10 film famosi che hanno ispirato la serie

    Easter Egg in “Stranger Things”: ecco 10 film famosi che hanno ispirato la serie

    Alessandro Zaghi

    Alessandro Zaghi

    Editor a JustWatch

    Negli anni ‘90 c’erano le risate di Friends (1994), l’inquietudine di Twin Peaks (1990), l’arrivo dei teen drama con Dawson’s Creek (1998) o ancor prima di Beverly Hills 90210 (1990). Gli anni ‘2000, con le gangster stories de I Soprano (1999), The Wire (2002), o Breaking Bad (2008).

    Poi sono arrivati gli anni dieci, con titoli hollywoodiani a tutti gli effetti e serie maestose come House of Cards (2013) o Game of Thrones (2011). Ma è nella seconda metà di questo decennio che il gioco è cambiato una volta per tutte, con l’affermarsi definitivo dello streaming, Netflix in primis, seguita poi dai grandi colossi lanciati da Disney, Amazon o Apple. 

    Un mercato da miliardi di dollari, che ha spinto le piattaforme a espandersi sempre di più, fino a prodursi le serie “in casa”. E se il primo grande esempio rimane Black Mirror (inizialmente prodotto da Channel 4, nel 2015 acquisito da Netflix), è nel 2016 con Stranger Things che la casa del tu-dum ha iniziato a mostrare i muscoli, a far vedere che anche le piattaforme potevano dar vita a produzioni monstre. “Si può fare!” avrà gridato qualcuno nel quartier generale di Los Gatos in California.

    Con la storia di Undici, Mike e soci, Netflix ha creato la serie che più di altre è riuscita a rapire gli spettatori, a spostare definitivamente lo sguardo dal grande al piccolo schermo on-demand. Il titolo che ha definito la serialità contemporanea. Quasi paradosso, a pensarci bene, perché nonostante il ritmo della serie, ultra-contemporaneo, Stranger Things è allo stesso un viaggio nell’iconografia degli anni Ottanta. 

    I Duffer Brothers hanno costruito Hawkins come un archivio vivente di film, serie, musica e letteratura, un luogo dove convivono la meraviglia di Spielberg, il terrore di Carpenter e le inquietudini di Stephen King. Un racconto che non si limita alla nostalgia, ma che rielabora quelle atmosfere, restituendo ai nuovi spettatori la magia di un’epoca d’oro del cinema. 

    Ora che Stranger Things si prepara alla quinta e ultima stagione, il cerchio si chiude. La serie che ha ridefinito la cultura pop e riportato sugli schermi un immaginario “lontano”  si congeda dal pubblico che l’ha seguita per quasi un decennio. Un buon momento per tornare alle origini, riscoprendo alcuni dei film che l’hanno ispirata e che ancora oggi pulsano sotto la superficie dell’Upside Down.

    Star Wars 

    La Forza è potente a Hawkins. I poster sulle pareti delle camerette dei protagonisti, i loro giocattoli, le citazioni a non finire tra Lando e R2-D2: i rimandi alla “galassia lontana lontana” sono tantissimi. Lo stesso Mike paragona Undici a Yoda, Dustin prova a farle sollevare un modellino di Millennium Falcon con la forza del pensiero, in una scena che prende a piene mani dall’addestramento Jedi di Luke Skywalker. È proprio il percorso di Eleven, infatti, il richiamo più evidente alla saga di Lucas. Un padre che diventa nemico da sconfiggere, il duello interiore per controllare il potere che scorre dentro di lei, continuamente in sospeso tra luce e ombra, tra pericolo e salvezza. Star Wars (1977) è la leggenda cinematografica dietro ogni titolo sci-fi che si rispetti, e Stranger Things non fa eccezione.

    E.T. – L’extra-terrestre 

    Tra tutti gli easter eggs presenti nella serie, E.T. (1982) è probabilmente uno dei più evidenti. Il bambino che nasconde un essere misterioso nello scantinato, un gruppo di scienziati malvagi disposti a tutto per rinchiuderlo in laboratorio, l’amicizia indissolubile tra il protagonista e il piccolo alieno. E ancora, l’immagine dei ragazzi in bici che sfrecciano (e volano) nel buio, il costume di Halloween indossato da Undici, il modo in cui Mike le mostra i propri giocattoli, tutto viene dal capolavoro di Spielberg. I Duffer Brothers riprendono quella sensibilità, quella storia di un'amicizia “impossibile”, e la mettono tutta dentro Stranger Things. Il nucleo emotivo della serie è tutto qui, sull’altro come amico e non come un mostro che spaventa.

    I Goonies

    Una cosa è certa, la serie di Netflix non esisterebbe senza I Goonies (1985). La banda di ragazzini ‘outsider’ che parte per un’avventura guidati da una mappa a dir poco improvvisata, diretti verso un mondo sotterraneo e una verità nascosta che nessun adulto sembra in grado di vedere. La loro unica certezza e l’amicizia che li lega. Mike, Dustin, Lucas e Will sembrano presi direttamente dal film di Richard Donner, le dinamiche del gruppo sono le stesse di Mikey, Chunk, Mouth e Data. Ma l’omaggio più evidente è l’arrivo di Sean Astin, l’indimenticabile Mikey che torna in Stranger Things nei panni di Bob, volto onesto e un po’ impacciato, il tipo di adulto che i Goonies sarebbero potuti diventare.

    Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977)

    Il legame tra Stranger Things e Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977) è più sottile, ma non sarà certamente sfuggito ai fan di Spielberg. Infatti, se da una parte Roy Neary diventa ossessionato da un segnale misterioso che solo lui sembra percepire, nella serie dei Duffer Brothers, Joyce Byers vive la stessa situazione quando capisce che le luci di casa stanno comunicando con suo figlio intrappolato nel Sottosopra. A Hawkins le lettere dipinte sul muro, nel Wyoming la riproduzione della Torre del Diavolo costruita in salotto. Entrambi i personaggi vengono guardati come fossero impazziti, fraintesi da chi li circonda, ma ostinati verso quel segnale, verso l’intuizione che qualcosa di “altro” là fuori, o là sotto, stia cercando un contatto.

    Ghostbusters 

    L’omaggio a Ghostbusters (1984) è uno dei più riconoscibili e teneri dell’intera serie. All’inizio della seconda stagione, è Halloween del 1984 e Mike, Lucas, Dustin e Will arrivano a scuola vestiti come gli acchiappafantasmi, con tute beige e zaini protonici costruiti in garage. Il riferimento è un colpo di genio, dato che il film di Ivan Reitman era uscito pochi mesi prima, divenendo un instant classic del genere sci-fi comedy. Il tipo di film che quattro piccoli nerd appassionati del paranormale avrebbero sicuramente trasformato in un costume di gruppo. Una scena che prende il cuore, con i quattro che arrivano a scuola fieri dei loro costumi fatti in casa, ma la reazione della classe è fredda, ed è quello il momento in cui capiscono di non essere più dei bambini.

    Poltergeist 

    Per capire casa Byers il riferimento è uno soltanto, Poltergeist (1982). Una villetta americana come le altre, finché le luci non iniziano ad accendersi da sole, le pareti a deformarsi, suoni provenienti da un’altra dimensione in cui è stata imprigionata la piccola della famiglia. Le stesse immagini, seppur con qualche differenza, vengono riprese in Stranger Things, dove la casa della famiglia Byers diventa un ponte verso un mondo popolato da mostri e presenze inquietanti, con Will che cerca di comunicare attraverso le luci per scappare dalla sua prigione. Dal film di Tobe Hooper sono riprese le stesse atmosfere inquietanti, la casa trasformata da luogo che protegge a portale minaccioso aperto verso un luogo mostruoso. Su questo parallelismo gioca l’intera prima stagione.

    La Cosa 

    La Cosa (1982) è il riferimento che più ha influenzato il modo in cui Stranger Things rappresenta l’orrore. Nel capolavoro di John Carpenter la creatura non ha una forma definibile, ma imita gli esseri umani, si deforma, è indistinguibile dalle persone, ed è qui che sta il terrore. Lo stesso meccanismo torna nella serie con il Mind Flayer e con i “Flayed”, persone controllate dall’interno e completamente svuotate, richiamo evidente a un altro cult come L’invasione degli ultracorpi (1956). Lo stesso design ideato per il Demogorgone, con la testa che si apre in più strati, ricorda molto le trasformazioni create da Rob Bottin con i suoi effetti speciali a cui i Duffer, nonostante il largo utilizzo del digitale, hanno voluto rendere omaggio.

    Fenomeni paranormali incontrollabili 

    Firestarter (1984) è probabilmente il riferimento più diretto per capire l’origine di Undici. Nel film tratto dal romanzo di Stephen King, una bambina con poteri psichici cresce all’interno di un programma governativo che vuole trasformarla in un’arma. Le somiglianze sono ovvie: esperimenti di telecinesi fatti sui bambini sacrificati come cavie, l’infanzia costretta tra le pareti asettiche di un laboratorio, addirittura il sangue dal naso della protagonista, quando il suo potere supera il limite. Stranger Things riprende questa struttura e la amplia. Come Charlie nel film, Eleven non ha scelto i suoi poteri, li subisce e ne ha paura. L’idea stessa di essere identificata con un numero e non con un nome è un’eredità diretta. Ma la serie introduce qualcosa di diverso, un lato più umano e luminoso: la possibilità per Undici di trovare una famiglia e di costruire la propria identità fuori dal laboratorio.

    Alien 

    Anche se Alien (1979) non viene citato apertamente come altri titoli in questa lista, la sua impronta estetica è comunque evidente in tutto ciò che riguarda il Sottosopra. Nel film di Ridley Scott, la nave Nostromo diventa il “nido” dello Xenomorfo, tra pareti ricoperte di sostanze organiche, uova, e quel verso inimitabile, che ha fatto la storia del cinema horror fantascientifico.  L’Upside Down riprende questa atmosfera quasi alla lettera, costruendo un ambiente minaccioso e oscuro, che respira e reagisce come un organismo unico. Lo stesso Demogorgone richiama le creature disegnate da H.R. Giger, sia nella struttura che (soprattutto) nel suo modo di cacciare. Come in Alien anche in Stranger Things la tensione nasce dal sentimento claustrofobico per cui il mostro non è uno solo, ma un ecosistema intero.

    Akira 

    Dal Giappone arriva il riferimento forse più sorprendente. Akira (1988) di Katsuhiro Ōtomo è un capolavoro che ha ridefinito la fantascienza animata, le sue tracce si sentono ovunque in Stranger Things. Esperimenti di telecinesi, bambini con numeri al posto dei nomi, poteri che sfuggono al controllo; la storia di Tetsuo e Kaneda è un riflesso di Eleven e dei laboratori di Hawkins in cui è rinchiusa. Come Tetsuo teme di diventare qualcosa che non comprende, Eleven vive lo stesso conflitto, tra paura di sé e l’esigenza di trovare il proprio posto nel mondo. L’estetica cambia, ma la struttura emotiva è la stessa. È il riferimento che dà a Stranger Things uno sguardo più ampio, meno nostalgico, capace di intrecciare il cinema americano degli anni ’80 con le ossessioni della fantascienza giapponese.

  • “The Truman Show” e altri 9 film che hanno previsto il futuro, tra tecnologia e voyeurismo

    “The Truman Show” e altri 9 film che hanno previsto il futuro, tra tecnologia e voyeurismo

    Andrea Ballerini

    Andrea Ballerini

    Editor a JustWatch

    Molti film raccontano del passato e lo fanno stimolando la voglia di nostalgia delle persone. Altri si occupano del presente, cercando di capirne l’essenza. Altri ancora costruiscono visioni immaginarie del futuro, con la speranza di crearne una versione verosimile.

    Alcuni film, però, non solo ci stupiscono con futuri realisticamente plausibili. Con nostro grande spavento, sembrano predire il futuro con previsioni che diventano realtà. Questa lista passa in rassegna 10 film che hanno predetto il futuro e ci hanno mostrato la pericolosità del presente in cui viviamo. Dalla ricerca spasmodica della fama in Re per una notte ai dati come merce primaria in Johnny Mnemonic, questi titoli sono dei veri e propri Nostradamus.

    1. Blade Runner (1982)

    Blade Runner è uno dei tanti capolavori di Ridley Scott e uno dei film sci-fi più belli di tutti i tempi. La magnificenza della fotografia di Jordan Cronenweth, le scene cult come il discorso di Roy Batty sotto la pioggia e l’epica colonna sonora synth di Vangelis non rendono meno sinistro il futuro ipotizzato dal film. Su tutto, il crescente timore per l’avanzare dell’intelligenza artificiale e i dilemmi morali dell’utilizzo di tale tecnologia. Fortunatamente, Blade Runner (1982) non è stato solo l’uccello del malaugurio. La pellicola con Harrison Ford e Sean Young ha intuito, seppur con le dovute differenze, l’avvento delle videochiamate.

    2. Re per una notte (1982)

    Re per una notte (1982) non ha nulla a che fare con le atmosfere fantascientifiche e distopiche di Blade Runner (1982), ma le sue profezie sono altrettanto tetre. Al centro della storia c’è Rupert Pupkin, un comico interpretato egregiamente da Robert De Niro. L’uomo è ossessionato dal diventare famoso e la sua fissazione si trasforma in mania quando incontra Jerry Langford (Jerry Lewis), un noto presentatore e comico. Re per una notte (1982) espone in maniera eloquente come alcune persone siano disposte a tutto pur di diventare famose. Allo stesso tempo, il culto delle celebrità, che tuttora domina le vite di molte persone, viene criticato con durezza.

    3. Videodrome (1983)

    Con le sue visioni body horror apocalittiche, Videodrome del maestro David Cronenberg lascia molti spettatori attoniti e pietrificati ancora oggi. Tuttavia, oltre a pistole che entrano nello stomaco o che si collegano a un soggetto penetrandone la carne, il cult con James Woods e Deborah Harry fa molta più paura per le sue previsioni. Da un lato, c’è l’effetto della tecnologia sulla vita dell’individuo, che in Videodrome (1983) si materializza attraverso tumori al cervello. Dall’altro, il film indugia sui gusti sempre più violenti ed estremi del pubblico e sui tentativi moralisti di fermare questa escalation, simboleggiati nel film dalla Spectacular Optical.

    4. Akira (1988)

    Akira condivide con Blade Runner (1982) un’ambientazione futuristica urbana. Se la Los Angeles del 2019 del film non assomiglia per nulla alla città degli angeli, ciò non vale per Neo-Tokyo e l’odierna capitale giapponese. Con le dovute esagerazioni possibili solo grazie all’animazione, Akira (1988) porta sullo schermo una versione fin troppo accurata del soffocante e claustrofobico paesaggio urbano di Tokyo. I grattacieli dominano la silhouette, lasciando poco spazio alle aree verdi e rendendo la vita nella metropoli mal sopportabile. Le città come distese di palazzi non è l’unico presagio diventato realtà. Nel film, la città è attraversata da proteste anti-governative, avvenute anche nella vera Tokyo per impedire lo svolgimento delle Olimpiadi in pieno momento COVID.

    5. Natural Born Killers (1994)

    Se state cercando un’ulteriore analisi sui temi della fama dopo Re per una notte (1982), Natural Born Killers è il film che fa per voi. Questa volta, però, non sono i protagonisti a cercare a tutti i costi di essere famosi. La scia omicida di Mickey e Mallory diventa uno spettacolo grazie ai media, che li dipingono come eroi maledetti amplificando la loro aura. La spettacolarizzazione dei crimini violenti sulle televisioni di mezzo mondo e la grande popolarità delle serie e dei documentari true crime sono solo alcuni dei sintomi che descrivono una realtà simile a quella in Natural Born Killers (1994). Lo stesso si potrebbe dire per la figura, fin troppo veritiera, di Wayne Gale (Robert Downey Jr.), un giornalista assetato di notizie che non si ferma davanti a nulla.

    6. Johnny Mnemonic (1995)

    Johnny Mnemonic (1995) è un cult anni ‘90 con un cast tra i più variopinti di sempre: Keanu Reeves, Takeshi Kitano, Dolph Lundgren e Ice-T. Questa stravaganza sci-fi può lasciarvi sbigottiti al principio con scelte a dir poco audaci, tra cui la presenza di un delfino hacker. Tuttavia, Johnny Mnemonic (1995) colpisce nel segno quando presagisce l’emergere di multinazionali talmente potenti da governare il mondo. Non solo, questo tech noir di Robert Longo è premonitore nel descrivere i dati come una merce fondamentale nel panorama economico della storia. Se nel 1995 ciò sembrava distopico, oggi ci appare quasi come un dettaglio innocuo, visto che già viviamo in questa realtà.

    7. Strange Days (1995)

    Come per Videodrome (1983), Strange Days espone alcuni effetti nefasti del rapporto tra tecnologia e umanità, predicendo il futuro in cui viviamo oggi. È impossibile non vedere parallelismi tra la dipendenza di alcuni personaggi del film per la realtà virtuale e l’ossessione per la vita digitale di oggi. Tanto che Lenny Nero, il personaggio principale di Strange Days (1995) dell’immenso Ralph Fiennes, è uno spacciatore di realtà virtuale che vende illegalmente ricordi di altre persone conservati in dischetti appositi. Da notare anche come l’aspetto voyeuristico di alcuni clienti di Nero, che richiedono contenuti digitali legati al sesso e alla violenza, sia simile alla voglia odierna di materiale estremo.

    8. Nemico pubblico (1998)

    Nemico pubblico è il film per eccellenza che mette in chiaro la pericolosità delle tecnologie avanzate quando si tratta di sorvegliare i cittadini. Con quindici anni di anticipo rispetto alle rivelazioni di Edward Snowden, il film con Will Smith e Gene Hackman si focalizza sull’estremo potere della NSA, la National Security Agency. Come per ogni grattacapo riguardo la privacy, il dilemma tra libertà e sicurezza è al centro del dibattito nel film. Le vicende di Nemico pubblico (1998) fanno eco anche alle leggi antiterrorismo (varate pochi anni dopo in seguito ai fatti dell’11 settembre 2001) in riferimento all’inasprirsi delle misure di sorveglianza della popolazione. Non a caso, il film si apre con un membro del Congresso che si oppone a leggi simili.

    9. The Truman Show (1998)

    Se unite il voyeurismo di Strange Days (1995) e la critica ai media di Natural Born Killers (1994) otterrete The Truman Show, molto meno sanguinoso degli altri due film ma non meno efficace. Il classico cult con Jim Carrey, Laura Linney e Ed Harris è come un Grande Fratello all’insaputa del protagonista dello spettacolo, Truman Burbank. Il valore fittizio della sua vita mette i brividi ma, la cosa più sconcertante, è l’atteggiamento del pubblico che segue lo show. Le loro vite sono scandite da quella di Truman e le somiglianze con l’odierna ossessione di alcuni spettatori per i loro spettacoli preferiti è lampante. Per certi versi, The Truman Show (1998) è anche l’antesignano dell’avvento del fenomeno degli streamer, con la vita di Truman filmata 24 ore su 24.

    10. The Matrix (1999)

    Gli spettatori di The Matrix nel 1999 forse non avranno creduto ai loro occhi dopo aver visto il livello estremo di sviluppo tecnologico presente nel film. Soprattutto la vasta presenza dell’intelligenza artificiale. Al giorno d’oggi, il proliferare di questa tecnologia e la costruzione di robot AI sempre più avanzati rendono l’universo di The Matrix (1999) meno visionario è più realistico. Inoltre, il nome del film è entrato nel gergo comune per indicare il concetto di realtà simulata. Con studi scientifici che cercano ancora oggi di scoprire se la realtà in cui viviamo sia fittizia, il film delle sorelle Wachowskis potrebbe essere una previsione tra le più orrorifiche.

  • Tutti i film di e con Roberto Benigni (e la nostra classifica degli 8 migliori titoli)

    Tutti i film di e con Roberto Benigni (e la nostra classifica degli 8 migliori titoli)

    Giovanni Berruti

    Giovanni Berruti

    Editor a JustWatch

    Classe 1952, Roberto Benigni è uno degli interpreti più riconoscibili del panorama culturale italiano. È indiscutibile la sua importanza per la storia del cinema italiano. La carriera del comico, attore e regista di origine toscana è stata infatti costellata di traguardi importanti, che hanno anche prodotto dei veri e grandi classici, alcuni dei quali noti a livello globale.

    L’esordio dietro la macchina da presa arriva con Tu mi turbi (1983), che lo porta nel corso degli anni successivi a dedicarsi sempre di più a progetti da lui scritti e diretti. Il successo internazionale con La vita è bella (1997), tre premi Oscar, tra cui quello per miglior interpretazione maschile, il primo per un attore italiano e in assoluto per un non anglofono. Determinante nel corso degli anni la collaborazione con lo scrittore Vincenzo Cerami e con Giuseppe Bertolucci, quest’ultimo indicato da Benigni come mentore e amico. Sicuramente le pellicole dell’artista toscano possono essere ricordate più per la sua presenza scenica e per il suo straordinario talento di applicare un registro ironico e leggero, a volte anche sopra le righe, a contesti anche drammaticamente seri.

    Ecco quindi una panoramica su tutti i film di e con Roberto Benigni: nell’articolo troverete i suoi 8 migliori titoli secondo noi, mentre in fondo è disponibile una lista completa.

    Tu mi turbi (1983)

    Opera prima di Roberto Benigni, Tu mi turbi  (1983) è una commedia a episodi. Qualcuno di essi può piacere di più, qualcun altro di meno, l’esordio dietro alla macchina da presa rimane comunque una sorta di manifesto artistico per l’attore determinato a edificare una struttura narrativa attorno al suo talento di trattare con umorismo temi complessi o scomodi, in questo caso rompendo il tabù del sacro. Consigliato a chi è interessato ad approcciarsi a uno dei primi lavori di Benigni alla ricerca delle radici di un peculiare stile comico e a chi vuole farsi un’idea complessiva della sua filmografia.

    Non ci resta che piangere (1984)

    Un film a quattro mani, interpretato e diretto dalla coppia Benigni-Troisi. Esistono diverse versioni di Non ci resta che piangere (1984), e ad oggi in streaming è disponibile la versione cinematografica. È un classico imperdibile tra le commedie degli anni Ottanta, che mette assieme due leggendari attori comici italiani. Da guardare per assistere a una chimica, frutto di improvvisazione sul set e di una genialità artistica, che ha dato vita a una serie di battute che ancora oggi sono rimaste nell’immaginario collettivo. Se poi cercate una storia di personaggi contemporanei catapultati nel passato, nel caso specifico nel 1492, l’anno in cui Cristoforo Colombo scoprì l’America, siete assolutamente nel posto giusto.

    Il piccolo diavolo (1988)

    Roberto Benigni e Walter Matthau insieme. La strana coppia per un film particolarmente eccentrico, che fu campione d’incassi, incentrato su un sacerdote americano che a seguito di un esorcismo si ritrova ad aver a che fare con un diavoletto, deciso a restare sulla terra per scoprirla. Il piccolo diavolo (1988) è una commedia surreale che ancora oggi ha lasciato il segno, pensiamo all’indimenticabile battuta “modello numero 4: Giuditta” pronunciata durante la messa dal “piccolo diavolo”. Imperdibile per chi è alla ricerca di un piccolo cult, con una leggenda come Matthau.

    Johnny Stecchino (1991)

    Tra le commedie più famose di Benigni, Johnny Stecchino (1991) è brillante. Una sceneggiatura che fa ridere e pensare, che attraverso il tema del doppio (e dunque si avvale di una duplice interpretazione di Benigni) e dell’equivoco consegna agli spettatori un film che vuole sicuramente prendersi gioco della mafia. È una pellicola che presenta dei parallelismi con l’opera successiva del regista e attore, che riesce a parlarci di attualità regalando allo stesso tempo un sorriso. Probabilmente potrebbe non essere particolarmente apprezzata da chi non ama gli approcci leggeri a temi scomodi, e dunque a chi è avverso a un genere che ha fatto la fortuna del nostro cinema, ovvero quello della “commedia all’Italiana”.

    Il mostro (1994)

    Una storia che richiama il caso di cronaca del mostro di Firenze attraverso la vicenda di Loris un uomo che viene scambiato per un assassino seriale che sta massacra le donne per la periferia della Capitale. Come Johnny Stecchino (1991), anche Il mostro (1994) è una commedia degli equivoci, con tutte le gag che ne conseguono che ci regala un’altra delle prove artistiche tra le più interessanti dell’attore toscano, prima del passaggio a un’altra fase. Da non perdere se volete guardare un film che intrecci la comicità e l’orrore, non sottraendosi dal voler fare anche stavolta della critica sociale.

    La vita è bella (1997)

    Il capolavoro di Roberto Benigni. La vita è bella (1997) segna l’apice della sua maturità artistica, e lo consacra una volta per tutte sulla scena internazionale. Tre premi Oscar vinti, tra cui per miglior interpretazione, per una pellicola che tratta l’Olocausto da una prospettiva inedita. È il film che ti mostrano a scuola, ricordo di averlo visto per la prima volta in classe alle elementari e di non aver mai dimenticato la scena della traduzione fittizia dell’ufficiale tedesco da parte del protagonista Guido (Benigni)  in merito alle regole del campo di concentramento. Un’opera importante e commovente, che tutti dovrebbero guardare e riguardare, proprio per riflettere su una delle pagine più drammatiche mai conosciute dalla nostra storia.

    Pinocchio (2002)

    Tra i film italiani più costosi di sempre (circa 45 milioni di euro), Benigni scrive, dirige e interpreta il protagonista del celebre romanzo di Carlo Collodi, “Le avventure di Pinocchio”. Reduce dalla straordinaria avventura de La vita è bella (1997), il kolossal non fu accolto positivamente, soprattutto negli Stati Uniti (probabilmente per la naturale difficoltà ad accettare l’attore nei panni del personaggio principale). Nonostante alcune scelte positive di cast, ad esempio funziona il duo dei fichi d’india come il gatto e la volpe, così come nella cura dei costumi, della scenografia e degli effetti digitali, non è una pellicola per tutti bensì per gli amanti della comicità dell’attore toscano e soprattutto se interessati a vederla applicata alla storia di Pinocchio. Pensare che poi Benigni tornò a recitare in un altro adattamento cinematografico del libro di Collodi, Pinocchio (2019) di Matteo Garrone, stavolta indossando i panni di Geppetto.

    La tigre e la neve (2005)

    “Innamoratevi”. La tigre e la neve (2005) contiene uno dei monologhi più famosi del cinema italiano. Memorabile e strizza l’occhio ad altre scene cult come la salita sulla cattedra del Professor Keating de L’attimo fuggente (1989). Il film racconta la storia di Attilio (Benigni), poeta e uomo innamorato di Vittoria (Nicoletta Braschi), disposto persino ad andare in Iraq per salvarle la vita. C’è chi ci ha visto un tentativo di ripetere la fortunata operazione de La vita è bella (1997) con risultati molto lontani, ma l’ultima opera cinematografica firmata Benigni può essere adatta a chi è alla ricerca di una commedia dolceamara, che sappia raccontare gli echi di una tragedia con un tono fiabesco, parlando soprattutto di amore e poesia.

  • 10 film d’animazione giapponese (non Ghibli) da vedere assolutamente

    10 film d’animazione giapponese (non Ghibli) da vedere assolutamente

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    L’eredità dello Studio Ghibli è talmente grande da rischiare di oscurare tutto ciò che esiste al di fuori delle opere di Miyazaki e Takahata.

    Eppure, negli ultimi vent’anni, il cinema d’animazione giapponese ha vissuto una vera rinascita grazie a registi che, pur non appartenendo al celebre studio, ne condividono lo spirito poetico, l’amore per la natura, la cura per i personaggi e l’ambizione emotiva. Che si tratti di fiabe moderne, racconti di formazione, distopie malinconiche o storie intime di perdita e rinascita, il Giappone continua a produrre opere visivamente splendide e profondamente umane.

    Ecco quindi 10 film non-Ghibli imperdibili per chi ama quel tipo di sensibilità: avventure magiche, mondi paralleli, sentimenti puri e un’animazione che accarezza lo sguardo.

    1. Your Name. (Makoto Shinkai, 2016)

    Makoto Shinkai firma con Your Name. uno dei più grandi successi dell’animazione giapponese moderna. La storia di Mitsuha e Taki, due adolescenti legati da un misterioso scambio di corpi e da un destino che travolge spazio e tempo, unisce romanticismo, fantascienza e dramma con precisione quasi musicale. L’animazione è spettacolare: cieli, luci, paesaggi urbani e rurali diventano parte dell’emozione narrativa, amplificandone ogni momento.

    È un film che parla di mancanze, ricordi, connessioni invisibili, del modo in cui qualcuno può entrare nella nostra vita senza che ce ne accorgiamo. Se ti piacciono le storie che intrecciano destino e sentimento, Weathering With You (2019) porta avanti la poetica di Shinkai con un’altra storia d’amore sospesa tra magia e modernità.

    2. Viaggio verso Agartha (Makoto Shinkai, 2011)

    Diretto da Makoto Shinkai, Viaggio verso Agartha è uno dei suoi film più “ghibliiani”, un omaggio dichiarato all’epica fantastica e ai mondi sotterranei de Il castello nel cielo. Seguiamo Asuna, una ragazza che scopre un regno misterioso chiamato Agartha, dove vita e morte si sfiorano continuamente. L’animazione è lussureggiante: montagne, fiumi, creature primeve e antiche rovine danno al film un’atmosfera mitologica e malinconica. Shinkai parla di lutto, desiderio e accettazione con una maturità sorprendente, creando un racconto d’avventura che è anche un viaggio interiore.

    Se cerchi un’altra storia fantasy con un viaggio emotivo e un mondo misterioso, puoi recuperare anche Origin: Spirits of the Past (2006), che unisce ecologia, perdita e meraviglia in modo altrettanto evocativo.

    3. Wolf Children (Mamoru Hosoda, 2012)

    Mamoru Hosoda firma uno dei film d’animazione più delicati degli ultimi anni. Wolf Children  segue la giovane Hana mentre cresce da sola due figli metà umani e metà lupi dopo la morte dell’amato compagno. È un’opera che esplora maternità, isolamento, libertà e identità, con una dolcezza che richiama l’intimità dei film di Takahata. La natura è presenza costante: i campi, la neve, le stagioni che scorrono sembrano respirare con i protagonisti.

    Il film emoziona perché parla di crescere lasciando andare, un tema universale. Se ami il racconto familiare poetico e il rapporto con la natura, Mirai (2018), sempre di Hosoda, offre un’altra esplorazione ricca di sensibilità.

    4. La ragazza che saltava il tempo (Mamoru Hosoda, 2006)

    Con La ragazza che saltava il tempo, Mamoru Hosoda reinterpreta un classico della fantascienza giapponese trasformandolo in un dolce e fragile racconto di formazione. Makoto, la protagonista, scopre di poter saltare indietro nel tempo e usa il potere con leggerezza… finché ogni scelta non inizia a pesare sulle vite degli altri.

    È un film su rimpianti, prime passioni, l’incapacità di stare fermi e l’inevitabile arrivo dell’età adulta. L’animazione è pulita e luminosa, con un realismo quotidiano che rende i momenti emotivi ancora più incisivi. Se ami storie romantiche e fantascientifiche legate al destino, prova The Tatami Galaxy (2010), che gioca con le timeline alternative in un modo brillante e totalmente imprevedibile.

    5. Una lettera per Momo (Hiroyuki Okiura, 2011)

    Di Hiroyuki Okiura, Una lettera per Momo è un gioiello di sensibilità visiva e narrativa. Racconta di una ragazzina che si trasferisce su un’isola dopo la morte del padre, portandosi dietro una lettera incompleta. Qui scopre tre spiriti buffi che la seguono ovunque — e tra risate, lacrime e timori, Momo impara a fare spazio al dolore e alla speranza.

    Il film ricorda Takahata per la dolcezza del quotidiano e Miyazaki per l’apparizione di creature spiritose, ma resta profondamente originale nel modo in cui tratta il lutto. Se cerchi un’altra storia intima che lega umani e spiriti, Il ragazzo e l’airone (2023) dialoga con la stessa sensibilità, pur in una tonalità più visionaria.

    6. L’uovo dell’angelo (Mamoru Oshii, 1985)

    Scritto e diretto da Mamoru Oshii, L’uovo dell’angelo è un’opera unica: una fiaba oscura, simbolista e quasi muta, tornata da poco sul grande schermo. Segue una misteriosa ragazza che protegge un grande uovo in un mondo desolato, mentre un enigmatico ragazzo la accompagna in un viaggio attraverso rovine silenziose.

    Il film è puro cinema d’autore: metafore religiose, riflessioni sull’origine della vita, atmosfere gotiche e un’estetica che ricorda più Tarkovskij che l’animazione tradizionale giapponese. È un’esperienza ipnotica, per chi cerca un’opera radicale e profondamente contemplativa. Se ami l’animazione sperimentale e simbolica, Belladonna of Sadness (1973) è un altro capolavoro visionario fuori dagli schemi.

    7. Summer Wars (Mamoru Hosoda, 2009)

    Ancora Mamoru Hosoda, qui in una delle sue opere più energiche. Summer Wars unisce vita familiare e cyber-avventura in un mix irresistibile: Kenji, un liceale geniale ma timido, viene trascinato nella colorata e caotica famiglia Jinnouchi proprio mentre un’intelligenza artificiale attacca la rete mondiale OZ.

    Il film alterna vita domestica, tradizioni giapponesi e un immaginario digitale vivace e brulicante. È un racconto sulla forza della comunità e sull’importanza delle relazioni in un mondo iperconnesso. Se ti intrigano mondi digitali e identità online, Dennō Coil (2007) porta ancora più in profondità il tema della realtà aumentata e dell’infanzia in rete.

    8. In questo angolo di mondo (Sunao Katabuchi, 2016)

    Sunao Katabuchi firma una delle opere più commoventi degli ultimi anni. In questo angolo di mondo segue Suzu, una giovane donna che cerca di costruire una vita serena nella Hiroshima degli anni ’40, tra guerra, ristrettezze e quotidianità.

    È un film che celebra i piccoli gesti, la resilienza femminile e la luce che resiste anche nei momenti più bui. L’animazione, acquarellata e morbida, amplifica la fragilità del racconto. Un capolavoro pacato, che parla di sopravvivenza e dignità con una grazia rara. Se cerchi un’altra storia di guerra vista attraverso gli occhi di donne, Il diario di Anne Frank (Anne No Nikki, 1995) è un’opera poco nota ma di forte impatto.

    9. The Boy and the Beast (Mamoru Hosoda, 2015)

    Mamoru Hosoda torna con un racconto potente sulla crescita e il bisogno di appartenenza. Il giovane Ren, orfano e arrabbiato, finisce in un mondo parallelo popolato da creature antropomorfe e diventa apprendista di Kumatetsu, una bestia burbera ma dal cuore grande.

    The Boy and the Beast è una storia di legami trovati, rabbia trasformata, famiglia scelta. L’animazione è fluida e muscolare, con combattimenti coreografati che sostengono un percorso emotivo sincero e profondo. Se ami i racconti maestro-allievo e i mondi paralleli, guarda anche Dororo (2019), un anime crudo e poetico che rielabora il tema della crescita attraverso prove e legami intensi.

    10. Lu e la città delle sirene (Masaaki Yuasa, 2017)

    Diretto da Masaaki Yuasa, Lu e la città delle sirene è un’esplosione di invenzioni visive e ritmo. Racconta di Kai, un adolescente solitario che stringe amicizia con Lu, una sirena che ama danzare e portare vita ovunque.

    Lo stile di Yuasa è dinamico, fluido, quasi liquido — perfetto per animare l'oceano, la musica e l’amicizia. Il film parla di paura del diverso, crescita e legami che cambiano la vita. È una storia luminosa, vibrante e piena di gioia contagiosa. Se ami l’animazione che esce dai binari del realismo, Night Is Short, Walk On Girl (2017) dello stesso Yuasa è un’altra corsa folle e indimenticabile.

  • Tutti i film e le serie TV di Stephen King ambientati a Derry

    Tutti i film e le serie TV di Stephen King ambientati a Derry

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    La città immaginaria di Derry, nel Maine, è uno dei luoghi più inquietanti e iconici del multiverso di Stephen King. Se Castle Rock è il cuore mitologico del suo universo narrativo, Derry è la sua parte oscura: un luogo maledetto, attraversato ciclicamente dal Male e teatro di sparizioni, violenze e misteri che passano di generazione in generazione.

    Con l’arrivo di IT: Welcome to Derry (2025), la nuova serie prequel legata all’universo cinematografico di IT, è il momento perfetto per capire come questa città infestata sia diventata, negli anni, un personaggio vero e proprio.

    Derry non è solo la casa di Pennywise: compare in altri romanzi di King, fa capolino in adattamenti inaspettati e si insinua come riferimento nascosto in film ambientati altrove. Qui trovi tutti i film e le serie TV “di Derry”, in ordine di uscita, con una guida per orientarti e scoprire le connessioni interne.

    1. IT (1990) — Miniserie TV

    La miniserie IT (1990) è il punto di partenza obbligato per chi vuole esplorare Derry sullo schermo. Pensata per la TV, divisa in due parti (infanzia e età adulta), oggi mostra tutti i segni del tempo: effetti speciali artigianali, ritmo televisivo anni ’90, un’estetica un po’ kitsch. Ma proprio questi elementi, uniti all’interpretazione leggendaria di Tim Curry come Pennywise, le hanno garantito lo status di cult assoluto. 

    Derry qui è la quintessenza della provincia corrotta: vicini che non vedono, adulti che fingono, una città che lascia scomparire i bambini senza reagire davvero. Il Club dei Perdenti, tra biciclette, fogne e stanze chiuse a chiave, incarna il lato luminoso di un luogo altrimenti marcio. È perfetta come “iniziazione” all’universo visivo di King – e come confronto diretto con i film più recenti. Se ti piace l’atmosfera horror televisiva old school, vale la pena recuperare anche The Stand (1994), altro grande adattamento TV tratto da King, con la stessa vibrazione apocalittico-pop.

    2. Dreamcatcher (2003)

    Dreamcatcher (2003) è uno degli adattamenti più divisivi di Stephen King: un flop al botteghino, ma col tempo diventato un piccolo cult per chi ama le cose “troppo” – troppo lunghe, troppo assurde, troppo estreme. 

    La storia parte da un gruppo di amici cresciuti a Derry, legati da un trauma infantile e da strani poteri mentali. Anni dopo, li ritroviamo in una baita sperduta tra neve, foresta e… invasione aliena. Il film mescola horror del corpo, fantascienza grezza e dramma dell’amicizia maschile in modo totalmente sbilanciato, ma proprio per questo affascinante. Derry non è sempre al centro della scena, ma è la radice dell’orrore e del legame tra i protagonisti: è lì che qualcosa si è spezzato per sempre. Se invece ti intriga l’idea di King che gioca con fantascienza e claustrofobia, The Mist (2007) è una scelta perfetta: meno confusionario, ma altrettanto spietato.

    3. Bag of Bones – Miniserie (2011)

    Con Bag of Bones (2011) entriamo nel territorio del King più malinconico e gotico. La miniserie in due parti, tratta dall’omonimo romanzo, segue lo scrittore Mike Noonan (Pierce Brosnan), che dopo la morte improvvisa della moglie si rifugia nella casa al lago a TR-90. Derry non è l’ambientazione principale, ma è la sua città di partenza: è lì che la sua vita “normale” si spezza e dove si colloca parte delle radici emotive del personaggio. 

    La storia è un mix di ghost story, mistero giudiziario e tragedia razziale legata al passato del luogo. Il ritmo è più lento rispetto agli horror cinematografici, ma proprio questa dilatazione permette di assaporare l’atmosfera: pioggia, case di legno, suoni al piano di sopra, sogni infestati. È l’opera giusta se ti interessa il King delle colpe ereditate e dei fantasmi che chiedono giustizia prima che pace. Se ami questo tipo di horror soprannaturale lento e carico di rimorsi, Gerald’s Game (2017) è un altro adattamento che lavora molto su trauma e memoria.

    4. It (2017)

    Con IT (2017) Andy Muschietti rilancia Derry in chiave moderna e fa del romanzo un fenomeno pop globale. Il film copre solo la parte dell’infanzia, spostando gli eventi agli anni ’80 e puntando forte sull’aspetto coming-of-age: il Club dei Perdenti è un gruppo di ragazzə credibilmente imperfetto, in cui è facilissimo riconoscersi. 

    Derry è ricostruita con attenzione quasi feticista: i viali alberati, le case borghesi dove si consuma la violenza domestica, la scuola, la biblioteca, il luna park, fino alle fogne – cuore nero della città. Pennywise (Bill Skarsgård) è meno “umano” di quello di Curry e più mostruoso, ma Derry resta l’altro vero villain: è l’ambiente che alimenta bulli, abusi, silenzi. Il film miscela paura fisica (jump scare, deformazioni, inseguimenti) e paura emotiva (famiglie tossiche, isolamento) con grande efficacia. Se ti piace questa combinazione di nostalgia anni ’80, bambini in pericolo e horror sovrannaturale, Stranger Things (2016 – in corso) è il naturale compagno di visione, anche se non è tratto da King.

    5. IT – Capitolo Due (2019)

    IT – Capitolo Due (2019) riprende il filo a 27 anni di distanza, riportando il Club dei Perdenti ormai adulto a Derry per chiudere i conti con Pennywise. Il tono è più cupo e frammentato: l’orrore non è più solo nella creatura, ma in ciò che ognunə di loro è diventato, nelle vite costruite sopra a un trauma mai davvero elaborato. 

    Derry sembra quasi cambiare volto: stessa città, ma come distorta dalla memoria. Ogni navigazione negli spazi (la scuola, il vecchio quartiere, il ristorante cinese, la casa di Neibolt Street) è un viaggio nei ricordi, nelle colpe e nelle bugie che hanno permesso all’orrore di tornare. Non è un film perfetto – il ritmo è irregolare, qualche gag stona – ma è molto interessante come racconto di ritorno a casa, dove “casa” è il luogo da cui si è scappati.

    Se ti interessa il tema del trauma a lungo raggio in chiave horror, Doctor Sleep (2019) lavora in modo simile sul rapporto con il passato de Shining.

    6. IT: Welcome to Derry – Serie TV (2025)

    Chiudiamo con la novità più attesa: IT: Welcome to Derry (2025), serie HBO che fa da prequel ai film di Muschietti. Siamo nel 1962, in piena Guerra Fredda e a ridosso di uno dei massacri più famosi della mitologia di IT: l’incendio del Black Spot, locale frequentato dalla comunità nera. Al centro ci sono la famiglia Hanlon – con Leroy, nonno del futuro Mike – e un gruppo di ragazzə che iniziano a percepire che qualcosa, sotto Derry, si è di nuovo svegliato. 

    La serie espande il lore della città e di Pennywise, ma soprattutto lavora su trauma generazionale, razzismo e paura come strumento di potere. Derry qui è esplicitamente un organismo malato, contaminato da orrori storici e sovrannaturali insieme: caserme, cinema, fogne e quartieri periferici diventano tutti parte di un grande teatro dell’incubo. Se ti piacciono le serie in cui la città è il vero mostro, From (2022– in corso) è un’altra storia di luogo maledetto che inghiotte chi ci entra.

  • “After”: tutti i film in della saga drammatica romantica in ordine cronologico

    “After”: tutti i film in della saga drammatica romantica in ordine cronologico

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Tutto è iniziato nel 2013 quando Anna Todd ha pubblicato su Wattpad, un social di lettura e una community online di scrittori self-published, alcuni capitoli di After. Una fanfiction dedicata a Harry Styles, membro dei One Direction, che nel giro di pochi mesi ha riscosso l'attenzione della stampa e di oltre un miliardo di lettori online diventando un fenomeno letterario. 

    Da lì a poco, il cinema si è interessato ad acquisirne i diritti per trasformarla prima in un film e poi in una saga cinematografica. Il racconto di una storia d'amore travagliata, quella tra Tessa Young e Hardin Scott, che ha intercettato il favore di un pubblico di giovanissimi lettori/spettatori. Poco importa delle critiche che vogliono il racconto a tratti ripetitivo e che alcuni elementi della relazione messa in scena siano considerati tossici.

    JustWatch ha stilato una lista con tutti i film di After che puoi vedere in ordine cronologico.

    1. After (2019)

    Il capitolo introduttivo grazie al quale conosciamo la studiosa e seria Tessa e il tormentato e ombroso Hardin. Due opposti che finiscono per non riuscire a fare a meno l'una dell'altro. After è un perfetto esempio di film young adult che dà corpo e voce ai personaggi e alle emozioni che i lettori hanno provato leggendo la fanfiction di Anna Todd. A funzionare davvero, al di là di una scrittura superficiale e un eccesso di inverosimiglianza, è la chimica tra i due protagonisti interpretati da Josephine Langford e Hero Fiennes Tiffin.

    Poco più di un'ora e 30 minuti il cui il dramma adolescenziale incontra tematiche più adulte grazie all'incontro tra il prototipo della brava ragazza e quello del bad boy per antonomasia. Il primo tassello di un percorso alla scoperta dell'amore giovanile. Se hai amato The Kissing Booth (2018), non puoi perdertelo.

    2. After 2 (2020)

    Adattamento del romanzo After – Un cuore in mille pezzi, questo sequel non ha fatto altro che consolidare il successo mondiale della saga. Il film riparte un mese dopo gli eventi raccontati nel primo capitolo e approfondisce le dinamiche tossiche tra Tessa e Hardin dopo la loro prima brutale rottura soffermandosi sui temi di fiducia e perdono. Anche in After 2 i pregi e difetti sono i medesimi. L'amore totalizzante quanto malsano tra i due è il sole attorno al quale gravitano tutti gli altri elementi.

    Un film che in 105 minuti spinge ancor di più il piede sull'acceleratore del dramma sentimentale anche grazie all'introduzione di una terza figura che porta a destabilizzare il già complicato equilibrio tra i due protagonisti. Una pellicola incentrata maggiormente sul lato ossessioni delle relazioni alle prese con gelosia e perdono. Se film come Vicino all'orizzonte (2019) ti emozionano, non resterai deluso da questo secondo capitolo.

    3. After 3 (2021)

    Con questo terzo capitolo, trasposizione di After – Come mondi lontani e After - Anime perdute – il racconto fa un passo in avanti grazie all'introduzione di sotto trame che arricchiscono la storia. Su tutte le complesse relazioni familiari dei due protagonisti. After 3 si muove tra passato, presente e futuro mentre Tessa e Hardin affrontano ostacoli che mettono alla prova la loro relazione.

    Un'ora e quaranta che cambia la prospettiva del racconto e si fa ancor più intimo raccontando la crescita personale di Tessa decisa a realizzare i suoi sogni professionali trasferendosi a Seattle. Se I primi due capitoli erano più fisici, qui il focus è concentrato sulla psicologia dei personaggi e la tensione che segreti e legami familiari fanno affiorare. Da recuperare se hai apprezzato Uno splendido errore (2023).

    4. After 4 (2022)

    Capitolo “ponte” che traghetta la saga verso la sua conclusione. Questa volta il testo di riferimento è After – Amore infinito che vede la relazione di Tessa e Hardin subire una pesante battuta d'arresto dovuta anche dalle conseguenze relative alla scoperta di segreti che li mettono in crisi. After 4 racconta di personaggi più maturi che si evolvono e cercano di trovare un loro equilibrio individuale. Ma quello che spicca è il retrogusto di una struttura narrativa fin troppo familiare.

    Tra i punti di forza dei 96 minuti del film c'è la scelta di separare i due personaggi principali concentrando la narrazione sulle rispettive individualità e problematiche. Questo permette di riflettere sul ruolo delle relazioni e su quanto possano contribuire o meno ad aiutarci a superare e sconfiggere i nostri demoni. Da vedere se ti è piaciuto Da ciao ad addio (2022).

    5. After 5 – Capitolo finale (2023)

    Con After 5 - Capitolo finale si conclude la saga cinematografica di Tessa e Hardin. Adattamento di After – Come mondo lontani e After – Anime perdute, questo capitolo chiude il cerchio di una relazione a dir poco tumultuosa. A due anni dalla loro rottura, i protagonisti si ritrovano e si scoprono cambiati. Più maturi, più lucidi, più posati. Specie Hardin che sembra volersi riscattare non solo agli occhi di Tessa, ma anche a quelli degli spettatori.  Un finale di un'ora e 30 minuti che fa la gioia di tutti i fan dei libri per una saga dichiaratamente al loro servizio.

    Se dovessimo rintracciare gli elementi più rilevanti della pellicola, sarebbero senza dubbio la riflessione sul percorso di crescita del protagonista maschile e l'attenzione al tema della salute mentale. Due tematiche molto attuali che permettono di far riflettere e aiutare il pubblico di giovanissimi a cui la storia di Tessa e Hardin è indirizzata.

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